Il film di Elio Petri, ieri sera su Iris
Indagine su un regista
che favorì la cultura del sospetto...
Ieri ho rivisto in tv, dopo anni, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto(1970). Diciamo subito che il film di Elio Petri è
il classico film-denuncia dell’intellettuale di sinistra contro le
istituzioni, corrotte e repressive, a partire, ovviamente dal nemico numero dei comunisti quando sono all'opposizione: la polizia.
I
toni del film, l’interpretazione di Volonté (ma anche degli altri attori), la
sceneggiatura, sono sopra le righe, istrionici, barocchi, grotteschi, la colonna
sonora di Ennio Morricone, angosciosa e incombente. In realtà, il succo del film è semplice: l’istituzione difende sempre
i suoi uomini anche quando colpevoli. Sociologicamente si chiama "spirito di corpo" e si consolida grazie alla routine; un comportamento difensivo insito in tutte le istituzioni politiche e sociali: dal
parlamento liberaldemocratico, all’ ex partito comunista sovietico fino al
sindacato portinai e all'associazione delle figlie di Maria.
Che dire? La scoperta dell’acqua calda. Detto
altrimenti: la funzione che prevale sull’organo. Cosa fare? Più l’istituzione sociale (organo) ha dimensioni ridotte, più la natura ( funzione) dei comportamenti (difensivi) può essere tenuta sotto controllo. Ciò significa che la polizia può essere ben gestita solo in uno stato
liberale, con istituzioni ridotte al minimo, e non in una società comunista, dove lo stato è il padrone
assoluto. E Petri, se in buona fede, avrebbe dovuto saperlo...
Insomma, quasi due ore (pardon) di palle di merda contro una lapalissiana regolarità
sociologica, in realtà però dirette contro la polizia. Le stesse forze dell'ordine che negli anni successivi si sarebbero trovate a lottare contro il terrorismo, in particolare quello rosso. Terrorismo,
allora, ancora in fasce, ma che tra uno scontro di piazza e l’altro, non avrebbe potuto non apprezzare e condividere ideologicamente un
film che, grazie alla solita vigliaccheria
morale degli intellettuali di
sinistra, favoriva quantomeno una radicale cultura del sospetto: si gettava fango su fenomeni
rappresentati falsamente come estremi e irreversibili (la inesorabile deriva autoritaria
della polizia), preparando così il terreno a reazioni estreme, tipo uccidere i poliziotti (e seminare il caos). Come regolarmente
avvenne. Purtroppo.
Si
tratta, come ricordato, del cosiddetto cinema di denuncia che pensando di fiancheggiare sugli schermi l’ascesa del partito comunista (che una volta al potere avrebbe magicamente inaugurato la nuova età dell'oro), favorì invece - non mi stancherò mai di ripeterlo - quella pesante atmosfera di ribellione verso le istituzioni che fu la serra calda nella
quale proliferò la pianta velenosa dell'odio e del terrorismo.
Sono verità che vanno dette. E che, purtroppo, non hanno ancora trovato un solo storico
del cinema e della cultura così coraggioso da inchiodare registi, come
Petri, Rosi, Lizzani, Scola, alle loro responsabilità storiche e civili.
Carlo Gambescia
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