Lo “storico”
incontro tra Barack Obama e Raul Castro
“La
Guerra Fredda ? E che m’importa, io non ero
nato”. Così (più o meno) il Presidente Usa
“The United States will not be imprisoned by the past
— we’re looking to the future,” Mr. Obama, 53, said of his approach to Cuba
at the summit meeting’s first plenary session on Saturday. “I’m not interested
in having battles that frankly started before I was born”. “The Cold War,” he added, “has been over for a
long time.”
Oggi i media celebrano all’unisono Obama. Grande di qui, grande di là. Diciamo che sarebbe più giusto parlarne come
del vincitore di una lotteria storica, grazie a un biglietto comprato da altri e
finito misteriosamente nelle sue tasche. Infatti, per dirla francamente, non sappiamo cosa pensare dell’ ennesima prova
della sua pochezza intellettuale, come
rivela la citazione riportata ad esergo. Asserire, proprio nel corso di un incontro comunque storico, che “io
non sono assolutamente interessato a combattere battaglie che sono iniziate prima
che nascessi” dal momento che “la Guerra
Fredda è finita da un pezzo”, lascia senza parole.
Naturalmente, la dichiarazione ha
risvolti di politica interna che lasciamo spiegare agli specialisti di politica americana, ci mancherebbe altro. Quel
che sorprende è l’infelicità cognitiva
di una frase che potrebbe essere tranquillamente messa in bocca a un
ragazzino delle scuole elementari: “Signora Maestra, perché devo studiare come
vivevano gli Antichi Romani? Se a quei tempi, la cicogna non mi aveva
ancora portato?” .
Parliamo di un bambino di 6 anni e
non di un uomo di 53, con studi universitari, dottorato, cattedra e
responsabilità politiche mondiali. Disarmante. Ma - ecco il punto - ciò non depone neppure a favore dello staff che circonda il Presidente, perché rivela,
ancora una volta, il difficile rapporto –
ad essere benevoli - della cultura “alta” americana con la storia: giudicata,
spesso, come una carica del Settimo Cavalleria, che dietro di sé, lascia polvere, cadaveri,
fumo da spari, fatti di cui si disinteressa, perché quel che conta è la vittoria (o il
risultato, insomma) e non come si giunti, nel tempo, ad essa. Il che spiega, come dire a cascata, disdicevoli, e per fortuna rare, sconfitte sulla falsariga di Little Bighorn.
A dire il vero, non sempre i
Presidenti degli Stati Uniti hanno mostrato mancanza di senso storico. Anzi. Da non specialisti di
storia americana, possiamo comunque asserire che la lista, come dire, dei tucididei, sarebbe abbastanza lunga: Washington, Adams, Jefferson, Lincoln,
“Teddy” Roosevelt, Wilson, Kennedy, Nixon, Reagan, i due Bush, Clinton. E sicuramente ne abbiamo dimenticati alcuni. Inoltre, i Presidenti sapevamo circondarsi di bravi consiglieri ed
eccellenti Segretari di Stato ( alcuni poi divenuti, a loro volta, Presidenti): Madison, Monroe,
Quincy Adams, Calhoun e via dicendo.
Tradizione - e qui sarebbe interessante l’ approfondimento storico - che si è affievolita nel Novecento,
soprattutto nella seconda metà, con alcune eccezioni: Dulles, Kissinger, Albright
e pochi altri.
Con Obama ( e Kerry) si è veramente toccato il fondo. E si vede.
Carlo Gambescia
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