giovedì 17 marzo 2016

Primarie repubblicane
Il mistero Trump



A leggere la stampa liberal,  se Donald  Trump ottenesse la  nomination repubblicana, per Hillary Clinton sarebbe vittoria facile.  Cosa pensare?  Che  negli Stati Uniti   i giornalisti  embedded  nella armata progressista  ritengono  che  l’avversario dell’ ex First Lady  sarà  il tycoon newyorkese. Dopo averlo, nell'ordine,  irriso e demonizzato, ora  che potrebbe vincere le primarie del suo partito, Trump, viene piombato come perdente annunciato. Insomma, siamo dinanzi a un’altra forma di esorcizzazione: forse l’arma finale, anzi totale. In perfetta linea con  il vecchio teorema di  William I. Thomas, sociologo della scuola di Chicago, tombeur de femmes e amante del charleston:  se gli uomini - scriveva -  giudicano  un fenomeno reale, allora il fenomeno, anche se irreale, avrà conseguenza reali. Per farla breve:  se Trump (fenomeno irreale), rischia (per i progressisti) di ottenere la nomination (conseguenze reali), allora bisogna rilanciare dichiarando che, se sarà così, sicuramente Trump perderà. Insomma, meglio portarsi il lavoro a casa... In fondo, si tratta solo di un altro anello al cianuro  della venefica spirale mediatica che da mesi avvolge Trumplandia.  Un assedio comunicativo che però potrebbe  provocare  l’effetto opposto. Quale? Quello del cane sciolto (Trump)  azzannato dal branco ( il mainstream politico-giornalistico). E perciò, per reazione (popolare), spalancargli  le porte della Casa Bianca, come un Grinta reloaded.
Chi è Donald Trump? Un  uomo ricchissimo, morso dall’ambizione politica (per i suoi sostenitori un vero patriota americano), che dice cose politicamente scorrettissime su immigrati clandestini ( o meno), musulmani, giornalisti, politici di professione (con Barack Obama in cima alla lista). Sciabolate che piacciono tanto alla pancia delle varie “belt” americane, più o meno impoverite (o viziate) e perciò  arrabbiate  con  l’establishment democratico-repubblicano.  Trump è privo di qualsiasi esperienza politica,  ma è un ottimo venditore, conosce il mezzo televisivo (in Italia, purtroppo,  ne sappiamo qualcosa), delega poco,  preferisce circondarsi di bravi esecutori, più o meno: ad esempio Sarah Palin,  impegnata come Trump nel "Building America's Future" (1), tuttora massacrata dai media liberal e retrocessa a sfigata,  fa campagna per lui. Auguri.
Trump, inoltre, ha scritto sedici libri,  dove si inneggia al Self made man e all' American dream. Roba da Camere di Commercio:  una mentalità produttivista sulla quale il Sundance Film Festival (dopo Hollywood), getta palate di merda, con regolarità  astronomica.  Materiale fecale,  con altrettanta regolarità,  respinti da Trump al mittente in confezione termica.
Pertanto è difficilissimo rispondere  su cosa combinerebbe  se diventasse Presidente degli Stati Uniti, uno che  piace alla gente che non piace. Quando si  visita il suo sito personale (2), si resta stupiti dalla quantità di iniziative economiche realizzate, descritte nei dettagli.  Per contro, appena si apre la pagina del sito politico (3), si rimane colpiti dalla genericità del messaggio: quel “Make America Great Again!”, che vuol dire tutto e niente. Perfino la cantante Madonna aveva una sua teoria in materia. Dubbi che  il suo ultimo libro,  un piccolo classico dell’antipolitica  non dissolve:  Crippled America: How to Make America Great Again  (2015). Aridanga.  
Sintetizzando, Trump è  liberista in economia; cauto sulle questioni etiche e religiose; duro con criminalità, immigrati clandestini (o meno), terrorismo interno ed esterno; favorevole  al diritto di portare le armi;  incerto -  così pare -  sulle grandi questioni di politica estera. In Europa - lasciando stare i liberal americani che riservano il titolo di fascista al genitore che chiede ai figli di non fare tardi la sera -   si paragona il tycoon newyorkese  a leader come Marine Le Pen. Forse nel linguaggio, meno nelle idee.  Trump, per ora solo a  parole,  rifiuta il compromesso politico e, come gli viene rimproverato persino da Obama, tramuta gli errori degli  interlocutori politici in tradimenti, trasformando l'avversario in nemico. Julien Freund non sarebbe d'accordo (con Obama). E probabilmente neppure Marine Le Pen, politicamente più duttile.  Trump  non è neppure populista piagnone come Grillo, ma nemmeno  in base  alla più virile  tradizione americana della croce d'oro alla quale i ricchi dell'Est, secondo la leggenda populista,  avrebbero prima o poi  inchiodato i poveri farmer e cowboy difensori  del dollaro d'argento.  Quanto al suo presunto razzismo, probabilmente interpreta quel timore diffuso  di  Main Street per neri, poveri, vagabondi e falliti di ogni genere. Il che non  è moralmente bello, ma sembra altrettanto eccessivo parlare di ritorno in pompa magna del KKK. Diciamo che Trump è mediamente razzista come la maggior parte degli americani di pelle bianca. Quando di sera, rientrando a casa si  scorgono due neri in fermi in automobile, sette americani su dieci li scambiano per rapinatori e stupratori. E chiamano subito la polizia. Che si comporta di conseguenza. La sociologia  Usa sulla cosa  ha costruito  la teoria della devianza come frutto avvelenato del "labelling" sociale.  Ripetiamo,  non è bello ma è così. E' l'America, bellezza.     
Concludendo, all’uomo d’affari, sicuramente abilissimo, per ora, si affianca un politico dal piglio duro ma  dai tratti incerti,  sulle cui reali  capacità è difficile rispondere.  Tuttavia, sull’onda dei consensi di un americano medio inquieto e scontento delle cucchiaiate di  melassa ammannite da "Obama il Grande" (4) , Trump potrebbe ottenere la nomination repubblicana, e  grazie alla sue capacità comunicative, vincere ai punti un’incandescente battaglia elettorale con Hillary Clinton (che sembra avere sull'altro fronte la candidatura in pugno).    
Solo allora si potrà  sciogliere il mistero Trump.  Detto altrimenti:  per scoprire che cosa si nasconde sotto quell'ormai  mitico  ciuffo di capelli rossi,  gli americani dovranno votarlo. Non c’è altra via.    

Carlo Gambescia



(4) Così recita  il titolo del libro, appena uscito,  di Massimo Teodori  sul Presidente americano (Marsilio). Mah...    

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