Una replica all' interessante articolo di Roberto Buffagni
Da Tiglatpileser a Hitler
Partendo
da una serrata critica alle riflessioni pseudo-teologiche di Massimo
Cacciari, Roberto Buffagni spiega perché questa Europa, quella dell’UE per intendersi, non gli piace (*) .
Il
suo ragionamento ruota intorno a due principi: quello politico
dell’amico-nemico e quello religioso di un cattolicesimo controrivoluzionario,
più o meno fermo alla condanna del 1789. Buffagni combatte, ideologicamente, l’UE, puntando su due cavalli di razza:
Carl Schmitt e Joseph de
Maistre. Ovviamente, cito, andando oltre l'articolo, solo due
nomi presi "a caso", ma idealmente emblematici, dalle sue sterminate letture.
In
buona sostanza, sfrondando il pur
agguerrito esercito di
argomentazioni filosofico-teologiche schierato
da Buffagni, l’UE è da lui considerata l’ultima reincarnazione
di uno spirito moderno, molle e decadente che sta portando alla rovina l’Europa ( e ovviamente l'Occidente).
A
dire il vero, la posizione di Buffagni è più intellettualmente onesta di quella di Cacciari, che invece usa
il cristianesimo contro il cristianesimo, come Lenin usava la democrazia
contro la democrazia. Evidentemente, comunisti
si muore, ci si chiami Lenin o Cacciari.
Ma questa è un’altra storia.
Scorgo però nel discorso di Buffagni una contraddizione cognitiva. Egli
sostiene, sulla scia di Carl Schmitt, che in politica, senza un nemico, non
si può fare politica. Il che è vero, solo però se si intende quest’ultima, come pura e semplice continuazione della guerra con altri mezzi. Ciò, ovviamente, è coerente con la visione antimoderna di Buffagni - e qui spunta Joseph de Maistre - che respinge il contratto in quanto prolungamento della modernità. Ma non è coerente, dispiace dirlo, con la visione scientifica della politica ( o meglio metapolitica) che è sì, fondata sulla relazione amico-nemico, quindi sullo status, dettato dalla spada, ma che include anche il contratto, ossia le procedure, per
evitare la spada puntando sulla civilizzazione del nemico,
attraverso una proceduralizzazione (il contratto), capace di trasformare
il nemico in avversario. Ovviamente, il
contratto non esclude la spada, e viceversa: i sociologi, sulla scia di Simmel (e prima ancora di Kant, ma si potrebbe andare ancora più indietro), parlano di socialità insociale. Senza l'una (la spada) non c'è l'altro( il contratto).
In
realtà, e qui storia e scienza si congiungono, la storia della Chiesa, o se si preferisce del
cristianesimo o cattolicesimo sociologicamente applicato,
è la storia del sapiente e secolare uso di status e contratto, come del resto prova la storia degli imperi più longevi. Dal momento che gli imperi
che sono durati di meno - parlo della pratica, non dell'idea - sono proprio gli imperi, o comunque le macro-forme
politiche, fondate solo sulla spada: dai
feroci Assiri, agli imperi romano-barbarici (con vari pendant narrativo-evocativi medievali); da Tamerlano a Napoleone e Hitler, che aspirava addirittura a fondare un Reich millenario.
Di più: Roma, la Chiesa cattolica e le
moderne, e ancora giovani, democrazie liberal-parlamentari sono un buon esempio, anche prescindendo dalla forma di regime politico, di come fare saggio uso dello status e del contratto. E le prime due lo sono anche di vecchiaia.
Il gracile Occidente liberale ha battuto la Germania di Hitler
sul campo di battaglia e l’Unione sovietica su quello economico. Come dire? Ha sconfitto due muscolosi colossi politici, sul terreno dello status e su quello del contratto. Perché sottovalutare tutto ciò,
privilegiando una visione univoca della
dicotomia amico-nemico? Asserendo - parliamo del succo del discorso di Buffagni, esposto anche altrove - che sul piano cognitivo esiste solo il nemico, incarnato, su quello filosofico-politico - quando si dice il caso - dalla cattiva modernità?
Probabilmente
perché, come appena accennato, nel pensiero di Buffagni, condanna del mondo moderno e visione univoca
del politico sono la stessa cosa. Sicché l’UE, essendo il portato di un mondo impolitico e corrotto,
non può non incorrere nella sua "scomunica", che, forse proprio perché tale, si regge argomentativamente,
come per i suoi due maestri ideali, sul solo concetto di status. Altrimenti detto, solo sulla spada. Di qui, il peccato cognitivo di unilateralità.
Di conseguenza, secondo Buffagni, questa Europa, per salvarsi, dovrebbe rinnegare il contratto e puntare sullo
status. Insomma, sulla spada. Ma per andare dove? A fare compagnia a Tiglatpileser, fondatore
del caduco impero Assiro?
Carlo Gambescia
(*) http://italiaeilmondo.com/2018/11/08/elezioni-europee-2019-quale-idea-deuropa-di-roberto-buffagni/