sabato 19 marzo 2016

In difesa della democrazia rappresentativa
 Lucciole per trivelle



I referendum regionali sulle “trivelle”, in sé privi di grandi conseguenze legislative,  hanno però assunto, come prevedibile,  un deciso  valore politico, anzi diremmo filosofico, perché  i  sì e i  no riflettono   precise, o quasi,   visioni del mondo.
Dietro il no alle trivelle si scorgono  gli antimoderni, i sognatori delle lucciole. Proprio ieri ci è capitato di rivedere Magnificat di Pupi Avati, film che spiega, con grande obiettività, su quali criteri sociali, assai rigidi, funzionava un mondo dove si vedevano ancora le lucciole…  Certo, resta un film, però.
Per contro,  il fronte del sì alle trivelle  è  favorevole alla modernità,  ma in modo titubante, almeno così  sembra. I favorevoli, per cosi dire, controvoglia,  dovrebbero anch’essi rivedere il film di Pupi Avati…  Insomma,  chi difende le trivelle  invece di esserne fiero,  per principio,  come i grandi semplificatori delle lucciole, ne ha quasi ne ha vergogna.   E chi vacilla, prima o poi cade.
Tra i due fronti, come dire in  mezzo,  ci sono gli italiani. I quali  sognano di coniugare  il massimo del capitalismo con il massimo delle sicurezza. La quadratura del cerchio.  A dire il vero,  specialmente a sinistra, ma anche al centro, si invoca sulla questione ambientale il cosiddetto principio di responsabilità, che impone vincoli, controlli e alti tributi fiscali. Il tutto per garantire, quella modernità sicura, bella e impossibile,  che sembra così piacere agli italiani.
Ciò indica, che affrontare  tematiche, molto complicate (che per l’appunto richiedono prudenza), ricorrendo allo strumento del  referendum, dove  finisce sempre per prevalere il richiamo politico della foresta, è un grave errore sociologico.  Quindi il nostro discorso, non riguarda i contenuti (perché sì o perché no alle trivelle eccetera, eccetera) ma il metodo (perché sulle trivelle o questioni simili, debba sempre essere evitato qualsiasi approccio emotivo-politico di tipo referendario).
Si dirà, ma è la democrazia. Il POPOLO eccetera, eccetera.  Certo, però le maggioranze, soprattutto se referendarie, sono scatole vuote: si  vota a contenuto libero ed emozionale; dentro, sull'onda del fanatismo, ci si può mettere di tutto, dalle trivelle alle leggi anti-ebraiche (come nella Germania hitleriana). Quindi certe decisioni andrebbero attentamente discusse in Parlamento, confrontandosi con quella prudenza necessaria  che dovrebbe animare un gruppo ristretto di saggi legislatori.
Ma si dirà, ancora: la democrazia parlamentare non funziona.  "Pensano solo a rubare", come sottolinea il mio portinaio.  Certo, spesso capita,   però quella abbiamo, ed è costata grande  fatica edificarla. Ed è l’unico strumento, con tutti i suoi difetti, che ci mette al riparo da coloro, e non sono pochi, che scambiano lucciole per trivelle…

Carlo Gambescia                  

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