giovedì 28 novembre 2019

Liberalismo, democrazia e denaro 
L'Uovo di Colombo

Che le democrazie, attenzione le de-mo-cra-zie,  abbiano una deriva affaristica e demagogica non è una novità, almeno dai tempi di Platone e Aristotele. Nel Novecento Maurras, finito nelle braccia di Hitler, scrisse comunque  pagine  memorabili sul denaro  come  valore democratico egemone a causa della  mancanza  di alcuni fattori fondamentali presenti invece nelle società pre-democratiche: la nascita in una famiglia aristocratica  abituata per rango a governare,  le capacità  militari come segno di virtù guerriere, il carisma religioso  favorito da un religiosità collettiva diffusa.
Il liberalismo moderno,  pur non condividendo la visione reazionaria di Maurras,  non ha ignorato il problema.  Il ceto borghese, come portabandiera del liberalismo, ha laicizzato i valori di cui sopra trasponendoli nell’ambito economico. Facendo del suo meglio  per  promuovere una visione della modernità politica, liberale e democratica al tempo stesso. 
Liberal-democrazia, insomma.  Parrebbe l’uovo di Colombo…  Marshall parlò addirittura del nuovo spirito della cavalleria economica. Schumpeter di nobiltà del lavoro imprenditoriale. Guizot, precedendo Tocqueville  e unitamente a Constant,  propose e praticò la diga censitaria contro il dilagare della  democrazia  basata su un voto che  poteva essere comprato in qualsiasi momento  da masse irriflessive pronte a vendersi al primo offerente.

Guizot, molto prima di Maurras e non in chiave reazionaria, aveva visto saggiamente  nel denaro, ciò che oggi potremmo definire un limite  e una possibilità. Si presti attenzione,  perché la sfumatura è importante.
Limite,  nel senso di  un  denaro-fine  separato da  qualsiasi valore che non sia il possesso stesso di quantità crescenti  di denaro, quindi parliamo di culto del  denaro in quanto tale.   
Possibilità,  nel senso di un denaro-mezzo  quale   tramite capace di consentire  su criteri di merito economico la selezione e promozione di  élite virtuose. Qualcosa  insomma capace di andare oltre il denaro stesso.  
Detto altrimenti:  un denaro non buono per se stesso, ma per la possibilità di garantire, attraverso il perseguimento di  una  salda posizione economica,   quella serenità di giudizio e di neutralità politica che ha sempre  caratterizzato le élite storicamente più competenti e stabili:  dal Senato nella Roma repubblicana, o comunque in alcuni suoi periodi, al Maggior Consiglio della Serenissima fino alla Serrata; dall’ aristocrazia britannica dell’Ottocento, saggiamente liberoscambista, alla borghesia francese,  tra Luigi Filippo e Napoleone III.  Sono solo  piccoli  esempi, quindi semplificazioni storiche.  Spunti per capire  approfondire il concetto.    

Qualcuno si chiederà: allora Trump? Ecco,  il Presidente americano è un esempio di denaro-fine. Come lo sono gli industriali che si piegarono a Mussolini e Hitler. Per contro  imprenditori, solo per fare due nomi, come Walther Rathenau, Adriano Olivetti, restano esempi (quasi) perfetti di denaro-mezzo. Su Berlusconi, meglio stendere un velo pietoso.
Ora, la liberal-democrazia, andando oltre  Guizot  e un sistema economicamente censitario che oggi può apparire  anacronistico, deve  trarre e ribadire  tutta la  sua forza nella consapevolezza di un denaro che non sia fine ma mezzo.  
Il che non è  facile. Soprattutto nell'irragionevole clima populista in cui siamo tutti  immersi,  distinto dalla demonizzazione  sia del denaro-mezzo sia  del  denaro-fine. E cosa più grave ancora, segnato dal rifiuto demagogico dello stesso concetto di élite. 
Il populismo rischia di favorire i nemici del liberalismo come della democrazia. Insomma, della liberal-democrazia: dell' Uovo di Colombo.    

Carlo Gambescia