Morire per Hong Kong?
I
diritti umani possono essere inquadrati da due punti di vista. Per alcuni sono
una risorsa politica, da usare come una
specie di arma nei conflitti politici,
per altri sono una preziosa risorsa etica da sottrarre al conflitti politici, escluso però il conflitto che inevitabilmente può nascere con coloro
che la pensino diversamente.
Hitler si rivolse brutalmente a Est per difendere, così asseriva, i diritti delle minoranze tedesche.
L’Unione Sovietica, quasi fino agli ultimi giorni, minacciò di invadere i Paesi
baltici per difendere la libertà delle minoranze russe. Di recente, il post-comunista Putin, a
proposito della Crimea, ha applicato lo
stesso principio. Ma l’intera storia umana è un succedersi di giustificazioni,
dal ripristino romano delle libertà greche
nelle quattro guerre macedoniche a quello americano delle
libertà occidentali nell’ultimo conflitto mondiale.
Cosa
vogliamo dire? Che i diritti umani, in
particolare quelli di libertà, sono, piaccia o meno, una risorsa politica. E ritenerli tali, implica la
consapevolezza di difenderli a ogni costo, anche con le armi. Qui però va precisato, che quanto più li si “eticizza”, tanto più si moltiplicano i
rischi di conflitto, o comunque di avviare una
spirale conflittualistica dalle
conseguenze non sempre prevedibili.
Per
fare un esempio oggi sulle prime pagine, i parlamentari italiani di tutte le tendenze,
che ieri hanno sfidato la Cina , ospitando in
videoconferenza Joshua Wong, leader del movimento di protesta, sarebbero
disposti a morire per Hong Kong? Come un tempo, alla fin fine, lo furono britannici e francesi per Danzica?
Sappiamo
benissimo che tra una videoconferenza e una guerra c’è una distanza
politica enorme. Esiste il gioco
diplomatico, della minaccia e dello scambio. E la decisione della guerra, benché sempre
aleggiante in ogni conflitto politico (parliamo in generale), giunge, sebbene non sempre, alla fine di un
percorso discorsivo. Perciò, nel caso, saremmo solo
all’inizio della spirale cui accennavamo. Niente, in sé, di pericoloso, almeno
nell’immediato. Soprattutto quando si guarda all’impreparazione militare dell’Italia e al clima di ripiegamento morale, in tutti i sensi, che vizia il nostro discorso pubblico.
Resta però, comunque stiano le cose, l’ imprevedibilità prospettica dettata dalle
pressioni che la Cina
sta subendo in questo momento sul piano geopolitico generale, pressioni crescenti che tuttavia per il momento non implicano brusche virate. Perciò, a proposito dell’Italia, un realismo politico, a quo, che guardi all’immediatezza, non avrebbe visto nulla di male
in una videoconferenza. Per contro, un realismo politico, ad quem, attento a sviluppi e prospettive, avrebbe accuratamente evitato. Giudichi il lettore.
Lasciamo
fuori dalla nostra analisi, che si muove
all’interno di una prospettiva comunque realista, le prese di posizione
donchisciottesche, pacifiste, basate su una visione terapeutica della politica. Fondate,per farla breve, su una premessa errata, di natura
irrealistica: perché non per tutti la pace è un bene da difendere,
sempre e comunque,con le sole "armi" della parola, della buona volontà e del libero convincimento.
Del resto, può piacere o meno,
ma la storia prova che è così. Almeno fino ai nostri giorni. Quindi una
guerra, stando al passato, può essere al momento poco probabile, ma rimane sempre possibile.
Resta
però in piedi la questione dei diritti
umani, che sono il nobile cavallo di battaglia, non solo dell’Italia, ma dell’intero Occidente, dalle salde radici illuministe e liberali. Diritti umani
che nella guerra calda contro il nazismo e in quella fredda contro il comunismo hanno fatto idealmente la differenza.
Esistono
allora giustificazioni più buone di altre? Da un punto di vista generale no, diciamo
della fredda analisi sociologica. Invece
da quello storico esistono differenti tradizioni
politiche che il tribunale temporaneo della storia, di volta in volta, ha condannato o assolto. E, sotto questa visuale, la tradizione
occidentale la libertà l'ha difesa sul serio. E con le armi. Insomma, sul campo,
vincendo. Sicché, in ultima istanza, il problema è sempre lo stesso, come contro Hitler, l’ Italia e l' Occidente sono disposti a morire per Hong Kong?
Carlo Gambescia