Dove va la Chiesa di Papa Francesco?
La parola alla sociologia economica
Una Chiesa sulla difensiva o
quasi
“Una Chiesa Cattolica al passo con i tempi”. Sono almeno tre
secoli che il mondo laico, e giustamente
dal suo punto di vista, ripete il
mantra. E La Chiesa
che fa? Diciamo che è sulla difensiva. O quasi, come vedremo.
Nel XIX secolo la
Chiesa perse i
privilegi politici dell’ Ancien Régime e il monopolio sull’istruzione, nel XX quello sull’opinione pubblica. E nel XXI, cosa accadrà? Come sarà la Chiesa di Papa Francesco? Difficile dire.
Forse gli strumenti di
un’analisi economica, imbevuta però di sociologia, potrebbero aiutare a capire.
Si chiama, sociologia economica.
Il mercato della religiosità
Intanto, fotografiamo la
situazione di quello che potrebbe essere definito il mercato della religiosità.
I progressisti rimproverano alla Chiesa di non aver sciolto
il nodo tra religione e democrazia, i
conservatori invece la criticano
per aver ceduto troppo. Per i primi, il Concilio Vaticano II non ha mantenuto le
sue promesse, per i secondi, invece sarebbe stato fin troppo di parola. Gli
economisti direbbero, che il cavallo (il consumatore religioso), messo davanti al secchio d’acqua (la Chiesa del Concilio
Vaticano II) non beve (non consuma
prodotti religiosi).
Questo accade nella fascia alta dei consumatori. Se dalle reazioni delle élite
si passa a quelle del popolo - la fascia media e bassa - la
sociografia traccia un quadro dei consumi religiosi istituzionali a dir poco stagnante :
crisi delle vocazioni, caduta verticale
della pratica, indifferentismo verso la Chiesa-istituzione ,
se non per criticarla, come entità al servizio dei potenti, nemici di una
Chiesa-movimento, priva o quasi di dogmi.
Ciò però non significa che la religiosità, come soddisfazione di un bisogno di protezione sociale, con promessa di vita ultraterrena o meno, sia del tutto in crisi. Le cosiddette religioni fai da te, poco o nulla istituzionalizzate, prive di dogmi, o comunque di prescrizioni sociali, non sembrano subire crisi. Anzi, si può dire che domanda religiosa si sia rivolta verso forme di offerta più flessibili, meno impegnative e totalizzanti sul piano dei comportamenti sociali prescrittivi: ciò che si deve fare, obbligatoriamente. Stiamo assistendo allo sviluppo di una religione acquisitiva: qualcosa che si sceglie tra un ventaglio di offerte, secondo le proprie necessità, dall’ introspezione assoluta alla carità sociale.
Ciò però non significa che la religiosità, come soddisfazione di un bisogno di protezione sociale, con promessa di vita ultraterrena o meno, sia del tutto in crisi. Le cosiddette religioni fai da te, poco o nulla istituzionalizzate, prive di dogmi, o comunque di prescrizioni sociali, non sembrano subire crisi. Anzi, si può dire che domanda religiosa si sia rivolta verso forme di offerta più flessibili, meno impegnative e totalizzanti sul piano dei comportamenti sociali prescrittivi: ciò che si deve fare, obbligatoriamente. Stiamo assistendo allo sviluppo di una religione acquisitiva: qualcosa che si sceglie tra un ventaglio di offerte, secondo le proprie necessità, dall’ introspezione assoluta alla carità sociale.
Dicevamo di una Chiesa sulla
difensiva, o quasi. Ma, rispetto a che
cosa? Al mutamento della domanda religiosa. Sotto questo profilo, può essere interessante esaminare la figura di Papa
Francesco come imprenditore di bisogni religiosi.
Ad esempio, la rivendicazione di
un ruolo sociale, assistenzialistico, ossia la continua evocazione di "Una Chiesa povera e per i poveri", si rivolge a coloro che cercano nella religione, quanto a motivazioni
e finalità culturali, una prodotto sociale.
Il messaggio di Papa Francesco resta invece meno efficace nei riguardi di coloro che vogliono soddisfare il bisogno di introspezione, e che
aspirano, di conseguenza, a una chiesa democratica, ridotta al minimo
istituzionale, una specie di prodotto
ideale per il tempo libero, per il trekking
religioso.
Infine, assolutamente nulla, risulta l’opzione sociale
nei riguardi degli indifferenti:
un mercato difficile da conquistare, perché i suoi “consumatori”
sembrano essere impermeabili sia alle
motivazioni all’acquisto sociale, sia alle finalità introspettive. Ovviamente,
esiste un’ ampia zona di confine, mobile, legata al malcontento sociale, immaginario o
meno. Che crescendo, potrebbe trasformare
la curva degli indifferenti in curva dei sofferenti sociali. I famigerati "poveri"... Ed è a
questo tipo processo, a suo avviso incipiente,
che Papa Francesco guarda con l' attenzione degna di un Berlusconi imprenditore.
La scelta protezionista
Ora, sociologicamente parlando,
la sfera religiosa, insieme alle sfere politica, economica e culturale, rimanda
a un visione obiettiva del sociale, dove alla sfera politica, spetta la protezione
dai nemici interni ed esterni, alla
sfera economica la produzione e distribuzione della risorse materiali, alla
sfera culturale la produzione e indicazione di fini materiali, alla religiosa,
gli immateriali.
Nella visione sistemica della
società, il sociale è frutto dell’equilibrio tra le quattro sfere. Sotto questo aspetto l’attenzione dell'imprenditore religioso Francesco verso la curva
della sofferenza sociale, sposta, obiettivamente, il campo di influenza e azione della Chiesa,
da quello religioso al culturale.
Dopo aver dominato per secoli la
sfera politica (supremazia dello spirituale e temporale) , economica ( evangelizzazione, guerre e mecenatismo)
e culturale ( imposizione, giusta o meno, di tabù sessuali), la Chiesa sembra oggi
decisa a uscire dalla sua “ridotta” religiosa, per andare all’assalto delle trincee
culturali, sposando però la causa
ideologica del protezionismo sociale,
come marxisti, comunisti,
socialisti, socialdemocratici, ma
anche fascisti, nazisti, statalisti in genere.
Per farla breve, allineandosi ai costruttivisti
sociali.
Il rischio bancarotta
Nel cristianesimo primitivo
e antico, l’ offerta
assistenzialista del Vangelo
andava a incontrare una domanda
insoddisfatta, di qui il grande successo storico-sociale. Il mercato religioso
era ancora vergine. Oggi invece, venuto meno il monopolio della Chiesa, Francesco trova sulla sua strada concorrenti agguerriti, soprattutto laici ( i
costruttivisti, di cui sopra). Inoltre, domanda delle domande: una "Chiesa povera e per i poveri" dove reperirà le risorse?
Di qui, la corsa di Papa Francesco al ribasso dei prezzi, il dumping
dogmatico, fino addirittura a ricorrere ai saldi, per esaurire vecchie scorte di
magazzino. Ne consegue, come dicevamo,
lo scontento dei progressisti, perché non sanno che farsene di merci fuori moda, e dei conservatori, che
invece temono la svendita. Senza dimenticare la rigidità, o difficile permeabilità, dei
possibili consumatori di fascia media e bassa, già frequentatori di altri discount religiosi più competitivi, rispetto al rapporto qualità-prezzo che può offrire la Chiesa Cattolica.
Qual è il rischio? Di perdere i
consumatori vecchi e non trovarne di nuovi. Si chiama anche, bancarotta.
Carlo Gambescia