Caso Diciotti
Salvini a processo? Yeeesss!
Caso Diciotti e processo a
Salvini. La mia risposta politica è che se il governo
dovesse cadere, in seguito al voto favorevole della
Piattaforma Robespierre (Rousseau per gli amici, Casaleggio per i parenti), e
conseguente svolta parlamentare, non mi strapperei i
capelli.
Ma
il punto purtroppo non è questo. In gioco c’ è ben
altro, e di più importante. Per capire occorre
prenderla da lontano, partendo dal rapporto tra diritto e
politica, tra sovranità delle leggi e sovranità del potere.
Semplificando
al massimo.
La sovranità del potere
imporrebbe un voto favorevole a Salvini, sia sulla Piattaforma, sia in
Parlamento. La sovranità delle leggi, un voto sfavorevole.
La
sovranità del potere rinvia all’etica della responsabilità, che risponde alle
seguenti domande: ci conviene far cadere il governo? perdere il
potere? tornare a votare? La risposta ovviamene è no,
perché quel che conta, dal punto di vista dell’etica della responsabilità, è la
continuità del potere, non della legge.
La
sovranità delle leggi rimanda invece all’etica dei principi che
tratta la questione dal punto di vista morale, dei valori assoluti. Quindi la
caduta del governo, la perdita del voto, sono obiettivi secondari rispetto a
quello di garantire la continuità del principio dell’uguaglianza davanti alla
legge.
Come
si può osservare, in linea teorica, la distanza tra etica
della responsabilità ed etica dei principi è notevole. In linea pratica, invece
si tenta sempre di trovare l' aggiustamento politico, capace di accontentare
gli uni senza scontentare gli altri. È un segno di prudenza politica, madre di
ogni buon realismo politico. Pertanto, di regola, la
continuità del potere viene presentata come nell’interesse dei cittadini.
Infatti,
nel quesito posto agli iscritti di Cinque Stelle si attribuisce a
Salvini il “perseguimento di un preminente interesse
pubblico nell’esercizio di una funzione di governo”. Si parla
addirittura di “un interesse dello stato costituzionalmente rilevante”. Quindi,
come si lascia intendere, nessun reato compiuto per tornaconto
personale. E a dire il vero, la sfera di competenza, come
del resto si evince dalla natura del procedimento giudiziario, rinvia non
all’articolo 68 della Costituzione, ma al 96. Per farla breve, nel quesito
posto agli iscritti pentastellati, si evoca, se non la ragion di stato, un suo
derivato: la ragion pubblica. Che però coincide con le idee
professate da un razzista come Salvini.
Il
razzismo introduce un’ ulteriore distinzione. E per due ragioni. Sul
piano generale, perché il razzismo, è contrario alla Costituzione (art. 3), sul
piano particolare, delle scelte politiche di Salvini Ministro
dell’Interno, perché il caso Diciotti, ideologicamente è il frutto
avvelenato di una visione razzista dei fenomeni migratori, purtroppo pervenuta
al governo del Paese.
Sul
punto non è perciò possibile nessuna mediazione. Etica dei principi, dunque?
Sì. Però, c’è etica ed etica… Salvini deve andare a
processo, non per un principio astratto di uguaglianza davanti alla legge, impregnato
di giustizialismo del tipo Tangentopoli forever, come predicano i
grillini estremisti, né perché avrebbe tutelato presunti interessi pubblici,
come sostengono i grillini, per così dire, realisti,
ma perché è un razzista, come comprova il suo
comportamento politico. E il razzismo non è un “preminente interesse pubblico,
né “un interesse dello stato costituzionalmente rilevante”.
Qui
però - attenzione - entra in gioco anche
l’ etica della responsabilità. Perché
Salvini è pericoloso, costituzionalmente pericoloso, e
deve essere esemplarmente punito. Affinché
- ecco il punto pratico - l’esempio, sia di
monito e favorisca nei
cittadini comportamenti responsabili.
In caso
di processo e condanna, Salvini si atteggerà a vittima?
Probabilmente sì. Ma, esempi per esempi, il suo ammaestramento razzista quotidiano giustifica i peggiori istinti dei suoi elettori. Sicché, risulta assai più
rischioso e pericoloso "vezzeggiarlo" che "spegnerlo", per dirla con Machiavelli.
Carlo Gambescia