sabato 11 aprile 2015

Facebook e i rischi della neo-lingua
di Teodoro Klitsche de la Grange



C’è poco da sorprendersi della notizia che Facebook ha “cancellato” un messaggio di Salvini il quale si era servito del termine “zingari”, perché la lingua – il linguaggio – è strumento di potere e d’influenza politica (*).
La politica, com’è noto, usa due mezzi: la forza e l’astuzia; necessita di due cose: potere e consenso. Il primo si esercita con la forza; il secondo (in buona parte) con l’astuzia. Questa diventa ancora più indispensabile quando manca il consenso per risultati e realizzazioni tali da procacciarlo: com’è in genere, per le classi dirigenti in decadenza e, specificamente, per quella italiana contemporanea.
Quindi è cura di chi esercita il potere di plasmare la terminologia adatta: già lo notava Tacito, riguardo ad Augusto, il quale esercitò un potere monarchico, senza usare la denominazione di re, per non urtare la suscettibilità dei romani; e cumulando più cariche pubbliche (in particolare quella di console e tribuno della plebe), prima separate ed esercitate da magistrati diversi ottenere un potere enorme. Hobbes nel commentare tale passo di Tacito sottolinea la finezza di Augusto che ebbe anche cura di non voler più essere triumviro, neppure di nome (posito triumviri nomine), perché quella carica “portava con sé il ricordo ed il sapore delle guerre civili e delle proscrizioni che erano odiose al popolo. E un principe nuovo dovrebbe evitare quei titoli istituzionali che insistono sulle ferite dei sudditi e procurano odio e invidia a chi li usa”.
Nel caso nostro, più terra terra, si tratta di un linguaggio che tende a dissimulare i significati, dovuti a differenze legate a connotazioni e opinioni non lusinghiere o del tutto negative. Ma, ovviamente, il fatto di non chiamare più qualcuno zingaro, o se idiota “diversamente intelligente”, non fa si che gli uni e gli altri non esistano. Quindi in particolare, se il tutto parte da chi esercita il potere, si configura come un tentativo di accreditarsi come buono (e, spesso addirittura come capace).
Quello che lascia stupiti è poi che il tutto non sia (solo) dovuto al potere pubblico e politico in particolare, ma ad un’azienda privata come Facebook (conferma di un dilagante conformismo): in effetti il privato è libero da certi doveri; come non obbligato ad esercitarne degli altri. Ma data la funzione (in gran parte positiva) delle comunicazioni e di Facebook  in particolare, funzione che  si fonda sull’autenticità e sulla libera corrispondenza alle idee effettivamente espresse da tutti i soggetti coinvolti,  una “censura” per quanto non riconducibile all’istituto in vigore nei regimi autoritari (o peggio) è inquietante. Forse di più che se a farlo fosse stato il minculpop.
Teodoro Klitsche de la Grange

(*) In seguito FB  si è scusata   e ha  parlato di  errore, almeno per una parte dei contenuti cancellati, poi ripristinati.  Si veda qui:  http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2015/04/08/salvini-contro-campi-rom-li-raderei.-e-bufera_721c9904-b9f1-478a-a120-aa236343aa0f.html

Teodoro Klitsche de la Grange è  avvocato, giurista, direttore del trimestrale di cultura politica “Behemoth"( http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009),  Funzionarismo (2013).

Nessun commento:

Posta un commento