Geiger
e Ghezzi
Diritto, società e sociologia
Le
società sono fenomeni organizzativi. Di conseguenza il diritto come regolazione dei rapporti sociali vi svolge un
ruolo fondamentale. Verità lapalissiana. Però fino a un certo punto.
Si pensi a leggi e codici, spesso contrastanti. Ma anche all’idea di diritti naturali, trascendenti la realtà, e perciò fonte di conflitto perché giudicati superiori al diritto positivo racchiuso nelle pandette. E che dire del giudizio civile e penale spesso fonte di sentenze discordanti? E del rapporto tra cultura generazionale e formazione dei giudici? Del concetto di equità in relazione allo sviluppo storico-sociale? E del ruolo di altri operatori, non meno importanti sotto l'aspetto del conflitto tra pratica e scienza, come avvocati e professori di diritto?
Si pensi a leggi e codici, spesso contrastanti. Ma anche all’idea di diritti naturali, trascendenti la realtà, e perciò fonte di conflitto perché giudicati superiori al diritto positivo racchiuso nelle pandette. E che dire del giudizio civile e penale spesso fonte di sentenze discordanti? E del rapporto tra cultura generazionale e formazione dei giudici? Del concetto di equità in relazione allo sviluppo storico-sociale? E del ruolo di altri operatori, non meno importanti sotto l'aspetto del conflitto tra pratica e scienza, come avvocati e professori di diritto?
Sono istituti, figurazioni, credenze che rientrano pienamente nell’ambito della
sociologia del diritto, quale studio delle tumultuose relazioni tra società e
universo giuridico. Materia indubbiamente affascinante che merita un giusto approfondimento, al di là dei confini disciplinari e accademici.
A questo proposito vorremo segnalare tre libri che affrontano l'argomento da un punto di vista alto, che però se letti con attenzione possono rappresentare nell'insieme una buona introduzione alla sociologia del diritto. Non solo, ripetiamo, come sapere accademico ma come terreno di “cultura” più generale. Insomma, volumi che rispondono a questioni che ogni persona curiosa di comprendere i rotismi sociali e giuridici non può trascurare.
A questo proposito vorremo segnalare tre libri che affrontano l'argomento da un punto di vista alto, che però se letti con attenzione possono rappresentare nell'insieme una buona introduzione alla sociologia del diritto. Non solo, ripetiamo, come sapere accademico ma come terreno di “cultura” più generale. Insomma, volumi che rispondono a questioni che ogni persona curiosa di comprendere i rotismi sociali e giuridici non può trascurare.
Non
possiamo non cominciare dall' attesa e meritoria edizione italiana di un classico in
argomento: Theodor Julius Geiger, Studi
preliminari di sociologia del diritto a cura
di Morris Lorenzo Ghezzi, Nicoletta Bersier
Ladavac, Michele Marzulli
(Mimesis/Law Without Law, Milano 2018,
pp. 418). Si tratta di un’opera del
1947 in cui Geiger, scomparso nel 1952 appena sessantenne, compie l’enorme sforzo di tradurre la sociologia del
diritto nei termini della logica simbolica.
Geiger si impegna in un'opera di sistematica rimozione dei valori, paretianamente nemici di ogni buon uso della sociologia, fin dall'impiego analitico delle parole. Di qui tutto il valore di uno studio del rapporto tra diritto e società in termini di neutrali esponenti letterali.
Ecco subito un esempio delle metodologia geigeriana, semplice ma chiaro per tutti: con M si indica il membro di un aggregato sociale, con s una situazione tipica, con g un comportamento tipico, con t un tabù. E così via fino a comporre vere e proprie formule dalla differente complessità. Viene addirittura proposta una rappresentazione formale del colpo di stato.
