"Sardine" e politica
Rivoluzionari istituzionalizzati
In
Occidente le “Sardine” non sono che l’ espressione più recente della ribellione romantica che ha affiancato, e in molti casi innervato,
lo sviluppo politico degli ultimi tre secoli.
Si tratti di rivoluzionari,
nazionalisti, fascisti, nazisti, comunisti, partigiani, contestatori, terroristi. sociologicamente parlando, l’idea chiave del romanticismo politico è che
il sistema sia sbagliato, qualunque esso sia, e che si debba ricominciare da
capo. Quale idea migliore, di questa, per chi si trovi all’inizio della vita e nel
pieno delle energie fisiche e morali?
Il
punto interessante è però rappresentato dall’atteggiamento della
società, composta di uomini e donne di tutte le età nei riguardi dei giovani. Per tutto l’Ottocento, grosso modo fino alla
Prima guerra mondiale, i giovani hanno morso il freno.
La
società manteneva i giovani sotto tutela mediante l’uso di rigidi codici di comportamento e inquadramento
sociale. Una borghesia forte, con le sue regole precise, vedeva nel giovane un
elemento da disciplinare, quasi una classe pericolosa, capace di tutto, quindi anche
di grandi errori. Da impedire assolutamente.
Con
le guerre mondiali, e la conseguente mobilitazione di massa, i giovani di ogni
estrazione ruppero gli argini confluendo in quelli delle ideologie forti, in genere antiborghesi. I grandi
partiti di massa, soprattutto se fortemente ideologizzati, filtrarono il
romanticismo politico dei giovani puntando su progetti di
mobilitazione collettiva. Di qui, il
giovanilismo istituzionale, nel senso di un atteggiamento che attribuisce ai
giovani, proprio perché tali, un ruolo
funzionale e istituzionale di rinnovamento.
Pertanto
i giovani nell’età dei totalitarismi si sono ritrovati di colpo al centro della scena.
Un centralità, continuata anche nel
periodo successivo, fino ai giorni
nostri, dove si riconosce ai giovani, come spesso si legge, “il
diritto di sbagliare”, perché portatori di una ventata di passione e libertà che non
può fare male alla società. Anzi.
Pertanto,
secondo tale criterio, le “Sardine” svolgerebbero un ruolo funzionale
di rinnovamento politico, a prescindere. Si noti, come gli adulti non discutano la libertà di contestare, ma critichino la
scelta politica che vi sarebbe dietro. Un
giovane se leghista è buono, se antirazzista no. E viceversa, ovviamente.
In
realtà, coloro che lodano o criticano condividono, tutti, il giovanilismo
romantico in chiave istituzionale e funzionale. Diciamo che in questo modo la società ha istituzionalizzato la
rivolta, se non addirittura la rivoluzione.
Se
nell’Ottocento la si deprecava, attribuendo
ai giovani il solo compito di diventare adulti, pur con correttivi legati all’ottica
del tempo, il Novecento, ha invece istituzionalizzato la ribellione giovanile nel quadro di precise liturgie
politiche che avevano e hanno al centro le piazze.
"Sardine" come “Nuovi Italiani”? Forse per classe di età ma non per il ruolo che
svolgono, che rimanda all'istituzionalizzazione novecentesca.
Ma allora sono utili o inutili? L’istituzionalizzazione
è un fenomeno di routine sociale che attraversa
lo stato democratico come quello totalitario, quindi i giudizi di valore sull’utilità
o meno di un movimento sociale, sociologicamente parlando, rimandano alla sua funzionalità o disfunzionalità dal punto di vista di ciò che
Pareto, chiamava l’equilibrio sociale. Cioè di uno stato sociale che semplificando non rinvii all'idea, di un "mondo migliore" ma a quella, molto realistica, del "migliore dei mondi possibili". Il che richiede criteri di valutazione oggettivi e non soggettivi. Cosa non semplice. Oggettività, sotto quale aspetto? Della statistica economica o delle proiezioni del romanticismo politico? Della realtà o
dei sogni?
La
parola ai lettori.
Carlo Gambescia