mercoledì 6 febbraio 2019

Summit francese tra il M5S e l’ala dura dei Gilet Gialli
Populismo armato?


Non si capisce bene perché, ma la canaglia francese ha sempre  attirato  la canaglia italiana. E viceversa. Dagli ultras cattolici dell’Ottocento, che andavano e venivano dalle Sacre Stanze, ai  cagoulard fascisti finanziati da Mussolini, fino  ai  terroristi rossi, coccolati da  goscisti  francesi e italiani. Anche di governo.
Ora, dopo le corrispondenze amorose tra Marine Le Pen e Matteo Salvini, è  il turno dei Cinque Stelle. Volati ieri  in  Francia,  al comando di  Luigi Di Maio e  Alessandro Di Battista,  per incontrarsi con una delegazione dell’ala dura del Gilet Gialli, incarnata da Christophe Chalençon, un capopopolo vicino ai militari. Solo “un salto a Parigi”, secondo la definizione di fanatici, miracolati dal potere, che fino all’altro ieri trascorrevano le  giornate chattando in mutande.
Di che avranno parlato?  Certo, non di Salvini, come scrivono gli sciocchi retroscenisti italiani, o della pura  e semplice sfida a Macron (che pure c'è, ma non è il vero punto d'attacco...).  
L'argomento elezioni europee, e relative alleanze, maleodora di copertura. E allora di cosa hanno discusso? Probabilmente di un progetto politico, corposo, di cui però è difficile trovare le prove. Almeno, per ora. Quale? La possibile militarizzazione della svolta populista.
In  Italia, come abbiamo scritto ieri, i militari nicchiano. Per ora. Ma probabilmente concedendo qualche altro privilegio… E poi, mai dimenticarlo, i militari, in ultima istanza,  non possono non essere sovranisti.  Lo sono, di mestiere.  
Ma c’è dell’altro.  Se in Francia si verificasse la  saldatura, evocata più volte da  Chalençon  -  che, certo,  per ora è solo un’ipotesi -  tra Gilet Gialli e  Armée,  l’onda lunga del populismo armato, potrebbe raggiungere l’ Italia. E forse, proprio di questo ieri si è parlato in colloqui segretissimi. Le fotografie pubbliche, a base di rassicuranti sorrisi,  sono il classico specchietto per le allodole.
Comprendiamo, che il  lettore,  abituato ai balletti della politica italiana - il famigerato “Tanto è tutta una buffonata, poi si mettono d’accordo” -   si raccapezzi poco, e magari sorrida di questa nostra ipotesi a metà strada tra storia  sociale  delle idee e la spy story. Ma per esempio, l'attuale Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale Farina, è passato attraverso, un think tank  cripto-populista, come la Link Campus University (*). Certo, "anche", ma di là è passato...  
In realtà,  sociologicamente parlando, più un potere  in fase costituente,  come quello giallo-verde,  si rafforza,  più cresce la sua volontà di dominio costituito.   Volontà che  può  trasformarsi in valanga politica,  quanto più nel  potere costituente, come nel caso governo populista italiano,  siano presenti dosi massicce di insofferenza per le istituzioni rappresentative  e liberali, a cominciare dal Parlamento e dall’economia di mercato. 

La tendenza di ogni potere è quella di farsi assoluto, e il potere militare,  una volta raso al suolo politicamente  lo stato di diritto, può essere  determinante nel garantire  una specie di equilibrio del terrore, in due modi:  o come compagno di strada del populismo politico, o come suo successore, in termini di populismo armato. Altro che uno vale uno, o democrazia diretta... Comodi paraventi  ideologici  - e del resto, non sarebbe la prima volta -  di un populismo armato o militare  in grado di gestire  il potere da solo o come braccio armato di un governo politico.
In conclusione, quel  che è avvenuto ieri in Francia   va seguito con la massima attenzione.  Ma da chi? Se oggi i giornali, soprattutto quelli a grande tiratura, danno conto del summit  in termini di politica interna italiana? Di duello con la Lega?

Carlo Gambescia