A scanso di equivoci euristici va però ribadito che l’attenzione di Geiger è sempre rivolta verso la natura sostanziale di un diritto libero da qualsiasi declinazione puramente narrativa. Come osserva Michele Marzulli (autore di una preziosa legenda, pp. 109-119), "le formule riportate da Geiger nel testo (...) non sono altro che rappresentazioni formali di passaggi logici atti alla valutazione dell'effettività delle norme, all'interno delle situazioni che le anticipano e producono" (p.119).
Geiger si impegna in un'opera di sistematica rimozione dei valori, paretianamente nemici di ogni buon uso della sociologia, fin dall'impiego analitico delle parole. Di qui tutto il valore di uno studio del rapporto tra diritto e società in termini di neutrali esponenti letterali.
Ecco subito un esempio delle metodologia geigeriana, semplice ma chiaro per tutti: con M si indica il membro di un aggregato sociale, con s una situazione tipica, con g un comportamento tipico, con t un tabù. E così via fino a comporre vere e proprie formule dalla differente complessità. Viene addirittura proposta una rappresentazione formale del colpo di stato.
A scanso di equivoci euristici va però ribadito che l’attenzione di Geiger è sempre rivolta verso la natura sostanziale di un diritto libero da qualsiasi declinazione puramente narrativa. Come osserva Michele Marzulli (autore di una preziosa legenda, pp. 109-119), "le formule riportate da Geiger nel testo (...) non sono altro che rappresentazioni formali di passaggi logici atti alla valutazione dell'effettività delle norme, all'interno delle situazioni che le anticipano e producono" (p.119).
Ad esempio, nell'analisi di Geiger, comando e obbedienza, sebbene espressi in formule, rimandano sempre a coloro che comandano e obbediscono effettivamente. Insomma, esiste un diritto materiale che secondo Geiger non può mai prescindere dai legami di interdipendenza sociale quali inevitabili effetti di ricaduta di un mondo socialmente stratificato. Del resto, come si può intuire, in Geiger sussiste un fortissimo senso sociologico del diritto, senza però alcuna allusione o evoluzione olista. Il che perciò significa che Geiger non giustifica (e non può essere usato per giustificare) le presenti storture populiste del diritto penale. Dal momento che il diritto, sostanziato sociologicamente, è una cosa, il populismo penale basato sullo stato di natura (hobbesiano o rousseauiano che sia) un'altra.
In conclusione, il lettore non deve preoccuparsi perché una volta compresi i meccanismi logico-simbolici potrà immergersi in un’opera che scarnifica il ruolo sociale del diritto. Niente retorica, solo effettività delle cose, nella loro nudità: siamo, per così dire, al grado zero della sociologia del diritto. Però attenzione: sempre in un contesto intellettuale garantista, senza giudizi definitivi (pessimisti o ottimisti) sulla natura umana. Una sospensione se non addirittura revoca del giudizio antropologico da cui discende l' invito geigeriano a considerare laicamente la "democrazia senza dogmi", come titola un' importante opera postuma (*).
In conclusione, il lettore non deve preoccuparsi perché una volta compresi i meccanismi logico-simbolici potrà immergersi in un’opera che scarnifica il ruolo sociale del diritto. Niente retorica, solo effettività delle cose, nella loro nudità: siamo, per così dire, al grado zero della sociologia del diritto. Però attenzione: sempre in un contesto intellettuale garantista, senza giudizi definitivi (pessimisti o ottimisti) sulla natura umana. Una sospensione se non addirittura revoca del giudizio antropologico da cui discende l' invito geigeriano a considerare laicamente la "democrazia senza dogmi", come titola un' importante opera postuma (*).
La traduzione dell’opera di Geiger, fortemente voluta da Morris L. Ghezzi, scomparso nel 2017, già allievo di Renato Treves, può essere occasione per leggere due suoi lavori ricchi di echi geigeriani. Dove però si scorge la necessità di andare oltre Geiger. Verso il confronto con un diritto che ormai sembra non essere più tale, addirittura privo dei soggetti di riferimento.
