Voto in Sardegna, quante fesserie nei commenti
Sotto gli editoriali niente
Non vorrei presentarmi agli amici lettori come chi abbia capito tutto, mentre gli altri sono tutti cretini, ma, francamente, oggi sulla stampa
italiana, non c’è un commento, che abbia
colto il punto fondamentale delle elezioni.
Da noi, già evidenziato ieri (*): l’irresistibile forza dello tsunami populista.
A sinistra, si discute del falso
testa a testa, e che quindi avrebbe
perso anche il Pd, che, come Cinque Stelle, battutissimo, dovrebbe guardare a
sinistra, quindi accentuare i toni populisti. A destra, “Giornale” (di famiglia) a parte, ci si preoccupa invece, per la solidità di un
governo populista, subito però, come sembra smentita da Salvini, che
leccandosi i baffi (quando gli ricapiterà più un alleato sempliciotto come il Trascorso Bibitaro allo Stadio?), dichiara invece di
voler blindare la maggioranza gialloverde. Risultano perciò assai patetici gli appelli di Berlusconi al Giostraio
Mancato, come le stupidaggini sul ritorno del nuovo bipolarismo
(Centrosinistra vs Centrodestra): come se un’etichetta politica garantisse la
sostanza del prodotto politico. Da ultimo, davvero comico, l’editoriale di Cacciari, sul "Fatto" dove, come si intuisce facilmente, si usano categorie degli anni Ottanta (in particolare quella del condizionamento socialista giocato nei riguardi dei comunisti), come se, Di Maio fosse Craxi e Zingaretti ( o chi per lui) Berlinguer. Il filosofo dovrebbe ritirarsi.
È incredibile infine, come accennavo, la stupidità di certi raffronti, come nel caso di Polito (nella foto), che sul "Corriere" spaccia una tesi degna della "Gazzetta di Paperopoli": la fine del bipolarismo élite-popolo sostituito dal ritorno del bipolarismo destra-sinistra. Ovviamente imposto dal popolo...
Qualcuno dovrebbe spiegare a Polito che il bipolarismo tra élite-popolo è una regolarità della politica, quello tra destra e sinistra rinvia invece a una divisione interna alle élite post 1789. La prima permane, e quindi la ritroviamo, come distinzione tra governati e governanti, a prescindere dal regime politico (da quelli di Tamerlano e Fidel Castro alla Gran Bretagna di Churchill). La seconda invece rinvia ai regimi politici moderni, articolatisi intorno alle istituzioni parlamentari. Per capirsi: anche il governo più populista del mondo, potrà anche fare a meno della distinzione politica tra destra e sinistra, ma non alla dicotomia, ben più profonda e solida (dunque non storica), tra governati e governanti, che ha il carattere della regolarità metapolitica
Pertanto, questa mattina, si scrive e legge di tutto, ma non del fatto che in realtà, come notavo ieri, il populismo è più forte di prima, o comunque come prima. Perché, potrà anche cadere il governo, ma non mutare la sostanza della situazione politica, che vede l’Italia sempre più orientata verso un modello politico-sociale che ricorda una repubblica sudamericana. Che poi i dittatori della futura Repubblica Italiana delle Banane, abbiano o meno nomi differenti, non cambia nulla.
E il tutto - ecco la cosa più grave - sembra accadere sotto gli occhi complici di commentatori che non riescono o non vogliono capire la gravità della situazione.
So che non tutti, tra i lettori, possono approfondire, per ragioni di preparazione, interessi, tempo eccetera, però sarebbe interessante, andarsi a rileggere, sui giornali di allora, il dibattito politico che accompagnò l’ascesa del fascismo. Attenzione, non per dare la stura all’isterico antifascismo di certa sinistra, ma per capire, in termini di psicologia dell'opinione pubblica e di false percezioni della politica, come quella generazione di commentatori e giornalisti, tra i quali c’erano molti liberali, non capì la gravità della situazione. Proprio come oggi.
Carlo Gambescia