Caso Regeni, Manconi e i “nazifascisti” egiziani
Come non si difende il regno dei fini
La sinistra si è
buttata a pesce sulla tragica vicenda di Giulio Regeni. Vuole, declamandolo ai quattro venti, "la verità". Sarebbe interessante chiedere a Luigi Manconi, sempre in prima fila quando si tratta di difendere i diritti violati, dove fosse quando
i diritti venivano calpestati in Unione Sovietica e Cambogia. A scrivere articoli per "Lotta
Continua". Questo però è gossip politico. Robaccia da “Libero” e
“Giornale”. Il discorsetto andrebbe esteso anche ad Amnesty, da sempre spostata a sinistra ( i suoi primi rapporti sull'Unione Sovietica, risalgono agli anni Ottanta del secolo scorso...). Ma, per ora, lasciamo stare.
Ieri parlavano della necessaria difesa del kantiano regno
dei fini, quale patrimonio etico-politico dell’Occidente euro-americano (*).
Qualche lettore potrebbe però chiedersi: che cosa c’è di più elevato della battaglia per difendere i diritti di
libertà calpestati di Giulio Regeni? E infatti, nessuno vieta a Manconi di dire la sua, come Senatore della Repubblica e di attivarsi, come ieri è avvenuto, quale Presidente della Commissione straordinaria per la
tutela e la promozione dei Diritti Umani.
Il
punto è un altro. E riguarda gli errori della politica. Il Governo Renzi avrebbe dovuto prevenire il polverone mediatico-giudiziario, intorno alla morte di Regeni, imponendo all’Egitto, per vie informali
(imparando da Cia e Mossad), di fornire una versione dei fatti se non autentica almeno più attendibile di quelle finora offerte. E
soprattutto nomi e cognomi dei colpevoli. O comunque di realistici capri
espiatori. Qualcuno, amante dell’etica dei principi, dirà, ma allora la verità assoluta? Non è di
questo mondo. Lo sanno tutti, anche quelli come Manconi che ci marciano.
Adesso invece il caso è esploso, assumendo rilievo politico.
Il rischio è di screditare un alleato prezioso nella battaglia in
prima linea - che noi ci guardiamo bene dall’intraprendere - contro il Califfato. Già si parla
di metodi di tortura
nazifascisti... La frase sembra essere della madre di Giulio Regeni, per carità, distrutta dal dolore per la gravissima perdita. Ma serve ottimamente, se ripresa e rilanciata
(come sarà), per confondere, le acque politiche e - siamo in guerra - favorire la quinta colonna: “Non sia mai, noi alleati dei nazifascisti egiziani…”.
Dicevamo
del regno dei fini… La libertà di critica di Manconi - libertà della quale egli avrebbe privato gli italiani se quarant’anni fa avesse preso il potere insieme ai suoi sodali politici - è parte integrante del regno dei fini. Però ricordare i natali politici del Senatore, ripetiamo, è robaccia da “Libero” e “Giornale”, di cattivo gusto, saldi di magazzino.
Insomma, il regno dei fini è un lusso etico, che solo in Occidente, e giustamente,
possiamo permetterci. Qualcosa di cui, come scrivevo ieri, dobbiamo andar fieri. Tuttavia, se dovesse vincere il Califfato, il regno dei fini
farebbe la fine dei libri bruciati dai nazisti, quelli veri.
Pertanto
la scelta, da subito, doveva essere tra "la verità" sul caso Regeni e
l’indebolimento di un importante alleato
politico. Si
chiama etica della responsabilità. E su di essa l’Occidente ha
potuto edificare il suo splendido regno
dei fini.
Carlo Gambescia
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