Aritanga, presunto mancato gettito di circa
25 miliardi
Terrorismo fiscale
Ci risiamo, nuovo atto di terrorismo fiscale: secondo il Ministero del Lavoro in Italia si
avrebbero quasi due milioni di lavoratori in nero, per un mancato gettito presuntivo, tra contributi Inps,
Inail e Imposta sul Reddito, di circa 25 miliardi (*).
Il
campione di analisi, 200 mila imprese su
6 milioni, è così ristretto, dal punto di vista di qualsiasi estrapolazione
statistica, da giustificare il titolo
del nostro post: terrorismo fiscale (e contributivo). La tecnica è facile, si
prende un campione a casaccio, e si
estende il risultato altrettanto bislacco,
a tutte le imprese. Gli
scopi sono due: uno, criminalizzare
ingiustamente gli evasori, in un Paese dove la pressione fiscale è giunta a
livelli insopportabili; due, far
passare un messaggio caro a tutti i
socialismi welfaristi: se tutti
pagassero le tasse la pressione fiscale diminuirebbe…
Una grossa stupidaggine. Ovviamente, non siamo specialisti. Si tratta solo di comune
buon senso. Se la pressione fiscale è un rapporto tra il gettito fiscale e Pil, allora all’aumentare del Pil complessivo
(inclusivo dei redditi e contributi evasi),
non può non aumentare anche il gettito fiscale complessivo ( come effetto
di ricaduta). Perciò in Italia, se tutti pagassero le tasse, la pressione
fiscale totale, sul piano nominale (delle cifre rappresentate dal numeratore e denominatore, perché di una frazione si tratta...), crescerebbe,
mentre su quello del rapporto ( tra numeratore e denominatore) resterebbe costante. Per fare un esempio, sarebbe come spostare durante una gara la linea del traguardo sempre più avanti. Detto
altrimenti: a torta più grande, fette più grandi per il fisco. E così via.
Ma non è tutto. Ciò
significa che l’idea-forza che piace
tanto al welfarismo catto-social-fascista, quella “del pagare tutti per pagare meno”, non riguarda la pressione fiscale in sé, che
nella migliore delle ipotesi, ripetiamo, potrebbe restare costante ( torta più grande,
fette più grandi) ma la redistribuzione attraverso la
manipolazione delle aliquote fiscali. Un fatto politico, non economico: non spontaneo ma istituzionale. E, cosa
importante, successivo al recupero dell’evasione fiscale e della conseguente crescita, più nominale che reale, del Pil.
Il
trucco (per semplificare) è fare finta che pressione fiscale e
redistribuzione fiscale siano la stessa cosa. Invece, se tutti pagano la pressione non scende subito, anzi sale
nominalmente insieme al Pil; se e quando
scende, scende successivamente. E non per tutti. Perché
qui, come dicevano i nonni, cade l’asino. Per alcuni scenderà ( i redditi medi, meglio
medio-bassi), forse; per altri (redditi
medio alti e alti) continuerà invece a
salire. Si chiama progressività. Altro frutto avvelenato della "Costituzione più
bella del mondo" (Articolo 53, comma 2). Scelta socialista che meriterebbe un discorso a parte, perché si tratta di un principio che invece di premiare i più capaci,
coloro che producono ricchezza, li penalizza. Distruggendo così quelle motivazioni personali che rendono prospera l' economia di mercato.
Ovviamente, la pressione fiscale non scende per nessuno, se lo stato continua a
spendere e spandere, mangiandosi, anche le fette più grandi del Pil. Pertanto,
senza tagli e razionalizzazioni, il terrorismo fiscale serve solo come strumento
ideologico e coercitivo per obbligare i cittadini a gettare
i propri soldi nel pozzo senza
fondo della spesa pubblica.
Carlo Gambescia
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