Primarie repubblicane
Il mistero Trump
A
leggere la stampa liberal, se Donald
Trump ottenesse la nomination
repubblicana, per Hillary Clinton sarebbe vittoria facile. Cosa pensare?
Che negli Stati Uniti i giornalisti embedded nella armata progressista ritengono che l’avversario dell’ ex
First Lady sarà il tycoon newyorkese. Dopo averlo, nell'ordine, irriso e demonizzato, ora che potrebbe vincere le primarie del suo partito, Trump, viene piombato come perdente annunciato. Insomma, siamo dinanzi a
un’altra forma di esorcizzazione: forse l’arma finale, anzi totale. In perfetta linea
con il vecchio teorema di William I. Thomas, sociologo della scuola di Chicago, tombeur de femmes e amante del charleston: se gli uomini - scriveva - giudicano un fenomeno reale, allora il fenomeno, anche
se irreale, avrà conseguenza reali. Per farla breve: se Trump (fenomeno irreale), rischia (per i progressisti) di ottenere la
nomination (conseguenze reali), allora bisogna rilanciare dichiarando che, se sarà così, sicuramente Trump perderà. Insomma, meglio portarsi il lavoro a casa... In fondo, si tratta solo di un altro anello al cianuro della venefica spirale mediatica che da mesi avvolge Trumplandia. Un assedio comunicativo che però potrebbe provocare l’effetto opposto. Quale? Quello del cane sciolto (Trump) azzannato dal branco ( il mainstream politico-giornalistico). E perciò, per reazione (popolare), spalancargli le porte della Casa Bianca, come un Grinta reloaded.
Chi è Donald Trump? Un uomo ricchissimo, morso dall’ambizione politica (per i suoi sostenitori un vero patriota americano), che dice cose politicamente scorrettissime su immigrati clandestini ( o meno), musulmani, giornalisti, politici di professione (con Barack Obama in cima alla lista). Sciabolate che piacciono tanto alla pancia delle varie “belt” americane, più o meno impoverite (o viziate) e perciò arrabbiate con l’establishment democratico-repubblicano. Trump è privo di qualsiasi esperienza politica, ma è un ottimo venditore, conosce il mezzo televisivo (in Italia, purtroppo, ne sappiamo qualcosa), delega poco, preferisce circondarsi di bravi esecutori, più o meno: ad esempio Sarah Palin, impegnata come Trump nel "Building America's Future" (1), tuttora massacrata dai media liberal e retrocessa a sfigata, fa campagna per lui. Auguri.
Trump, inoltre, ha scritto sedici libri, dove si inneggia al Self made man e all' American dream. Roba da Camere di Commercio: una mentalità produttivista sulla quale il Sundance Film Festival (dopo Hollywood), getta palate di merda, con regolarità astronomica. Materiale fecale, con altrettanta regolarità, respinti da Trump al mittente in confezione termica.
Chi è Donald Trump? Un uomo ricchissimo, morso dall’ambizione politica (per i suoi sostenitori un vero patriota americano), che dice cose politicamente scorrettissime su immigrati clandestini ( o meno), musulmani, giornalisti, politici di professione (con Barack Obama in cima alla lista). Sciabolate che piacciono tanto alla pancia delle varie “belt” americane, più o meno impoverite (o viziate) e perciò arrabbiate con l’establishment democratico-repubblicano. Trump è privo di qualsiasi esperienza politica, ma è un ottimo venditore, conosce il mezzo televisivo (in Italia, purtroppo, ne sappiamo qualcosa), delega poco, preferisce circondarsi di bravi esecutori, più o meno: ad esempio Sarah Palin, impegnata come Trump nel "Building America's Future" (1), tuttora massacrata dai media liberal e retrocessa a sfigata, fa campagna per lui. Auguri.
Trump, inoltre, ha scritto sedici libri, dove si inneggia al Self made man e all' American dream. Roba da Camere di Commercio: una mentalità produttivista sulla quale il Sundance Film Festival (dopo Hollywood), getta palate di merda, con regolarità astronomica. Materiale fecale, con altrettanta regolarità, respinti da Trump al mittente in confezione termica.
Pertanto è difficilissimo rispondere su cosa combinerebbe se diventasse Presidente degli Stati Uniti, uno che piace alla gente che non piace. Quando si visita il suo sito personale (2), si resta stupiti dalla quantità di iniziative economiche realizzate, descritte nei dettagli. Per contro, appena si apre la pagina del sito politico (3), si rimane colpiti dalla genericità del messaggio: quel “Make America Great Again!”, che vuol dire tutto e niente. Perfino la cantante Madonna aveva una sua teoria in materia. Dubbi che il suo ultimo libro, un piccolo classico dell’antipolitica non dissolve: Crippled America: How to Make America Great Again (2015). Aridanga.
