domenica 6 marzo 2016

Sorokin,  la Libia e la coda tra le gambe…  
Italiani bellicosi?  
Ma mi faccia il piacere!



Si può misurare il tasso di bellicosità dei popoli? Pitirim  Sorokin nella sua Dynamics (*) elaborò una specie di  indice generale della bellicosità, collegandolo al tipo di cultura: in buona sostanza, le culture religiose, o comunque fedeli alla regola della trascendenza, risultavano  meno aggressive di quelle laiche, per intendersi "materialisticamente" dedite alla scienza, al progresso, ai consumi.
I dati  di Sorokin  sono però stati smentiti.  In effetti, se pensiamo agli italiani degli ultimi settant’anni,  alla secolarizzazione   si è  accompagnato  un indice di bellicosità, a occhio, pari a zero.  Ad esempio, la vicenda degli operai italiani trucidati, in una nazione con indici normali, avrebbe suscitato indignazione nei riguardi della Libia, del tipo “andiamo lì e diamo loro una lezione”. E invece, gli italiani, in primis il Presidente del Consiglio, coda tra le gambe, hanno fatto un passo indietro.  Altro che “radioso marzismo” (venezianata, pardon).
A dire il vero, Sorokin, tra le sue tipologie culturali ne aveva individuate due, quelle del sensista, o materialista, passivo e cinico. Il primo, subisce tutto, pur di aver salva la vita e poter fare i suoi comodi; il secondo, il cinico, teorizza, ossia giustifica la coda tra le gambe.  Di qui, un indice di bellicosità, sul piano della personalità e  mentalità culturali,  basso o pari zero.
Si dirà, perché scomodare Sorokin,  per scoprire l’acqua calda?  Ossia che gli italiani, sono materialisti, passivi e cinici? Gente che pensa solo ai propri comodi, convinta, per giunta,  che sia normale comportarsi così?
Giusta osservazione.  Però, qui,  il dato interessante, contrariamente a ciò  che sosteneva Sorokin,  è che l’italiano rimane la prova vivente  che il materialismo, se spinto oltre un certo limite,  distrugge qualsiasi senso, per dirla in sociologhese,  di identità gruppale:  la vigliaccheria,  promossa a prudenza,  si trasforma in regola,  al punto di celebrarla  nella Costituzione.
Quindi avrebbero ragione le culture romantiche che predicano  la morale eroica e ascetica? Difficile dire, perché anche le grandi etiche idealistiche, una volta diluite sul piano della routine istituzionale e  collettiva, perdono smalto. Lo stato etico  fascista, teorizzato da Gentile, docet...  Per non parlare degli alti e bassi morali,  molto terreni, della Chiesa Cattolica… 
Concludendo,  tutte le vacche, come nella filosofica notte di memoria hegeliana,  finiscono per sembrare nere?  Sì, anzi forse. Perché  resta vero che, per ora, in quella notte, l’unica stella che sembra brillare, purtroppo, è quella della codardia italiana. 

Carlo Gambescia 



(*) P.A. Sorokin, Social and Cultural Dynamics, The Bedminster Press, New York 1962 , 3° vol., in particolare pp. 259-380 ("Fluctuation  of War in Intergroup Relationships").                        

2 commenti:

  1. Caro Carlo, la tua analisi è luminosa nella sua linearità. Dopo il Ventennio fatto di movimentismo, di idee-forza, di propaganda patriottarda, una idea della Nazione avanguardistica, mettici pure il futurismo di Marinetti; dicevo, dopo la sbronza retorica della forza, oggi viviamo in una Italia della debolezza assurta a guida di ogni agire. La viltà di Renzi e di un transumanesimo d'accatto diffuso nell'intellighenzia corrente, è l'indice di una decadenza antropologica, se mi permetti. Uccidono dei nostri connazionali all'estero e Gentiloni "cuor di leone", fugge dietro una semantica loffia e indifferenziata. Chi ci governa non ha fegato nemmeno per l'ordinario, figurati se disseppellisce l'ascia quando si tratterebbe di rendere giustizia alle vittime. Il pacifismo italico fa più vittime della forza bruta.

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  2. Grazie del commento Angelo. E se posso, Buona Domenica!

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