Sulla Tav e dintorni
L’importanza (faustiana) del treno a vapore
In
questa Italia sfigurata dal
risentimento e dalle piazze televisive, vorremo proporre alcune
osservazioni sulla Tav. Nulla di impegnativo, il lettore non si preoccupi.
Sapete
qual è il vero punto della questione? Non
il contratto di governo stilato da un fascista di sinistra e da un fascista di destra.
Non la questione dei costi aggiuntivi, o di fare un buco in più nelle Alpi. Non il
mantra dell’Europa sì, Europa no. Ma l’assoluta mancanza, dietro tutto il blaterale sul popolo delle valli e delle città, di un’anima moderna. Capace
di scorgere dietro un treno l’orgoglio e
la marcia della modernità. O meglio il suo meraviglioso spirito faustiano. Che fa il mondo. E lo cambia in meglio.
L’
Italia ha dimenticato il pride del progresso. Che cosa rappresentò il treno nell’Ottocento? La forza di una modernità che puntando sul vapore penetrava nelle campagne inglesi, e poi di tutto il mondo, incidendo sui rapporti di
proprietà, sui costumi, facendo nascere una nuova gioia di vivere e di
conoscere e conoscersi, legata alla velocità degli spostamenti da un luogo all’altro. Un ruolo che nel Novecento toccherà all'aereo.
E di
questo oblio il Governo giallo-verde, che nei sondaggi tristemente vola, è
il principale responsabile. Nell’Ottocento, persino
lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie, che non brillavano per modernità, pur criticandola, intuirono l’importanza
della ferrovia. Non solo e non tanto in sé, ma come simbolo entusiasmante della modernità. E obtorto collo, Papi e Re,
unirono Civitavecchia a Roma e Portici a
Napoli.
In Gran Bretagna gli unici a opporsi, inizialmente,
furono i proprietari terrieri, difensori di antichi privilegi, e un pugno di contadini
ignoranti, nemici di qualsiasi
innovazione. Poi però capirono. E La Gran
Bretagna completò, grazie anche a riforme liberali, la
conquista del mercato mondiale.
I
Cinque Stelle - i fascisti di
sinistra - sono più ciechi e ignoranti di quei contadini inglesi. Mentre i leghisti - i fascisti di destra - come i possidenti di allora, non allungano lo sguardo oltre i propri confini.
Il
problema non è completare la Tav
o meno (che comunque va ultimata), bensì
il rifiuto della modernità. Il credere che si possa vivere nell’immobilismo: di un non fare per il timore di fallire, uccidendo ogni spirito faustiano.
Per
poi veder passare, da lontano, senza
salutare ovviamente, i treni degli
altri.
Povera
Italia.
Carlo Gambescia