Il liberalismo non è morto…
Manca
un storia del ciclo liberale, o meglio
dei cicli liberali. Ci spieghiamo subito.
Leggevamo
ieri un articolo
dove l’autore recitava il de
profundis del mondo liberal-democratico,
concentrandosi però, non sappiamo se intenzionalmente o meno, solo
sul dopo 1989-1991.
A
suo avviso, il liberalismo, ridotto all’eredità reaganiana-thacheriana, sarebbe in crisi, probabilmente definitiva, a
causa delle sue contraddizioni interne,
frutto di una mancanza di realismo politico, che lo condurrebbe a ignorare
le forze vive e profonde della storia e della politica come la nazione,
la guerra, il mercantilismo.
In
realtà, di cicli liberali veri e propri, all’interno dello sviluppo del moderno
concetto di libertà che risale alle
rivoluzioni inglese, americana e francese, ne abbiamo avuti almeno due, il
primo che va dal 1815 al 1914, il secondo dal 1945 a una data finale ancora da stabilire… Tra i due periodi si incasella
invece il ciclo delle guerra civile
europea, 1914-1945. O se si preferisce il momento totalitario.
In
realtà, cosa è successo nel biennio 1989-1991? Che è si è dissolto come un
castello di carte al soffio del purissimo vento liberale il comunismo
sovietico. E senza alcuna guerra guerreggiata. È bastato il fascino del dolce commercio e
dei suoi benefici effetti di ricaduta sul differenziale di sviluppo tra Occidente e Unione Sovietica.
Dopo
di che, ovviamente, si sono prodotti assestamenti, soprattutto
economici, ma il vento della democrazia liberale,
sebbene con correttivi cesaristi “locali”, oggi soffia anche sulla Russia. Lo stesso
discorso può essere esteso alla Cina, dove il liberalismo si sta facendo largo attraverso
la progressiva apertura al mercato mondiale. Fatto storico, per un mondo da sempre autarchico.
Le stesse Primavere arabe indicano che, nonostante il fondamentalismo, anche quel mondo si muove verso il liberalismo. Seppure lentamente. Il radicalismo islamico può essere letto, per dirla con Toynbee, come una forma di "zelotismo" arrancante dinanzi alla sfida liberale, nonostante alcuni gravi atti terroristici (in primis l’attacco alle Torri Gemelle del 2001).
Le stesse Primavere arabe indicano che, nonostante il fondamentalismo, anche quel mondo si muove verso il liberalismo. Seppure lentamente. Il radicalismo islamico può essere letto, per dirla con Toynbee, come una forma di "zelotismo" arrancante dinanzi alla sfida liberale, nonostante alcuni gravi atti terroristici (in primis l’attacco alle Torri Gemelle del 2001).
La
stessa crisi economica del 2007-2008, amplificata ideologicamente dai nemici della società liberale, non è altro che una crisi di
crescenza legata al consolidamento di un mercato mondiale aperto a tutti. Di
qui però, i pericolosi contraccolpi protezionisti e nazionalisti.
Il
che ci riporta al momento totalitario tra i due cicli liberali (1914-1945). Allora come oggi, i nemici del liberalismo, evocando
rozze e superate tematiche controrivoluzionarie, sparano ad alzo zero contro l’apertura dei mercati,
contro le libertà politiche, civili ed economiche, magnificando i valori
comunitari e collettivistici. Probabilmente,
l’unica differenza tra i movimenti
totalitari di ieri e di oggi è rappresentata dai latecomers del totalitarismo: i movimenti ambientalisti.
Qui
però sorge una domanda: la classe
dirigente liberale è consapevole di
vivere non gli ultimi giorni di Pompei, come vogliono far credere i suoi nemici? Ma di subire una semplice
crisi di crescenza?
Domanda
non banale, perché un problema c'è. Esiste un elemento di possibile crisi, che ritroviamo persino nelle fasi precedenti all’altro momento totalitario (1914-1945). Quale? Si avverte un clima di sfiducia nella forza del proprio operato e dei propri valori. Detto altrimenti, si crede, da parte liberale, che si sia alla fine di un ciclo. Sicché si ignorano,
volutamente o meno, che invece i granai sono pieni di idee vincenti e di mezzi di ogni
genere per farle valere.
Purtroppo,
la società liberale fondata sulla libertà di critica può morire di libertà di
critica. Perché arma i propri nemici.
Che usano contro la società liberale mezzi liberali per instaurare una società
illiberale. O meglio usano le arti di una demagogia basata, come
provano numerose indagini, su malefiche
distorsioni cognitive diffuse a livello di massa. Idee antiliberali che, come dicevamo, sembrano
condizionare le stesse élite liberali.
Il
momento totalitario, tra le due guerre mondiali è lì a dimostrarlo. E oggi, nel mondo dei social e di un’informazione
drogatissima, il pericolo è addirittura superiore.
Di
conseguenza, populismo, protezionismo, nazionalismo, radicalismo religioso e ambientalismo
sono i nemici principali.
Il
liberalismo deve scuotersi e trovare
dentro di sé la forza e il coraggio, che
pure ci sono, per schiacciarli. Prima
che si apra un altro momento totalitario vero e proprio. Del quale si ignorano durata ed esiti. Non è
detto insomma che al secondo ciclo totalitario
possa seguire un terzo ciclo liberale.
L'uomo talvolta alla libertà, di cui teme le responsabilità, preferisce la spensierata servitù. Nessun regime politico è perciò eterno. E la stessa cosa si può dire delle forme culturali. Si
cerchi allora di fare il possibile, visto che i granai sono pieni, per prolungare se non addirittura rilanciare il secondo ciclo liberale.
Carlo Gambescia