Sintetizzando, Trump è liberista in economia; cauto sulle questioni etiche e religiose; duro con criminalità, immigrati clandestini (o meno), terrorismo interno ed esterno; favorevole al diritto di portare le armi; incerto - così pare - sulle grandi questioni di politica estera. In Europa - lasciando stare i liberal americani che riservano il titolo di fascista al genitore che chiede ai figli di non fare tardi la sera - si paragona il tycoon newyorkese a leader come Marine Le Pen. Forse nel linguaggio, meno nelle idee. Trump, per ora solo a parole, rifiuta il compromesso politico e, come gli viene rimproverato persino da Obama, tramuta gli errori degli interlocutori politici in tradimenti, trasformando l'avversario in nemico. Julien Freund non sarebbe d'accordo (con Obama). E probabilmente neppure Marine Le Pen, politicamente più duttile. Trump non è neppure populista piagnone come Grillo, ma nemmeno in base alla più virile tradizione americana della croce d'oro alla quale i ricchi dell'Est, secondo la leggenda populista, avrebbero prima o poi inchiodato i poveri farmer e cowboy difensori del dollaro d'argento. Quanto al suo presunto razzismo, probabilmente interpreta quel timore diffuso di Main Street per neri, poveri, vagabondi e falliti di ogni genere. Il che non è moralmente bello, ma sembra altrettanto eccessivo parlare di ritorno in pompa magna del KKK. Diciamo che Trump è mediamente razzista come la maggior parte degli americani di pelle bianca. Quando di sera, rientrando a casa si scorgono due neri in fermi in automobile, sette americani su dieci li scambiano per rapinatori e stupratori. E chiamano subito la polizia. Che si comporta di conseguenza. La sociologia Usa sulla cosa ha costruito la teoria della devianza come frutto avvelenato del "labelling" sociale. Ripetiamo, non è bello ma è così. E' l'America, bellezza.
Sintetizzando, Trump è liberista in economia; cauto sulle questioni etiche e religiose; duro con criminalità, immigrati clandestini (o meno), terrorismo interno ed esterno; favorevole al diritto di portare le armi; incerto - così pare - sulle grandi questioni di politica estera. In Europa - lasciando stare i liberal americani che riservano il titolo di fascista al genitore che chiede ai figli di non fare tardi la sera - si paragona il tycoon newyorkese a leader come Marine Le Pen. Forse nel linguaggio, meno nelle idee. Trump, per ora solo a parole, rifiuta il compromesso politico e, come gli viene rimproverato persino da Obama, tramuta gli errori degli interlocutori politici in tradimenti, trasformando l'avversario in nemico. Julien Freund non sarebbe d'accordo (con Obama). E probabilmente neppure Marine Le Pen, politicamente più duttile. Trump non è neppure populista piagnone come Grillo, ma nemmeno in base alla più virile tradizione americana della croce d'oro alla quale i ricchi dell'Est, secondo la leggenda populista, avrebbero prima o poi inchiodato i poveri farmer e cowboy difensori del dollaro d'argento. Quanto al suo presunto razzismo, probabilmente interpreta quel timore diffuso di Main Street per neri, poveri, vagabondi e falliti di ogni genere. Il che non è moralmente bello, ma sembra altrettanto eccessivo parlare di ritorno in pompa magna del KKK. Diciamo che Trump è mediamente razzista come la maggior parte degli americani di pelle bianca. Quando di sera, rientrando a casa si scorgono due neri in fermi in automobile, sette americani su dieci li scambiano per rapinatori e stupratori. E chiamano subito la polizia. Che si comporta di conseguenza. La sociologia Usa sulla cosa ha costruito la teoria della devianza come frutto avvelenato del "labelling" sociale. Ripetiamo, non è bello ma è così. E' l'America, bellezza.
Concludendo, all’uomo
d’affari, sicuramente abilissimo, per ora, si affianca un politico dal piglio duro ma dai tratti
incerti, sulle cui reali capacità è difficile rispondere. Tuttavia, sull’onda dei consensi di un americano medio inquieto e scontento delle cucchiaiate di melassa ammannite da "Obama il Grande" (4) , Trump
potrebbe ottenere la nomination repubblicana, e grazie alla sue capacità comunicative, vincere
ai punti un’incandescente battaglia elettorale con Hillary
Clinton (che sembra avere sull'altro fronte la candidatura in pugno).
Solo allora si potrà sciogliere il mistero Trump. Detto altrimenti:
per scoprire che cosa si nasconde sotto
quell'ormai mitico ciuffo di capelli rossi, gli americani dovranno votarlo. Non c’è altra via.
Carlo Gambescia
(4) Così recita il titolo del libro, appena uscito, di Massimo Teodori sul Presidente americano (Marsilio). Mah...
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