Si veda innanzitutto Morris L. Ghezzi, Il diritto come estetica. Epistemologia della conoscenza e della volontà. Il nichilismo/nihilismo del dubbio, prefazione di Emanuele Severino, postfazioni di Agostino Carrino e di Paolo Renner ((Mimesis/Law Without Law, Milano 2016, pp. 146). Esteticità del diritto come dubbio, e consapevolezza del dubbio stesso. Di qui l’artificialità della lotta per il diritto, che pure deve essere… Poiché non è data società senza leggi. Il rapporto tra individuo, diritto e società, nel pensiero dell’autore, sembra ricordare quello di un corda tesa tra due punti che non si scorgono, eppure sono.
Lungo le stesse linee, nell'ambito però di un testo "sulla soglia" che talvolta trafigge il cuore come quando si scorrono le pagine di Simonetta Balboni Ghezzi e Furio S. Ghezzi, si sviluppa un altro lavoro di Ghezzi, Ciò che resta. La rivoluzione del diritto come estetica, a cura di Simonetta Balboni Ghezzi e Furio S. Ghezzi, prefazione di Domenico Mazzullo, introduzione di Giulio Giorello ( Mimesis, Milano 2017, pp. 192). Scrive l’autore:
“Il diritto come estetica, ossia come mera espressione di preferenze individuali e soggettive, non si pone come ideologia, ma come pura descrizione della relatività di qualsiasi valore e della conseguente arbitrarietà dei comportamenti, che ne conseguono. Ossia prende semplicemente atto di ciò che si verifica sia in natura sia nell’organizzazione sociale, la quale si limita solo a occultare la brutalità e le violenze dei comportamenti naturali (…). Il relativismo dei valori e la ferinità della natura mettono seriamente in dubbio ogni dogmatismo comportamentale, pertanto il nichilismo-nihilismo, che ne consegue, non si presenta come una scelta ideologica, ma come constatazione fattuale che, quindi, non può essere demonizzata, se non chiudendo gli occhi di fronte alla realtà e fantasticando intorno a mondi utopici” (p. 44).
Si potrebbe parlare di estetica del fatti sociali: della bellezza esaltante (certo, talvolta tragica) dello studio delle cose sociali per come sono e non per come dovrebbero essere. Il che richiede un atto di cognizione della realtà, come forma che persiste, pur ovviamente nella consapevolezza dell'imprevedibilità del comportamento sociale dell' uomo. E qui si pensi al fenomeno della stratificazione: un vero e proprio basso continuo sociologico, i cui contenuti, o giustificazioni possono però storicamente e imprevedibilmente mutare.
Sul punto si avverte il lascito del nihilismo geigeriano, convinto nemico di qualsiasi narrazione consolatoria o declamatoria. Si pensi al nesso, intuito da Geiger tra diritto e consapevolezza dell'interdipendenza sociale, nesso scorto quale fatto naturale, mai naturalistico.
Sul punto si avverte il lascito del nihilismo geigeriano, convinto nemico di qualsiasi narrazione consolatoria o declamatoria. Si pensi al nesso, intuito da Geiger tra diritto e consapevolezza dell'interdipendenza sociale, nesso scorto quale fatto naturale, mai naturalistico.
Riteniamo però fosse intenzione di Ghezzi andare oltre lo stesso buon uso della logica simbolica e del puro sforzo neutralizzante. Egli probabilmente aveva iniziato un fecondo cammino cognitivo personale. Verso dove, ora, è impossibile sapere. Purtroppo.
Forse possono aiutarci l’intrigante iconografia e i versi a corredo del volume. Anche perché, comunque sia, la poesia, come il dio del Manzoni, atterra e suscita, affanna e consola.
Forse possono aiutarci l’intrigante iconografia e i versi a corredo del volume. Anche perché, comunque sia, la poesia, come il dio del Manzoni, atterra e suscita, affanna e consola.
Carlo Gambescia
(*) Ne scriviamo qui: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2019/07/la-lezione-di-theodor-geiger-democrazia.html