sabato 26 marzo 2016

 Aritanga, presunto  mancato gettito  di  circa 25 miliardi
Terrorismo fiscale




Ci risiamo,  nuovo  atto di terrorismo fiscale: secondo il Ministero del Lavoro in Italia si avrebbero quasi due milioni di lavoratori in nero,  per un mancato gettito presuntivo,  tra contributi Inps, Inail e  Imposta sul Reddito,  di  circa 25 miliardi (*).
Il campione di analisi,  200 mila imprese su 6 milioni, è così ristretto, dal punto di vista di qualsiasi estrapolazione statistica, da giustificare il titolo  del nostro post: terrorismo fiscale (e contributivo). La tecnica è facile, si prende un campione a casaccio,  e si estende il risultato altrettanto bislacco,  a tutte le imprese.  Gli scopi sono due:  uno, criminalizzare ingiustamente gli evasori, in un Paese dove la pressione fiscale è giunta a livelli insopportabili; due, far passare un messaggio caro a tutti i  socialismi welfaristi:  se tutti pagassero  le  tasse la pressione fiscale diminuirebbe…  
Una grossa stupidaggine. Ovviamente,  non siamo specialisti.  Si tratta solo di comune buon senso. Se la pressione fiscale è un rapporto tra  il gettito fiscale e  Pil, allora  all’aumentare del Pil complessivo (inclusivo dei redditi e contributi evasi),  non può non aumentare anche il gettito fiscale complessivo ( come effetto di ricaduta). Perciò in Italia, se tutti pagassero le tasse, la pressione fiscale totale, sul piano nominale (delle cifre rappresentate dal numeratore e denominatore, perché di una frazione si tratta...), crescerebbe, mentre su quello del rapporto ( tra numeratore e denominatore) resterebbe costante.  Per fare un esempio, sarebbe come spostare durante una gara  la linea del traguardo sempre più avanti. Detto altrimenti: a torta più grande, fette più grandi per il fisco. E così via.
Ma non è tutto. Ciò significa che  l’idea-forza che piace tanto al welfarismo catto-social-fascista,  quella “del pagare tutti per pagare meno”,  non riguarda la  pressione fiscale in sé,  che  nella migliore delle ipotesi, ripetiamo,  potrebbe restare costante ( torta più grande, fette più grandi)  ma  la redistribuzione attraverso la manipolazione delle aliquote fiscali. Un fatto politico, non economico: non spontaneo ma  istituzionale.  E, cosa importante, successivo al recupero dell’evasione fiscale e della conseguente crescita,  più nominale che reale, del Pil.
Il trucco (per semplificare) è  fare finta che pressione fiscale e redistribuzione fiscale siano la stessa cosa.  Invece,  se tutti pagano la pressione non scende subito, anzi sale nominalmente insieme al Pil;  se e quando scende, scende successivamente. E non per tutti.  Perché  qui, come dicevano i nonni, cade l’asino.  Per alcuni scenderà ( i redditi medi, meglio medio-bassi), forse;  per altri (redditi medio alti e alti) continuerà invece  a salire. Si chiama progressività. Altro frutto avvelenato della "Costituzione più bella del mondo" (Articolo 53, comma 2). Scelta socialista  che meriterebbe un discorso a parte, perché si tratta di un  principio che invece di premiare i più capaci, coloro che producono ricchezza, li penalizza. Distruggendo così  quelle motivazioni  personali che rendono prospera l' economia di mercato. 
Ovviamente,  la pressione fiscale  non scende per nessuno, se lo stato continua a spendere e spandere, mangiandosi, anche le fette più grandi del Pil. Pertanto, senza  tagli e razionalizzazioni, il terrorismo fiscale serve solo come strumento ideologico e coercitivo per obbligare i cittadini  a  gettare i propri  soldi nel pozzo senza fondo  della spesa pubblica.      

Carlo Gambescia             
     


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