La (seconda) svolta gay di "Un posto al sole”
Io cambio canale
Sono fan di “ Un posto al sole”. Più volte mi sono chiesto per quale ragione. Non sono un
“consumatore” di soap . E neppure amo più di tanto il buonismo e il politicamente corretto che spesso infarciscono un “prodotto televisivo”
in onda e con buoni ascolti da quasi
vent’anni. Probabilmente mi sono
simpatici gli attori, il grazioso
palazzetto di Posillipo, il cielo che più azzurro non si può, la napoletanità che mi ricorda il
grande Totò: tutti fattori "cartolina" che mi fanno considerare il “plot” secondario. E nel nome di una serialità che ogni sera cattura, avvolge, coccola un immaginario che si presta, indifeso. Mai dimenticare infatti, che
l’uomo è un animale abitudinario, soprattutto a fine giornata. Ed io
in particolare.
Ora però gli sceneggiatori stanno commettendo un
errore. La storia gay tra Sandrino e un suo coetaneo - preceduta da quella di Marina, altrettanto imbarazzante - può ferire, per le tinte se non proprio forti, vibranti, chiunque abbia una sensibilità diversa. Attenzione, parlo di sensibilità, cioè di
qualcosa che riguarda la disposizione psichica a condividere ciò che prova un
altro. E - come nel caso di una soap
televisiva - la condivisione scatta o meno sugli atti esterni, visibili: quello c'è. Quindi che chiediamo? Non di non trattare l’ argomento gay, ma di affrontarlo in modo sobrio, fermandosi un attimo prima… Insomma, perché non tutelare
coloro, non pochi credo, che provano crescente imbarazzo davanti alle tele-effusioni
omo?
Si dirà, che ci si deve abituare come per quelle
etero, che tutto ciò è segno di progresso, eccetera, eccetera. E sia. Ciò non toglie che, ogni volta, appena inizia il solo gioco degli sguardi tra i due, io provi un forte disagio. Il che però, secondo alcuni terapeuti, dimostrebbe solo la mia omosessualità latente… Come rispondere? Se le
cose stanno così, alzo le braccia. Mi
scuso. Però cambio canale.
Carlo
Gambescia
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