Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne
Femministe forti con i deboli e deboli
con i forti?
Ieri non ho voluto scrivere nulla sulla “Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne", che si
celebra su iniziativa dell’Onu da venti
anni. Perché?
Lungi
da me
l’idea di negare un fenomeno, che
esiste. Che però riguarda, stando
almeno ai dati, in via principale le
culture non occidentali. Dove una visione patriarcale del mondo
ostacola, molte volte con la
violenza, l’estensione alle donne dei
diritti più elementari, a cominciare dall’istruzione. Invece in
Occidente (semplificando) la giusta marcia delle donne verso la parità, pur tra ostacoli
economici, sembra ormai precedere speditamente.
Per
quale ragione l'Occidente è in vantaggio? Per la legislazione illuminata? Probabilmente. C’è però dell’altro. Tra Oriente (semplificando) e Occidente c’è una differenza
spesso obliata dall’attivismo femminista
occidentale (semplificando), di regola su posizioni di sinistra. Quale? Semplicissimo, l’Occidente
è la patria della rivoluzione liberale. Il liberalismo nasce “anche” nei salotti delle colte madames del Settecento e dell’Ottocento. E liberalismo significava
e significa parità dei diritti e possibilità per tutti di fare libere scelte. Principi storicamente ignoti fuori dell’Occidente.
Si tratta di una verità oggi volutamente ignorata che spinge l’attivismo femminista a
sottovalutare i meravigliosi risultati che si sono conseguiti in Occidente. Sicché
il famigerato bicchiere delle conquiste viene giudicato dalle femministe sempre mezzo vuoto. Di qui l’ingigantimento
di problemi, come quello della violenza sulle donne, che pure sussistono, ma
che se commisurati alla triste condizione della donna fuori dell’Occidente, assumono valore lillipuziano.
Non voglio sostenere che l’iniziativa dell’Onu sia sbagliata. Tutt’altro. Ma il male, il vero male è altrove. Dove il vento delle grandi rivoluzioni liberali non è mai giunto per ragioni culturali, religiose, sociali. E non certo in Occidente, patria del liberalismo.
Non voglio sostenere che l’iniziativa dell’Onu sia sbagliata. Tutt’altro. Ma il male, il vero male è altrove. Dove il vento delle grandi rivoluzioni liberali non è mai giunto per ragioni culturali, religiose, sociali. E non certo in Occidente, patria del liberalismo.
L’enfatizzazione
delle femministe occidentali nasce perciò da un mutamento di prospettiva che da liberale si è fatta nel tempo welfarista.
Il
termine liberal - di derivazione
statunitense - che spesso viene usato per designare le varie anime del femminismo
non ha nulla a che fare con liberalismo. Il liberal, a differenza del liberale,
ritiene che sia possibile cambiare le
cose dall’alto e che cambiando le
istituzioni (anche culturali), automaticamente muteranno anche gli uomini e le donne. Di qui, la necessità di introdurre leggi per
obbligare uomini e donne a essere liberi. Il liberal nella migliore delle ipotesi è un liberal-socialista, un liberale macro-archico. Il liberal vuole che l'altro si converta leggendo e rileggendo il vangelo del welfare state. Ma la welfarizzazione - ammesso e non concesso che funzioni - implica uno sviluppo politico ed economico, che a sua volta rinvia alla grande rivoluzione liberale. Non liberal-socialista. Il liberal, nella sua visione sindacalizzata e terapeutica, e in fondo pacificata della società, ignora che spesso il cambiamento culturale avanza sulla punta delle spade. Che c'è violenza e violenza... Ovviamente i casi di violenza sulle donne in Occidente, sono ingiustificati. Ci mancherebbe altro.
Tuttavia, il punto è altro. Per farla breve: difficilmente talebani e fondamentalisti islamici faranno un passo indietro grazie a un mix di psicofarmaci, tisane e discriminazione positiva.
Tuttavia, il punto è altro. Per farla breve: difficilmente talebani e fondamentalisti islamici faranno un passo indietro grazie a un mix di psicofarmaci, tisane e discriminazione positiva.
La cosa curiosa è che mentre in Occidente siamo ormai alla saturazione welfarista, già infatti si scorgono i primi truci segnali di
reazione alla retorica femminista, in
Oriente non si è neppure agli inizi.
Pertanto
sarebbe necessario "spostare l’attenzione".
Ma, come avrebbe detto Stalin, quante divisioni hanno le femministe? E se le
avessero le userebbero? O si accontentano di vincere facile in
Occidente grazie alla storica vittoria di un liberalismo che oggi disprezzano? Insomma, femministe forti con i deboli e deboli
con i forti?
Carlo Gambescia