venerdì 1 febbraio 2019

Alberto Giovannini, Carlo e Nello Rosselli,  fratelli in camicia... costruttivista 
Il Ventennio sulle bancarelle


Qualche giorno fa, girando tra le bancarelle  di   un mercatino di libri usati,  ho pescato (non potrei  usare verbo più giusto)   due volumi   sul fascismo. Un’opera storica intitolata “Il Ventennio”, a più mani, pubblicata nel 1960 dal  circolo (o "cenacolo"...) neofascista che si raccoglieva intorno alla “Rivista Romana”. Parliamo  di un gruppo e di un periodico di impianto cattolico-conservatore,  animati da Vanni Teodorani, colto pubblicista e abile organizzatore di iniziative politiche, giornalistiche ed editoriali, scampato con Romualdi alla fucilazione il 27 aprile del 1945, nel dopoguerra politicamente in  bilico tra neofascismo ed estrema destra democristiana.
Quel che mi ha colpito dell’ opera, due grossi tomi, a parte il prezzo (di cui dopo dirò)  e  il  ricco e originale apparato iconografico,  è la sistematica  riabilitazione del regime,    in  chiave esclusiva  di  legge, ordine e progresso guidato dall’alto.   Mi spiego meglio:   viene espunta la Rsi,  quale portato di un fascismo movimento, che andando oltre il nazionalismo fascista,  rischiava di involvere verso una rivoluzione sociale di tipo totalitario, nazionalsocialista, vista con orrore dai sostenitori del  fascismo regime.  Proprio quel che fu la Rsi.   
Ma non è tutto. L’opera si chiude, con un saggio sui “Fuorusciti”  (vol. II,  pp. 411-441). di Alberto Giovannini: interessante figura del giornalismo di destra del dopoguerra, fascista di sinistra (o “movimentista”),  e come Accame direttore del “Secolo d’Italia”, 
Ora, quel che colpisce del contributo è l’ammirazione sincera per i fratelli Carlo e Nello Rosselli,  assassinati in Francia da sicari del governo fascista. Giovannini, non glissa sulla cosa,  pur sposando la tesi, della faida interna  tra liberal-socialisti e comunisti.  Al di là delle radici di tutto questo orrore, resta però interessante scoprire il perché dell’ammirazione di Giovannini. 
Cosa c’era nel pensiero dei  Rosselli, socialisti liberali o liberal-socialisti (la diatriba intellettuale  in materia non si è mai spenta, perfino sul trattino), che destava l’ammirazione di Giovannini? Il "gobbettismo". Ossia, come egli spiega quel tentativo, sfociato in  “Giustizia e Liberta”,  di “realizzare e ampliare la visione gobettiana; diffondere cioè gli ideali del liberalismo e socialismo - contrastanti nella politica delle cose -  in una sintesi organica e operante”. Un tentativo, conclude Giovannini, “ di rinnovamento sostanziale della politica  democratica, e perciò stesso, della democrazia italiana, ove questa fosse stata restaurata in Italia” (vol. II,  p.  416).
Alberto Giovannini ( a sinistra) con Almirante

Qui,  la parola chiave - sconosciuta a Giovannini, ovviamente - è costruttivismo. Un approccio comune al fascismo e ai liberali macro-archici di  “Giustizia e Libertà”: il credere fermamente nella possibilità  di cambiare dall’alto la società italiana. Con metodi diversi, ma al tempo stesso uguali, quanto alla volontà  insita  sia nel fascismo sia nel liberal-socialismo (definito da Croce un "ircocervo"),  di “costringere gli uomini ad essere liberi”.  Insomma, piaccia o meno, fascismo e liberal-socialismo condividono lo stesso impianto cognitivo-politico roussoviano, che rinvia all’idea totalitaria della volontà generale, ovvero di un maggioranza che discrimina le minoranze, perché si ritiene dalla parte della ragione (storica).  Ovviamente il  liberalismo macro-archico ha condotto alla società  welfarista mentre il fascismo alla dittatura e alla guerra. Ma, tra i due fenomeni politici, c’è, nei fatti sociologici, una differenza di grado e non di specie.
Il che spiega, ripetiamo,  l’ammirazione di Giovannini.  Ottimo  giornalista, e uomo di vaste letture, al quale però mancava, quell’autoironia e quel senso dell’eterogenesi dei fini, che invece animava la riflessione  di Giano Accame nei termini di una retorica transigenza. 

Carlo e Nello Rosselli
Dicevo  del prezzo dei  volumi. Tre euro.  Il che la dovrebbe dire lunga sulle scarse fortune dell’editoria neofascista nell’ Italia populista. In realtà, la questione non riguarda solo  i nostalgici di Mussolini, ma il rapporto con la memoria storica in generale. Che  a livello collettivo è pessimo. A malinconica riprova dell’analfabetismo storico degli italiani, credo, basti seguire uno dei tanti giochi a quiz televisivi.
Ciò significa che, nell’Italia populista, che sta pericolosamente scivolando verso il nazionalismo e il razzismo, i  fascisti prossimi venturi, come  gli antifascisti prossimi venturi, rischiano di spiccare  solo  per  una  terribile e macroscopica  ignoranza. 
Insomma, potremmo addirittura rimpiangere Salvini, Di Maio, Boldrini e De Magistris…                               
           

Carlo Gambescia