Liberalismo, democrazia e denaro
L'Uovo di Colombo
Che
le democrazie, attenzione le de-mo-cra-zie,
abbiano una deriva affaristica e demagogica non è una novità, almeno dai
tempi di Platone e Aristotele. Nel Novecento Maurras, finito nelle braccia di
Hitler, scrisse comunque pagine memorabili
sul denaro come valore democratico egemone a causa della mancanza di alcuni fattori fondamentali presenti invece nelle società pre-democratiche: la
nascita in una famiglia aristocratica abituata per rango a governare, le capacità militari come segno di virtù guerriere, il carisma religioso favorito da un religiosità collettiva diffusa.
Il
liberalismo moderno, pur non condividendo la visione reazionaria di Maurras, non ha ignorato il problema. Il
ceto borghese, come portabandiera del liberalismo, ha laicizzato i valori di
cui sopra trasponendoli nell’ambito economico. Facendo del suo meglio per promuovere una
visione della modernità politica, liberale e democratica al tempo stesso.
Liberal-democrazia, insomma. Parrebbe
l’uovo di Colombo… Marshall parlò addirittura del nuovo spirito della
cavalleria economica. Schumpeter di
nobiltà del lavoro imprenditoriale. Guizot, precedendo
Tocqueville e unitamente a Constant, propose e praticò la diga censitaria contro il
dilagare della democrazia basata su un voto che poteva essere comprato in qualsiasi momento da masse irriflessive pronte a vendersi al
primo offerente.
Guizot,
molto prima di Maurras e non in chiave reazionaria, aveva visto saggiamente
nel denaro, ciò che oggi potremmo definire un limite e una
possibilità. Si presti attenzione,
perché la sfumatura è importante.
Limite,
nel senso di un denaro-fine separato da qualsiasi valore che non sia il possesso
stesso di quantità crescenti di denaro, quindi parliamo di culto del denaro in quanto
tale.
Possibilità, nel senso di un denaro-mezzo quale tramite capace di consentire su criteri di merito economico la selezione e promozione di élite virtuose. Qualcosa insomma capace di andare oltre il denaro
stesso.
Detto
altrimenti: un denaro non buono per se
stesso, ma per la possibilità di garantire, attraverso il perseguimento di una salda posizione economica, quella serenità di giudizio e di neutralità
politica che ha sempre caratterizzato le
élite storicamente più competenti e stabili: dal Senato nella Roma repubblicana, o comunque
in alcuni suoi periodi, al Maggior Consiglio della Serenissima fino alla Serrata; dall’ aristocrazia britannica dell’Ottocento, saggiamente liberoscambista, alla
borghesia francese, tra Luigi Filippo e
Napoleone III. Sono solo piccoli esempi, quindi semplificazioni storiche. Spunti per capire approfondire il concetto.
Qualcuno
si chiederà: allora Trump? Ecco, il
Presidente americano è un esempio di denaro-fine. Come lo sono gli industriali
che si piegarono a Mussolini e Hitler. Per contro imprenditori, solo per fare due nomi, come
Walther Rathenau, Adriano Olivetti, restano esempi (quasi) perfetti di
denaro-mezzo. Su Berlusconi, meglio stendere un velo pietoso.
Ora,
la liberal-democrazia, andando oltre
Guizot e un sistema
economicamente censitario che oggi può apparire anacronistico, deve trarre e ribadire tutta la sua forza nella consapevolezza di un denaro che non sia fine
ma mezzo.
Il che non è facile. Soprattutto nell'irragionevole clima populista in cui siamo tutti immersi, distinto dalla demonizzazione sia del denaro-mezzo sia del denaro-fine. E cosa più grave ancora, segnato dal rifiuto demagogico dello stesso concetto di élite.
Il populismo rischia di favorire i
nemici del liberalismo come della democrazia. Insomma, della liberal-democrazia: dell' Uovo di Colombo.
Carlo Gambescia