venerdì 4 marzo 2016

 Applichiamo a tutti i creditori e debitori, amministrazioni pubbliche comprese, il sistema progettato per le banche: i creditori procedano, con gli stessi termini e modi ad espropriare le pubbliche amministrazioni debitrici.
Una proposta egualitaria
di 
Teodoro Klitsche de la Grange




Qualche giorno orsono i TG ci hanno informato come, secondo una direttiva europea che il legislatore italiano starebbe per tradurre in legge, alle banche sarà consentito di promuovere – e ottenere – l’espropriazione dei beni pignorati al debitore moroso di sette rate di mutuo. Il tutto senza dover passare da alcun Giudice: sarebbe un’esecuzione fai-da-te.
Ora, relativamente a tale seconda – ed eccezionale – facoltà le banche hanno la comprensione di tutti i creditori (e non solo): data la funzionalità della giustizia italiana è una manna poterla evitare e fare esecuzioni-bricolage. Si risparmia in quattrini, avvocati, periti e soprattutto tempo (time is money, come ben sanno tutti, soprattutto chi commercia in denaro).
Per cui ritornare all’antico diritto romano, che prevedeva la facoltà del creditore di uccidere o rendere schiavo il debitore, ma limitandosi alla mera espropriazione della casa, non è….la fine del mondo.
Lascia perplessi – si fa per dire – che le istituzioni europee e nazionali concedano questa facoltà solo alle banche: ma anche qua la domanda è ingenua, perché la particolare sollecitudine delle prime e ancor più delle seconde per gli interessi delle banche, non è una novità; anzi è la conferma di una costante non solo legislativa, ma anche amministrativa e di governo. Ancorché recenti vicende bancarie provino che non sempre le banche – e i loro amministratori – se la meritano.
Tant’è: ma dove finisce il principio d’uguaglianza? Quel principio non solo sancito all’art. 3 della “Costituzione più bella del mondo”, ma fondamento, scriveva Rousseau, della volontà generale che “parte da tutti per applicarsi a tutti”? La quale invece, nel caso, parte da pochissimi, ossia gli organi UE e statali (rappresentativi) per applicarsi a pochi. Oltretutto secondo la vulgata del diritto “giuridicamente corretto” i diritti non sono uguali (qualcuno, come aveva ben capito Orwell è più uguale degli altri), e in genere l’eguaglianza si vuole sia applicata alle soggezioni e non alle pretese.
Invece, pensiamo un attimo di applicarla generalmente ed in particolare ai debiti del grande debitore italiano: l’amministrazione pubblica, dello Stato come degli enti.
È noto che per ottenere il pagamento dalle quali il creditore deve cimentarsi in una corsa ad ostacoli, che il legislatore ha disseminato – ancor più di quanti ce ne fossero – negli ultimi vent’anni: dalle dilazioni alle graduazioni, alle sospensioni e così via. Ma sulle quali soprattutto svetta il cattivo funzionamento della giustizia, lenta (e impedita). Per cui, onde differire l’accertamento e l’esecuzione del credito, basta imporre di rivolgersi al Giudice. Che, infatti, non sarà prescritto per le banche.
A tale proposito è della fine di febbraio la notizia che la Corte Costituzionale con la sent. 36/2016 ha dichiarato illegittima la norma (del governo Monti) che considerava congrua la durata di sei anni per i processi di equa riparazione, cioè promossi per ottenere l’indennizzo per cause durate troppo: sembra comico, ma è normale. Mandare qualcuno da un Giudice, prescrivendo che ci mette (non più di) sei anni per decidere, significa soltanto auto-prescriversi di pagare dopo tale data. Ovviamente, con queste norme il risultato è che il debito pubblico cresce costantemente: d’altra parte tutti sanno che il modo per non fare crescere il debito è pagarlo (e non contrarne di nuovo).
Per cui faccio una modesta, ma democratica ed egualitaria proposta: applichiamo a tutti i creditori e debitori, amministrazioni pubbliche comprese, il sistema progettato per le banche: i creditori procedano, con gli stessi termini e modi ad espropriare le pubbliche amministrazioni debitrici. Anzi tenuto conto delle responsabilità dei pubblici funzionari ex art. 28 della Costituzione “più bella del mondo”, a facultarli ad espropriare le case dei “funzionari responsabili del procedimento” che non dispongono il pagamento. Senza essere insegnante né laureato alla Bocconi (ma forse proprio per questo) prevedo che i debiti saranno soddisfatti prima. E il debito pubblico, finalmente, a calare.


Teodoro Klitsche de la Grange


Teodoro Klitsche de la Grange è  avvocato, giurista, direttore del trimestrale di cultura politica “Behemoth" (  http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009),  Funzionarismo (2013).

2 commenti:

  1. Ottima proposta, benché irrealizzabile. Il sistema si copre le spalle da ogni legittimo diritto del cittadino. Noi siamo popolo, quindi contribuenti e basta . La fesseria di Benigni sulla Costituzione più bella del mondo, è la leccata di un miracolato del sistema, che la dice lunga su chi in Italia si trova splendidamente. Le banke (la k è d'obbligo) mantengono con ogni mezzo lecito e illecito il sistema usurocratico, e sembra che niente e nessuno possa farci niente. A noi poveri cristi non rimane che attendere la fine del kali yuga, purché non sia troppo in là.

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  2. Grazie Angelo, a nome dell'avvocato de la Grange.

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