venerdì 1 novembre 2019

Il grattacielo e il formichiere
Per un realismo politico consapevole


Nel  mio nuovo libro (*) mi confronto con un argomento, il realismo politico, che di solito, viene  indagato o in termini di scienza politica o di storia delle idee. Il mio invece, come recita il sottotitolo, è un approccio sociologico, non comune.  Cioè, mi propongo, da sociologo,   di esaminare gli addentellati sociali ( e anche storici) del fenomeno.
Parto  dall’esame del concetto di realtà  prendendo  spunto dai versi di un poeta che amo, Eugenio Montale. La realtà, alla quale nessuno può sfuggire, rivela momenti alti (il grattacielo) e bassi (il formichiere),  comportamenti nobili  e meno nobili, se non vili.  Comunque imprevedibili. Soprattutto come effetti di ricaduta. Spesso si vuole il bene, ma si ottiene il male. E viceversa.  Si chiama anche, più dottamente, eterogenesi dei fini.  
Parto da  una  considerazione di fondo: l’uomo non è buono né cattivo ma imprevedibile.  E di conseguenza,  per lo studioso come per il leader,  resta difficile  prevedere ragioni ed esiti delle azioni umane. 
Azioni che  sono  frutto di una dissonanza cognitiva  tra idee e realtà, dissonanza, che spinge  l’uomo all’azione riparatrice. Alla ricerca  di consonanze, talvolta possibili, talaltra no. 
Di questo aspetto  il realismo politico deve tenere conto. Non può ridursi a scienza che razionalizza il male, magari godendone in modo luciferino. O nascondendosi dietro il comodo paravento della cattedra.
E allora? Che fare?  Il realismo politico,   puntando sull’uso  della metapolitica, quale analisi e uso delle   forme  di comportamento politico, costanti o regolarità,  che si ripetono nella vita sociale e storica (conflitto, cooperazione, eccetera), deve indagare  la realtà  per quello che è  e non per quello che dovrebbe essere, secondo un'antropologia positiva o negativa dell’uomo.  Si impone, insomma, un realismo politico consapevole della natura imprevedibile, e in qualche misura pericolosa proprio per tale ragione, delle azioni umane. Azioni frutto di dissonanze cognitive, effetti inintenzionali, tensioni utopiche. Azioni, mai dimenticarlo, comunque condizionate dall’interdipendenza sociale: un fattore sociologico che lega gli uomini, volenti o nolenti, gli uni agli altri. E che ritroviamo in tutte le forme di regime politico, economico e sociale.
Un realismo politico, per usare le parole dell’amico Jerónimo Molina,  che prova a  "immaginare il disastro", ma anche, aggiungo, “il non disastro”... Consapevole quindi dell' "esistenza" del grattacielo come del formichiere.
Ho descritto solo alcune linee esplicative.  Per incuriosire  i lettori. Che spero siano numerosi.  Il saggio  si rivolge agli specialisti (in particolare  nei  primi due capitoli), ma  contiene (negli altri due) parti storiche e sociologiche che possono interessare tutti.
Credo, immodestamente,  di aver compiuto un notevole sforzo teorico e  di sintesi, anche nell’approfondimento di concetti  che la routine politologica  e  una  storia delle idee  talvolta prigioniera dell' approccio culturalista  considerano   scontati nel loro significato.
Nel mio libro cerco  di provare che non è così.