Moderati sveglia!
Non tutto il Pansa vien per nuocere…
Ieri
mi sono divertito a sondare i lettori della mia pagina Fb, tutte persone ben preparate, a proposito della sulfurea uscita di Giampaolo Pansa sulla necessità di un
governo tecnico-militare che vada a sostituire, quindi con le cattive, il
governo giallo-verde, a suo giudizio, “governo terrorista”.
Cosa è venuto fuori dal dibattito? Uno
spirito di rassegnazione che sembra nascere da alcune considerazioni sulla natura fatua degli italiani, sul carattere epocale della sfida politica in
corso, sulla illiceità e inopportunità etico- politica di
opporsi con la forza, a un governo eletto democraticamente.
Le
reazioni perciò vanno dalla crisi vista come sfida epocale, quindi dai tempi lunghi, alla sua
normalizzazione in termini di naturale avvicendamento tra governi politici e
tecnici. Oltre ovviamente al rifiuto - forse per certi aspetti meritato - del Pansa giornalista, giudicato altrettanto
populista, quanto i suoi avversari.
Cosa
dire? Che la rassegnazione non aiuta. Se i miei lettori e amici, rappresentano, come credo, un piccolo
campione dell’elettorato moderato, riformista e liberale, c’è veramente di che preoccuparsi circa il
destino di un Paese, che rischia di finire, completamente abbandonato a se stesso, non nelle mani dei “terroristi”,
come enfatizza Pansa, ma sicuramente degli estremisti politici.
Si staglia, tra i moderati una ritrosia, probabilmente più psicologica che politica, dovuta allo stile di vita e di ragionamento legato alla valutazione dei pro e contro in ogni questione, magari anche a sfondo a personale e professionale. Dicevamo si staglia una ritrosia a voler capire fino in fondo
la gravità della situazione. Il moderato o è timido o si lascia intimidire, magari senza neppure accorgersi del pericolo. Facciamo solo due esempi.
Il
primo. L’attacco alla Banca Italia indica chiaramente che il Politicamente Corretto di Destra, dà
per scontato, proprio sul piano del consenso il collettivo, il controllo da parte dello stato di tutte le
risorse economiche. Siamo davanti a un impianto ideologico tipico degli stati
totalitari. E nessuno sembra rendersene contro, a cominciare proprio dai
moderati. Che si baloccano, sul "Però i banchieri, eccetera, eccetera...",
Il
secondo. L’attacco al ragazzo, italiano, di padre egiziano, che ha vinto il Festival di Sanremo, perché, come si legge, coccolato dalle giurie "elitarie", ma non dal "popolo" del
televoto, indica fino a che punto il
Politicamente Corretto di Destra, quello
del “Prima gli Italiani”, ormai la faccia da padrone. Nessuno sembra accorgersi dell’impostazione
razzista, anzi due volte razzista, verso il figlio di un immigrato e verso la
borghesia colta. E che fa il moderato? Prende le distanze dagli uni e dagli altri. Lasciando però in questo modo campo libero ai razzisti.
La
mancanza di reazioni tra i moderati, sia a livello politico (governanti) sia collettivo (governati), al totalitarismo economico e
al razzismo, indica che la situazione è di una gravità
sconosciuta, perché il Politicamente Corretto di Destra detta un’ agenda politica che non ha
precedenti nella Storia della Repubblica.
L’interventismo
economico democristiano, aveva quale contraltare, alla Banca d’Italia, un Guido
Carli: allora nessuno osava teorizzare apertamente come verità evangelica il controllo statale di
tutte le risorse finanziarie e valutarie. Il razzismo, all’epoca, era confinato
nei sordidi ambienti dell’estremismo neo-nazista, addirittura esterni allo stesso Movimento
Sociale. Tra quel che asseriscono oggi Salvini e Di Maio, e ciò che sostenevano l’ Aldo Moro
dell’apertura sinistra e persino l’Almirante della Costituente di
Destra, che porterà al distacco, timido quanto si voglia ma liberaldemocratizzante, di Democrazia Nazionale dal Movimento Sociale, c’è una differenza di specie e non di grado. Insomma, non sono tutti uguali: la storia repubblicana non è un unicum, secondo l'idiota vulgata sulla "casta". Mai dimenticarlo.
Esiste poi un altro aspetto politico, poco compreso dai moderati: quello della
centralità del Parlamento, intuita e celebrata perfino da Almirante (ma non dai Casaleggio...). Da cui discende la necessità, secondo una tradizione legata
al liberalismo archico (politico), che, ad esempio, per la Francia , va da Napoleone,
uomo del Direttorio a De Gaulle, riformatore politico degli anni
Sessanta, di difendere il Parlamento, se occorre,
anche con le armi. Con la forza dei pretoriani. Anzi del supplemento
pretoriano. Perché, la forza da sola non basta, ma anche il consenso, qualche
volta deve essere aiutato. A termine,
ovviamente, come avevano capito i Romani, che nelle fasi di emergenza
repubblicana, si affidavano, pro tempore, a un dittatore.
Per questi aspetti storici si potrebbe risalire, al proto-liberalismo del Parlamento lungo e alla spada di Cromwell, al liberalismo della Rivoluzione armata dei coloni americani, fino al liberalismo della strenua difesa ottocentesca delle nuove Costituzione e Statuti dagli attacchi dei rossi e neri, del Socialismo come della Chiesa.
La storia del liberalismo è storia di eroi della libertà. Di uomini caduti per la libertà con la spada in pugno. Esiste una tradizione di liberalismo armato, che raggiunge il suo culmine nella guerra vittoriosa contro il nazifascismo, che resta sinonimo di difesa della libertà e della democrazia parlamentare, rappresentativa. Anche se oggi molti hanno dimenticato.
Più si critica il Parlamento, presentandone le imperfezioni come tare politico-genetiche, più si fa il gioco dei nemici del liberalismo, che usano il liberalismo, come la famigerata corda di Lenin, fornita dai borghesi stessi, per impiccare tutti i borghesi.
Più si critica il Parlamento, presentandone le imperfezioni come tare politico-genetiche, più si fa il gioco dei nemici del liberalismo, che usano il liberalismo, come la famigerata corda di Lenin, fornita dai borghesi stessi, per impiccare tutti i borghesi.
Certo, il liberalismo è anche Stato di Diritto. Ci mancherebbe altro. Però senza l’uso della spada contro i nemici dello Stato di Diritto, per confidare soltanto nella bontà taumaturgica del discorso pubblico, si rischia di favorire il Politicamente Corretto di Destra che spiana la strada ai nemici del liberalismo, per ora rappresentati da Salvini e Di Maio.
Due figuri politici, che se dovessero cadere, senza alcuna alternativa liberale, dallo schianto, e dalla confusione, che ne seguirebbe, potrebbero prendere forza movimenti politici ancora più pericolosi. Sarebbe il turno, per dirla fuori dai denti, del neofascismo vero e proprio. Al quale gli italiani, per la terza volta (dopo Berlusconi e Salvini) si volgerebbero, scorgendo in esso l' ultima ancora di salvezza.
Moderati sveglia! Non tutto il Pansa vien per nuocere…
Carlo Gambescia