venerdì 29 aprile 2016

Razzismo/ Belpietro colpisce ancora (il bersaglio sbagliato)
I liberali “bianchi” di Libero




Il razzismo è merce molto pericolosa, scatena gli istinti brutali latenti negli esseri umani,  alimenta l’odio sociale, puntando sulle capacità reattive dei peggiori tra gli uomini. Esiste, in particolare negli Stati Uniti, un vasta letteratura sociologica sulla figura del "bianco povero", spesso alcolizzato o quasi, violento, socialmente fallito, residente negli stati del Sud, come  facile preda dell’odio razziale, ovviamente veicolato e sfruttato da gruppi più attrezzati culturalmente ed economicamente.  Da noi  si parla più volgarmente  di “guerra tra poveri”.
Insomma, andrebbe sempre evitato, soprattutto in ambito giornalistico, quando si affrontano le questioni razziali o con retroscena razziale come a proposito degli immigrati, soprattutto extracomunitari,  di pigiare  sul  pedale dei confronti economici  per veicolare invidia sociale e accrescere i livelli di  ostilità  tra gruppi etnici.  E invece capita sempre più spesso di   registrare non reazioni spontanee che partono dal basso ( cosa che può capitare),  ma incendi artatamente alimentati dall'alto,  all'insegna del politicamente scorretto a comando.   
Cosa pensare, ad esempio, del titolo di “Libero” oggi in edicola?  Che contiene un chiaro invito  all’odio sociale verso ogni  immigrato, dietro il quale, come si evince,  potrebbe nascondersi un terrorista islamico che vive alle spalle dello stato italiano, privando, ecco il pendant per il “bianco povero”,  i non abbienti italiani di fondi preziosi. Si potrebbe parlare di razzismo, anche sociale.
Pur non escludendo che il welfare italiano sia fin troppo generoso, ma con tutti,  diciamo che per un quotidiano che ama definirsi liberale uscire con una prima pagina del genere è una vergogna. Probabilmente, molti dei  presunti liberali, a questo punto  “bianchi” ("poveri",  proprio non crediamo),  del quotidiano diretto da Belpietro,  si rifiutano di capire  che l’immigrazione  per l’ Italia, per l’Europa, per l’Occidente rappresenta una grande sfida culturale e sociale:  un tentativo indiretto, che deve essere frutto di una routine quotidiana condivisa (non minata dall'odio reciproco),  rivolto a modernizzare, per gradi, attraverso l’acculturazione, chiunque  provenga da una società arcaica. Innescando, fin dove possibile, un circolo virtuoso di ritorno (o rimbalzo) dei valori occidentali,  anche nel mondo islamico. 
È ovvio che i flussi migratori debbano essere regolamentati, rapportati al ciclo  demografico ed economico, nonché alle prospettive militari del conflitto in atto con l’Islam fondamentalista. Ciò che invece  non si deve fare  è alimentare guerre tra poveri e soprattutto guerre sante.  Più volte abbiamo scritto della necessità di intervenire in Medio Oriente, ma, come dire, in modo laico, duro,  rapido, efficace, quindi  indolore ( o quasi)  per  gli immigrati che risiedono in Italia.  
Ci appelliamo, insomma,  alla classica tecnica, amata da ogni buon liberale realista, del bastone e della carota. Nulla di nuovo in fondo.   E qui invece  si alimenta il fai da te interno, procrastinando ogni  fare  militare esterno.  Un disastro annunciato?  Se la musica non cambia, di sicuro.    
Inoltre, si legge, non solo su “Libero”, che la cellula islamista sgominata voleva colpire San Pietro come “luogo del pellegrinaggio cristiano”. Ora, sarebbe grave, che si rispondesse, da “bianchi poveri”, invocando, a nostra volta, la christian supremacy.  Sarebbe un errore gravissimo. Non la guerra ovviamente,  bensì il recupero, magari in grande stile, dell’idea di crociata: scelta sciagurata che cancellerebbe ogni differenza culturale tra noi e loro, ponendo l’Occidente liberal-democratico sullo stesso piano ideologico dell’Islam fondamentalista. Si  farebbe solo  il gioco propagandistico del nemico, che tra l'altro già ci definisce crociati e che quindi non aspetta altro.
Ricapitolando,  toni soft,  niente guerre interne tra poveri, controllo dei flussi, “acculturazione” indiretta degli immigrati accolti,  nessun  accenno a mistiche crociate  ma  impiego  esterno di una forza militare in grado di sgominare il nemico, impedendogli di rialzare la testa almeno per i prossimi cento anni.  Insomma, Belpietro,  spara, spara, ma non ne azzecca una.

Carlo Gambescia          

                                               

2 commenti:

  1. Belpietro è un ignorante, riesce ad aver torto pure quando potrebbe aver ragione. Detto questo, vorrei pure affermare una cosa che credo sacrosanta. Il processo di acculturazione di cui tu parli, innanzitutto non può esser considerato come una formula matematica, iniettato dall'alto, soprattutto quando una buona parte dei c.d. migranti sono di religione maomettana. Maometto non fu mai tenero (eufemismo grosso come una casa) con chi non la pensava come lui, difatti tale procedura l'ha inculcata a tutti i devoti che lo seguirono. L'Islam considera l'Occidente degenerescente, deviato, materialista e, quindi, ci considerano inferiori. Non è una mia deduzione, basta seguire la letteratura moderna di matrice islamica, o ascoltare lontano dai microfoni (l'ho fatto pure io a Viterbo) i musulmani e sentire cosa e quante ne dicono rispetto alle nostre scuole, alla cristianità, insomma, contro tutto ciò che è occidentale. Cosa vogliamo acculturare? Non abbiamo uno straccio di politica che organizzi le migrazioni, non ci sono controlli, arrivano orde imbufalite di africani (è razzistico aggettiverli così?) che pretendono vitto alloggio salario e esenzione ticket sanitario, si prendono i primi posti delle graduatorie per l'assegnazione delle case popolari, pagate, queste, con i contributi dalla busta paga di noi italiani; ecco, se permetti un po' incavolato sono. I brodetti bergogliani me li risparmio, sono atteggiamenti irresponsabili di un papa riluttante a capire il peso di un ufficio così delicato, sacro per i credenti. Il socialismo d'annata che si aggira in Vaticano sarebbe solo ridicolo se non fosse distruttivo per la Chiesa.
    Il razzismo è una aberrazione dell'anima, ma difendere i propri confini è un diritto.

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  2. Caro Angelo, Grazie del tuo tempo. Diciamo che l'acculturazione va intesa come una sfida, del resto lo scrivo. Ovviamente i flussi vanno controllati,eccetera (anche di questo scrivo). Sui "confini nazionali" sono intervenuto ieri, e mi sembra esaustivamente. Capisco, sei persona di cultura, il tuo disagio. Però, ecco, mai soffiare sul fuoco, come fanno i cialtroni di cui sopra. Un abbraccio! P.S. Anche sulla mia pagina Fb, se vuoi, puoi seguire i commenti interessanti di alcuni lettori.

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