Applichiamo a tutti i creditori e debitori, amministrazioni pubbliche comprese, il sistema progettato per le banche: i creditori procedano, con gli stessi termini e modi ad espropriare le pubbliche amministrazioni debitrici.
Una proposta
egualitaria
di
Teodoro
Klitsche de la Grange
Qualche giorno orsono i TG ci hanno informato come,
secondo una direttiva europea che il legislatore italiano starebbe per tradurre
in legge, alle banche sarà consentito di promuovere – e ottenere –
l’espropriazione dei beni pignorati al debitore moroso di sette rate di mutuo.
Il tutto senza dover passare da alcun Giudice: sarebbe un’esecuzione fai-da-te.
Ora, relativamente a tale seconda – ed
eccezionale – facoltà le banche hanno la comprensione di tutti i creditori (e
non solo): data la funzionalità della giustizia italiana è una manna poterla
evitare e fare esecuzioni-bricolage.
Si risparmia in quattrini, avvocati, periti e soprattutto tempo (time is money, come ben sanno tutti,
soprattutto chi commercia in denaro).
Per cui ritornare all’antico diritto romano, che
prevedeva la facoltà del creditore di uccidere o rendere schiavo il debitore,
ma limitandosi alla mera espropriazione della casa, non è….la fine del mondo.
Lascia perplessi – si fa per dire – che le
istituzioni europee e nazionali concedano questa facoltà solo alle banche: ma
anche qua la domanda è ingenua, perché la particolare sollecitudine delle prime
e ancor più delle seconde per gli interessi delle banche, non è una novità;
anzi è la conferma di una costante non solo legislativa, ma anche
amministrativa e di governo. Ancorché recenti vicende bancarie provino che non
sempre le banche – e i loro amministratori – se la meritano.
Tant’è: ma dove finisce il principio
d’uguaglianza? Quel principio non solo sancito all’art. 3 della “Costituzione
più bella del mondo”, ma fondamento, scriveva Rousseau, della volontà generale
che “parte da tutti per applicarsi a tutti”? La quale invece, nel caso, parte
da pochissimi, ossia gli organi UE e statali (rappresentativi) per applicarsi a
pochi. Oltretutto secondo la vulgata del diritto “giuridicamente corretto” i
diritti non sono uguali (qualcuno, come aveva ben capito Orwell è più uguale degli altri), e in genere
l’eguaglianza si vuole sia applicata alle soggezioni e non alle pretese.
Invece, pensiamo un attimo di applicarla
generalmente ed in particolare ai debiti del grande debitore italiano:
l’amministrazione pubblica, dello Stato come degli enti.
È noto che per ottenere il pagamento dalle quali
il creditore deve cimentarsi in una corsa ad ostacoli, che il legislatore ha
disseminato – ancor più di quanti ce ne fossero – negli ultimi vent’anni: dalle
dilazioni alle graduazioni, alle sospensioni e così via. Ma sulle quali soprattutto
svetta il cattivo funzionamento della giustizia, lenta (e impedita). Per cui, onde differire l’accertamento e l’esecuzione
del credito, basta imporre di rivolgersi al Giudice. Che, infatti, non sarà
prescritto per le banche.
A tale proposito è della fine di febbraio la
notizia che la
Corte Costituzionale con la sent. 36/2016 ha dichiarato
illegittima la norma (del governo Monti) che considerava congrua la durata di
sei anni per i processi di equa riparazione, cioè promossi per ottenere
l’indennizzo per cause durate troppo: sembra comico, ma è normale. Mandare qualcuno
da un Giudice, prescrivendo che ci mette (non più di) sei anni per decidere,
significa soltanto auto-prescriversi di pagare dopo tale data. Ovviamente, con
queste norme il risultato è che il debito pubblico cresce costantemente:
d’altra parte tutti sanno che il modo per non fare crescere il debito è pagarlo
(e non contrarne di nuovo).
Per cui faccio una modesta, ma democratica ed
egualitaria proposta: applichiamo a tutti i creditori e debitori,
amministrazioni pubbliche comprese, il sistema progettato per le banche: i
creditori procedano, con gli stessi termini e modi ad espropriare le pubbliche
amministrazioni debitrici. Anzi tenuto conto delle responsabilità dei pubblici
funzionari ex art. 28 della Costituzione “più bella del mondo”, a facultarli ad
espropriare le case dei “funzionari responsabili del procedimento” che non
dispongono il pagamento. Senza essere insegnante né laureato alla Bocconi (ma
forse proprio per questo) prevedo che i debiti saranno soddisfatti prima. E il
debito pubblico, finalmente, a calare.
Teodoro Klitsche de la Grange
Teodoro Klitsche de la Grange è avvocato, giurista, direttore del
trimestrale di cultura politica “Behemoth" ( http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi
libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il
Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003),
L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009), Funzionarismo (2013).
Ottima proposta, benché irrealizzabile. Il sistema si copre le spalle da ogni legittimo diritto del cittadino. Noi siamo popolo, quindi contribuenti e basta . La fesseria di Benigni sulla Costituzione più bella del mondo, è la leccata di un miracolato del sistema, che la dice lunga su chi in Italia si trova splendidamente. Le banke (la k è d'obbligo) mantengono con ogni mezzo lecito e illecito il sistema usurocratico, e sembra che niente e nessuno possa farci niente. A noi poveri cristi non rimane che attendere la fine del kali yuga, purché non sia troppo in là.
RispondiEliminaGrazie Angelo, a nome dell'avvocato de la Grange.
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