Alberto Giovannini, Carlo e Nello Rosselli, fratelli in camicia... costruttivista
Il Ventennio sulle bancarelle
Qualche
giorno fa, girando tra le bancarelle di un mercatino di libri usati, ho pescato (non potrei usare verbo più giusto) due
volumi sul fascismo. Un’opera storica
intitolata “Il Ventennio”, a più mani, pubblicata nel 1960 dal circolo (o "cenacolo"...) neofascista che si
raccoglieva intorno alla “Rivista Romana”. Parliamo di un gruppo e di un periodico di impianto cattolico-conservatore, animati da Vanni Teodorani, colto pubblicista
e abile organizzatore di iniziative politiche,
giornalistiche ed editoriali, scampato
con Romualdi alla fucilazione il 27 aprile del 1945, nel dopoguerra politicamente in bilico tra neofascismo ed estrema destra democristiana.
Quel
che mi ha colpito dell’ opera, due grossi tomi, a parte il prezzo (di cui dopo dirò) e il ricco e originale apparato
iconografico, è la sistematica riabilitazione del
regime, in chiave esclusiva di legge, ordine e progresso guidato dall’alto. Mi spiego meglio: viene espunta la
Rsi , quale portato di un fascismo movimento, che andando
oltre il nazionalismo fascista,
rischiava di involvere verso una
rivoluzione sociale di tipo totalitario, nazionalsocialista, vista con orrore
dai sostenitori del fascismo regime. Proprio quel che fu la Rsi.
Ma
non è tutto. L’opera si chiude, con un saggio sui “Fuorusciti” (vol. II, pp. 411-441). di Alberto Giovannini: interessante figura del giornalismo di destra del dopoguerra, fascista di
sinistra (o “movimentista”), e come
Accame direttore del “Secolo d’Italia”,
Ora,
quel che colpisce del contributo è l’ammirazione sincera per i fratelli Carlo e Nello Rosselli, assassinati in Francia da sicari del governo
fascista. Giovannini, non glissa sulla cosa,
pur sposando la tesi, della faida interna tra liberal-socialisti e comunisti. Al di là delle radici di tutto questo orrore, resta però interessante scoprire il perché dell’ammirazione
di Giovannini.
Cosa c’era nel pensiero dei
Rosselli, socialisti liberali o liberal-socialisti (la diatriba
intellettuale in materia non si è mai
spenta, perfino sul trattino), che destava l’ammirazione di Giovannini? Il "gobbettismo". Ossia, come
egli spiega quel tentativo, sfociato in “Giustizia e Liberta”, di “realizzare e ampliare la visione
gobettiana; diffondere cioè gli ideali del liberalismo e socialismo -
contrastanti nella politica delle cose - in una sintesi organica e operante”. Un
tentativo, conclude Giovannini, “ di rinnovamento sostanziale della politica democratica, e perciò stesso, della
democrazia italiana, ove questa fosse stata restaurata in Italia” (vol.
II, p.
416).
Alberto Giovannini ( a sinistra) con Almirante |
Qui, la parola chiave - sconosciuta a Giovannini,
ovviamente - è costruttivismo. Un approccio comune al fascismo e ai liberali
macro-archici di “Giustizia e Libertà”: il credere fermamente nella possibilità di cambiare dall’alto la
società italiana. Con metodi diversi, ma al tempo stesso uguali, quanto alla volontà insita sia nel fascismo sia nel liberal-socialismo (definito da Croce un "ircocervo"), di “costringere gli uomini ad essere liberi”. Insomma, piaccia o meno, fascismo e liberal-socialismo condividono lo stesso impianto cognitivo-politico roussoviano, che
rinvia all’idea totalitaria della volontà generale, ovvero di un maggioranza
che discrimina le minoranze, perché si ritiene dalla parte della ragione
(storica). Ovviamente il liberalismo macro-archico ha condotto alla
società welfarista mentre il fascismo alla
dittatura e alla guerra. Ma, tra i due fenomeni politici, c’è, nei fatti
sociologici, una differenza di grado e non di specie.
Il
che spiega, ripetiamo, l’ammirazione di Giovannini. Ottimo giornalista, e uomo di vaste letture, al quale
però mancava, quell’autoironia e quel senso dell’eterogenesi dei fini, che
invece animava la riflessione di Giano
Accame nei termini di una retorica transigenza.
Carlo e Nello Rosselli |
Dicevo del prezzo dei volumi. Tre euro. Il che la dovrebbe dire lunga sulle scarse
fortune dell’editoria neofascista nell’ Italia populista. In realtà, la questione non riguarda solo i nostalgici di Mussolini, ma il rapporto con
la memoria storica in generale. Che a
livello collettivo è pessimo. A malinconica riprova dell’analfabetismo storico degli
italiani, credo, basti seguire uno dei
tanti giochi a quiz televisivi.
Ciò
significa che, nell’Italia populista, che sta pericolosamente scivolando verso il nazionalismo e il razzismo, i fascisti prossimi venturi, come gli antifascisti prossimi venturi, rischiano
di spiccare solo per una terribile e macroscopica ignoranza.
Insomma, potremmo
addirittura rimpiangere Salvini, Di Maio, Boldrini e De Magistris…
Carlo Gambescia