“Linea” e “Open”
Mi manda Mentana…
Dei giornalisti di “Linea” (un pezzo di storia della stampa
di destra italiana), parlo degli
organici, della redazione, esclusi dunque, e giustamente, i collaboratori, mai
nessuno venne chiamato a "Prima Pagina" di RaiRadio3.
Ora, dopo neppure due mesi dalla nascita, chi
ritroviamo a chiosare le aperture? Una giornalista di “Open”, quotidiano online, voluto da Mentana nel suo momento pop. Sara Menafra ammannisce ai
lettori la solita pappina
giustizialista, con un pizzico di birignao soft, finto
indipendente: solo un pochino più a
sinistra di “Repubblica”, giusto per trattare Cinque Stelle un partito
come un altro.
Quanti
redattori, di quotidiani online fondati negli ultimi tre mesi, sono stati invitati a “Prima Pagina"?
Domanda retorica. La logica è quella antichissima,
e castale, della lottizzazione,
inaugurata in Rai, prima dalla Dc, come proteina per le correnti, poi in doppia coppia con
socialisti e comunisti, infine con liberali, socialdemocratici, repubblicani e missini. Mi manda
Moro, mi manda Craxi, mi manda Ingrao... E perché no? Mi manda Mentana…
Però per essere lottizzati si
doveva e deve far parte della famigerata casta. Evidentemente, Enrico
Mentana, ne faceva e ne fa parte. Il che
spiega perché Open sia lì, "Linea", no.
Qualcuno dirà che “Linea”, come testata, oggi non può esserci, perché travolta dalle carte giudiziarie, per una
questione di finanziamenti pubblici "distratti", come recitano gli atti. Decideranno i giudici. Comunque sia, “Linea”
davanti ai microfoni di Radio3 non è c’è
mai stata, né prima né dopo.
E invece - quando si dice il caso - hanno poi condotto "Prima Pagina" giornalisti di “Linea”, che all'epoca vi scrivevano addirittura sotto pseudonimo (perché "mica uno può perdere la faccia"...), appena cambiata casacca e testata... Insomma, una volta in regola con la partita Iva del conformismo. Ciò significa, a maggior ragione, che “Linea",
pur prendendo contributi pubblici, non faceva
parte del coro, mentre, "Open" di Mentana, sì.
E questo, dell'indipendenza, è un grande merito del suo Direttore, Claudio Pescatore, ma anche di giornalisti, seri,
preparati come Carlo Pompei. Lontani, anni luce dal leccaculis vulgaris... (pardon, per il latino maccheronico).
“Linea”, creatura storica di Pino
Rauti, aveva natali di estrema destra. Inutile negarlo. Il che però non precludeva
la collaborazione a chi avesse percorsi differenti, come chi scrive. Ricordo fascisti forbiti, come
Franco Monaco, geni della macchina giornalistica, neutralmente affettivi, come Angelo Frignani, virtuosi della penna, come Maurizio Liverani,
socialista (credo) mai pentito,
creativi, dal cervello instancabile,
come Alessio Di Mauro.
Non mancavano, ovviamente come in tutti
i giornali e comunità umane, anche
furbi, sfaticati e opportunisti. Però,
nessuno, ripeto nessuno, mi cambiò mai neppure una virgola. L’aria di libertà
intellettuale che vi si respirava era unica nel suo genere. Ho bei ricordi.
Soprattutto, quando con Carlo Pompei, guida ineguagliabile, e pochissimi
altri resistenti, riuscimmo a far uscire, nel 2011, contro tutti e tutto, un
giornale più che dignitoso.
Il che spiega però,
semplificando, perché “Linea” è morto,
e "Open" invece vive.
Carlo Gambescia