mercoledì 20 aprile 2016

Per  Francesco, i “migranti” sono un “dono”. E per Mattarella pure...
Particolarismo e universalismo: istruzioni per l’uso




Il Papa ha dichiarato, chiedendo scusa, che i “migranti” sono un dono. Tradotto un’occasione per fare del bene a chi ha bisogno.  Diciamo che  tutto ciò che serve a svelenire agli animi e  contrastare derive razziste  è più che giustificato. Quindi la Chiesa fa la Chiesa. Siamo sul piano del trascendente, dell' "al di là" come fine.  Del guadagnarsi, per chi abbia la fede,  con  buone azioni  il "Cielo".  A ognuno il proprio lavoro. Perfetto. 
Ciò che invece resta meno giustificabile  è l’universalismo laico e umanitarista,  i cui toni accesi finiscono per esaltare il  particolarismo razzista, altrettanto laico ma pronto a ribattere subito  colpo su colpo.  Siamo insomma, sul piano immanente, dove le parole sono pietre,  perché sono in gioco le risorse (scarse) dell'  "al di qua". Il rischio è quello dell'Inferno subito, fedeli o meno, in "Terra". Perciò non è altrettanto perdonabile l'atteggiamento di Sergio Mattarella, laico e presidente della Repubblica, e quindi di tutti italiani, anche dei potenziali "cattivisti",  che con il suo "buonismo" sembra invece dare man forte non solo al Papa ma allo stesso universalismo laicista, proiettando sul Quirinale l'ombra sinistra della  faziosità politica.  Si scherza con il fuoco. Perché, con il muro contro muro, si rischia di alimentare il  razzismo.
Si dirà: chi ha cominciato per primo? Difficile rispondere, è  il vecchio problema dell’uovo e della gallina... Altro  piccolo inciso: stiamo analizzando la questione immigrati sì-immigrati no, dal punto di vista dei processi culturali (e sociali),  insomma del clima culturale e dell’opinione pubblica,  non dal punto di vista  pratico o tecnico  dei provvedimenti politico-legislativi da implementare.   
Ma veniamo al punto. I comportamenti conflittuali (sociali e culturali) seguono un ritmo a spirale, di regola a un comportamento estremo ne corrisponde un altro uguale ma di segno contrario. Quindi la cosiddetta spirale dell' odio - ovviamente al rialzo -  è pericolosa.   Si tratta di un meccanismo azione-reazione,  una specie di moltiplicatore che  favorisce il progressivo distacco  dalla realtà, che procede per suggestione ed emulazione, quindi a prescindere dai fatti,  finendo per assumere forza propria in base a una certa immagine, sempre più irreale del nemico, il quale diventa  un vero e proprio  capro espiatorio a doppio senso. Tradotto: gli umanitaristi odiano i razzisti  e i razzisti  odiano gli umanitaristi, e così via in misura crescente.  Sicché  lo scontro sulle regole per il  “migrante” resta  il punto di partenza culturale di un processo conflittuale e scalare che ha come meta la guerra civile. Perciò,  sia detto en passant,  tutti gli attori sociali dovrebbero pesare le parole, pro o contro.
Come evitare, tutto questo?  Diciamo subito che  se il Papa fa il proprio dovere culturale, lo Stato,  abbondantemente  presente in campi  non di sua competenza, si guarda bene dal farlo.  Anzi fa di peggio: esce dalla sua neutralità per schierarsi con il potere religioso e  laico-umanitarista.  Invece di porre i diversi  gruppi di  pressione culturale  sullo stesso piano e fare così da contraltare, puntando sul  realismo, all’irrealismo della Chiesa (giustificato) e dell'universalismo laico (ingiustificato). Si pensi, come dicevamo, alle invasioni di campo del  nostro Presidente della Repubblica, Mattarella, il quale  talvolta  sembra addirittura assumere atteggiamenti da Papa laico coniugando etica cristiana e profana.  Un disastro.
Il che non significa che il particolarismo  razzista  (si pensi a Salvini  che ragiona  più o  meno  come un leader  del KKK) sia dalla parte della ragione. La chiusura totale, dal punto di vista dei processi sociali  non paga e può condurre  prima  alla guerra culturale, poi a quella civile, dal momento che l’irrigidimento culturale provoca sempre reazioni di segno opposto,  altrettanto dure. Quindi l'atteggiamento neutrale, di cui sopra, deve essere esercitato, anche in direzione del particolarismo.
Non parliamo di passività. La neutralità culturale dello stato, presuppone  misure concrete, positive, di regolamentazione dei flussi e degli accessi in Italia (e in Europa).  Dal momento che le risorse sono scarse e non tutti possono essere accolti. Oppure, viceversa, possono essere accolti tutti, ma solo al prezzo di un riduzione del  tenore di vita di chi accoglie. Argomento, quest’ultimo, socialmente scabroso, fonte certa  di conflitti politici.     
Perciò lo stato, quando necessario deve agire, e per tempo.  Con quali scopi?  1)  prevenire, con una accorta ma non invasiva legislazione sulle materie socialmente scabrose, le  guerre culturali, per evitare che degenerino in guerre civili; 2)  mantenere la neutralità culturale, evitando di condividere (o peggio subire)  linee di comportamento  razziste o universaliste,  fonte di conflitti,  quindi pericolose per la conservazione della pace sociale.
L’unica cosa lo che lo stato non dovrebbe mai   fare   è pontificare, proprio come il Papa,  sui grandi principi universalisti dell’accoglienza, dando così l’idea di essere favorevole alla fine di tutte le frontiere,  scontentando i particolaristi  e al tempo stesso,  attendere passivamente il corso degli eventi, scontentando  gli universalisti,  dando l’idea di essere (sotto sotto)  dalla parte dei razzisti.
Ed è proprio ciò che sta accadendo.
Carlo Gambescia                         

       

1 commento:

  1. Ben detto Carlo. Mi permetto di aggiungere una cosetta di poco conto. Non ti sembra che tale umanitarismo da parte di sedicenti cristiani (Renzi e Mattarella) sia da attribuirsi ad un piano, per nulla occulto, ma tendente a distruggere le identità nazionali con l'invasione senza regole né limiti, di popoli allo sbando, a maggioranza islamica per giunta. Come sia possibile l'integrazione tra culture così diverse? La nostra, poi, è solo un culturame abborracciato, fatto di edonismo, materialismo, laicismo, liberismo selvaggio. L'Islam è tetragono, rigido per definizione, dove il progresso è visto come blasfemia (e posso pure concordare per certi versi), quindi diventa impermeabile ad ogni ordinamento sociale e democratico quando innestato in Occidente, salvo eccezioni.
    Nella mia città, Viterbo, la gente è incavolata nera perché si vede passare davanti nelle graduatorie per la casa popolare da immigranti, che hanno punteggi aggiunti in quanto stranieri: Mattarella, questo, non lo sa? I 35 euri (al plurale come si dice tra noi del popolino) a testa, ogni giorno, ai migranti, vitto e alloggio gratis, e senza far nulla (l'arte di Michelasso: mangiare, bere e andare a spasso); tutto ciò è mal visto da noi del popolaccio, che a mala pena arriviamo alla terza settimana del mese, paghiamo tasse pazzesche e non vediamo futuro per i nostri figli. Sarò qualunquista, reazionario, poco me ne cale, è l'evidenza dei fatti.

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