Referendum Olanda: proiezioni, vince il no
Europa disorientata, impaurita, divisa
Al
posto dei politici di Bruxelles presteremmo maggiore attenzione. Il rifiuto
degli olandesi al trattato di associazione dell’Ucraina alla Ue indica che l’Olanda, come altri stati
europei, diciamo di vecchio conio, non
ne vuol sapere di aggiungere altri posti a tavola.
L’Europa
è disorientata, impaurita, divisa: coniugare unificazione e allargamento, due
processi differenti (prima ci si dovrebbe unire, poi allargare), rischia di complicare ancora più le cose. Del resto i primi responsabili dello sbandamento
europeo sono le classi politiche, cattoliche, socialiste, liberali
macro-archiche (dirigiste) che hanno
creduto di poter applicare lo schema
redistributivo (tasse, tagli e stimoli economici), che prevede alti tassi di
sviluppo e centralismo consociativo (una specie di centrosinistra europeo), a una realtà
sovranazionale senza però avere gli stessi strumenti politici economici e fiscali dello
stato nazionale ( un governo e un parlamento veri, un sistema bancario, creditizio e
fiscale unificato).
Il
sistema attuale, per certi versi e al netto della retorica europeistica,
ricorda quello della settecentesca aristocrazia polacca, incapace di darsi
un sovrano elettivo, che favorì l'affondamento della Polonia nel gioco delle
spartizioni. Il politico non ammette vuoti di potere.
A
Bruxelles, pur essendo consapevoli della
debolezza politica europea, un po’ per inerzia, un po’ per non perdere la
faccia, si persevera nel procedere, e magari rilanciare, come se l’Europa fosse da anni un’entità
politicamente coesa. Il che, pur avendo un antico fondamento culturale, resta, almeno per ora, pura fantapolitica istituzionale. Inoltre, cosa ancora più importante, il redistribuzionismo catto-socialista-liberalsociale, dal punto di vista
politico-economico, soprattutto per il suo indisponente verticismo, non è praticabile in tempi di vacche magre. E qui, per contro, si vuole addirittura puntare sull’allargamento a stati indebitati come l’Ucraina. Sicché, inevitabilmente, i popoli, come gli olandesi ieri, non possono non accorgersene. E votare no.
Il
rischio è che nel crescente (per alcuni inarrestabile) vuoto consensuale - e qui la crisi del modello politico-sociale Weimar resta un
esempio classico - possano proliferare non solo i bacilli del
nazionalismo, ma quelli del razzismo, dell’antisemitismo, del romanticismo
antiborghese, che, nella prima metà del Novecento condussero, prima culturalmente poi politicamente, alla guerra civile europea.
Parliamo di rischio, quindi di una tra le alternative racchiuse in un processo
storico, come quello dell’unificazione europea, di cui però non possiamo fissare esito e durata. Di
sicuro, considerati i risvolti negativi
del nazionalismo, l’unificazione potrebbe rappresentare un passo avanti, in termini di pacificazione interna, quale riduzione del conflitto tra stati da problema
militare a problema di polizia. Oltre,
ovviamente, ai grandi vantaggi che ne sortirebbero sul piano
geopolitico. Il nostro, ovviamente, è il giudizio personale di un vecchio
europeista, disgustato dalla guerra civile novecentesca. Per
ora, tuttavia, l’Europa, come dicevamo, è disorientata, impaurita, divisa. Proprio come nel 1929. O nel 1933?
Carlo Gambescia
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