Facebook e i rischi della neo-lingua
di Teodoro Klitsche de la Grange
C’è
poco da sorprendersi della notizia che Facebook ha “cancellato” un messaggio di
Salvini il quale si era servito del termine “zingari”, perché la lingua – il
linguaggio – è strumento di potere e d’influenza politica (*).
La
politica, com’è noto, usa due mezzi: la forza e l’astuzia; necessita di due
cose: potere e consenso. Il primo si esercita con la forza; il secondo (in
buona parte) con l’astuzia. Questa diventa ancora più indispensabile quando
manca il consenso per risultati e realizzazioni tali da procacciarlo: com’è in
genere, per le classi dirigenti in decadenza e, specificamente, per quella
italiana contemporanea.
Quindi
è cura di chi esercita il potere di plasmare la terminologia adatta: già lo
notava Tacito, riguardo ad Augusto, il quale esercitò un potere monarchico,
senza usare la denominazione di re, per non urtare la suscettibilità dei
romani; e cumulando più cariche pubbliche (in particolare quella di console e
tribuno della plebe), prima separate ed esercitate da magistrati diversi
ottenere un potere enorme. Hobbes nel commentare tale passo di Tacito
sottolinea la finezza di Augusto che ebbe anche cura di non voler più essere
triumviro, neppure di nome (posito
triumviri nomine), perché quella carica “portava con sé il ricordo ed il
sapore delle guerre civili e delle proscrizioni che erano odiose al popolo. E
un principe nuovo dovrebbe evitare quei titoli istituzionali che insistono
sulle ferite dei sudditi e procurano odio e invidia a chi li usa”.
Nel
caso nostro, più terra terra, si tratta di un linguaggio che tende a
dissimulare i significati, dovuti a differenze legate a connotazioni e opinioni
non lusinghiere o del tutto negative. Ma, ovviamente, il fatto di non chiamare
più qualcuno zingaro, o se idiota “diversamente intelligente”, non fa si che gli
uni e gli altri non esistano. Quindi in particolare, se il tutto parte da chi
esercita il potere, si configura come un tentativo di accreditarsi come buono
(e, spesso addirittura come capace).
Quello
che lascia stupiti è poi che il tutto non sia (solo) dovuto al potere pubblico
e politico in particolare, ma ad un’azienda privata come Facebook (conferma di
un dilagante conformismo): in effetti il privato è libero da certi doveri; come
non obbligato ad esercitarne degli altri. Ma data la funzione (in gran parte
positiva) delle comunicazioni e di Facebook in particolare, funzione che si fonda
sull’autenticità e sulla libera corrispondenza alle idee effettivamente espresse da tutti i soggetti coinvolti, una “censura” per quanto non riconducibile all’istituto in vigore nei
regimi autoritari (o peggio) è inquietante. Forse di più che se a farlo fosse
stato il minculpop.
Teodoro Klitsche de la Grange
(*) In seguito FB si è scusata e ha parlato di errore, almeno per una parte dei contenuti cancellati, poi ripristinati. Si veda qui: http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2015/04/08/salvini-contro-campi-rom-li-raderei.-e-bufera_721c9904-b9f1-478a-a120-aa236343aa0f.html
Teodoro
Klitsche de la Grange è avvocato,
giurista, direttore del trimestrale di cultura politica “Behemoth"(
http://www.behemoth.it/ ).
Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il
salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia
della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va
lo Stato? (2009), Funzionarismo (2013).
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