lunedì 18 novembre 2019

Liberilibri pubblica l’importante opera di   Jonah Goldberg  
 Occidente tra Miracolo e Suicidio…   


Esistono in Italia  intellettuali in grado di scrivere un  libro come quello di   Jonah Goldberg, uscito l’anno scorso negli Stati Uniti?  E meritoriamente tradotto da Liberilibri?  No. Perché da noi  manca, a parte rare eccezioni, qualsiasi volontà di difendere il capitalismo e il liberalismo.
Un vuoto che si ripercuote sull'inveterata  forma mentis, sostanzialmente romantica, ma occasionalista, dell’intellettuale italiano, portato a difendere un’idea di società chiusa, anche quando si dichiari  progressista. 
In Italia si  deifica  lo stato, e non a vuoto  ma  tra il consenso e gli applausi interessati  dei cittadini. Del resto qual è la frase più comune anche quando cade  un vaso dal balcone? La risposta è  semplice:  “ Lo Stato dov’era?”.        
Ma torniamo al nostro argomento.   Di quale  volume parliamo? E chi è Jonah Goldberg? 
Goldberg è professore  all’American Enterprise Institute e caporedattore della “National Review” (*). Dunque un conservatore,  liberale ma  contrario a Trump. E di conseguenza  neppure vicino all’ universo liberal incarnato da politici come Barack  Obama, e un paio di gradini sotto, Hillary Clinton. Per non parlare dei socialisti, o quasi,  come Bernie Sanders.
Il titolo del suo libro - ben prefato da Armando Massarenti e tradotto assai bene da Sabina Addamiano -  è tutto un programma:  Miracolo e Suicidio dell’occidente. Come la rinascita di tribalismo, populismo, nazionalismo e politica dell’identità  sta distruggendo la democrazia liberale (**).
Il Miracolo (con la maiuscola)  è nella nascita e sviluppo,  negli ultimi trecento anni del “capitalismo liberale”. E, attenzione,  in un mondo  governato in modo autoritario se non totalitario per millenni.  Si parla  di un sistema di libertà politiche, civili ed economiche  che “funziona” e che  ha decisamente cambiato, migliorandole, e di molto,  le condizioni di vita degli uomini. 
Il Suicidio (sempre con la maiuscola),  è nel non voler  capire  che l’esperimento liberale di società aperta,  unico nel suo genere, rischia la dissoluzione, perché preso d’assalto, da una sorta di nostalgia romantica per la società chiusa, insita, quasi carnalmente,  in uomini  vissuti almeno per seimila anni  nel mito di un potere assoluto e paterno.  Goldberg (nella foto), ne parla come di una “ruggine”, quella del richiamo della giungla, sempre pronta ad aggredire il sottile  tessuto civile, fiorito negli ultimi tre secoli.  

L’opera, ottimamente divisa in tre parti,  nella prima si concentra sull’analisi della natura umana, ossia sul carattere artificiale, positivamente artificialmente,  della civiltà, come  forma di controllo degli istinti dissolutivi insiti nell’uomo. Siamo agli antipodi, tanto per fare  nomi famosi,  di Freud e soprattutto Marcuse.
Nella seconda, si diffonde sulla nascita, in fondo misteriosa,  del capitalismo in Occidente: il “Miracolo” per l’appunto.  Goldberg riprendendo in qualche misura  la tesi  hayekiana dell’ordine spontaneo, generato da milioni di interazioni individuali  apparentemente prive di finalità collettive. Egli però  affianca  alla maestria di Hayek,  quella  altrettanto grande  di Schumpeter, facendo tesoro, della sua tesi sulla  dinamica  capitalista, come distruzione creatrice. Distruttrice tuttavia anche di legami sociali fondamentali, quale tessuto che tiene insieme uomini e cose.  Di qui, contro la burocratizzazione,  il ruolo della società civile, che Goldberg, sulla scia di Tocqueville, reputa essenziale.  Proprio  per evitare  quella atomizzazione che facilita il compito dei nemici della liberal-democrazia.
A costoro, e al loro  preoccupante riemergere, è dedicata la terza parte, dove sono affrontati i pericoli del tribalismo (o nazionalismo),  del romanticismo politico e  del populismo.  Fenomeni che sono il portato  di  quel vuoto sociale  che processi economici, fondamentali per la crescita,  possono però causare  in assenza di una società civile che non riesca  a  stare al passo con la dinamica capitalistica della distruzione creatrice.

Sicché l’individuo, finisce per ritrovarsi, implorante,  al cospetto  di   uno stato  onnipotente, che promette ciò che non potrà mantenere, perché nemico delle libertà economiche e civili, quindi delle uniche  forze culturali che possono favorire la  produzione  di reddito.
Ora, secondo Goldberg, non capire o ignorare la dinamica accentratrice dello stato, che non può surrogare la società civile, significa  sospingere al  Suicidio  l’esperimento liberale.
Soprattutto nella terza parte, forse la più americana del libro, Goldberg affronta le questioni dell’ascesa delle politiche identitarie, del politicamente corretto, dell’economia  pubblica, che dividono e tagliano in due la società statunitense, producendo fenomeni politici, uguali e contrari, come  Sanders da una parte e Trump dall’altra.  Siamo al cospetto di romantici della politica, che attribuiscono allo stato, imbarbarendo il dibattito pubblico, poteri onnipotenti, ignorando la sovranità della  legge e della costituzione,  interpretate secondo gli interessi politici del momento.
Il tema della società civile sembra perciò giustamente assorbire l'interesse dell'autore:  dal ruolo centrale della famiglia, come primo fattore di socializzazione,  a quello di una cultura delle istituzioni, dalle università alle imprese, in grado di creare una specie di zona franca, libera e produttiva di senso,  tra cittadino e stato, restringendo così meritoriamente il ruolo di quest’ultimo.  Sono forse queste le pagine più belle e appassionate dell’intero libro. Ma lasciamo la parola Goldberg:

“La mia tesi è che il capitalismo e la democrazia sono innaturali. Ci siamo imbattuti  in essi un istante fa, nel corso  di un processo fatto di tentativi ed errori ma anche di cieca fortuna, contingenza e casualità. Il sistema di mercato dipende dai valori borghesi, cioè principi, idee abitudini e sentimenti che tale sistema non ha creato, e che non può ristabilire una volta che siano andati perduti. Questi valori possono essere trasmessi solo in due modi: mostrando o raccontandoli, vale a dire modellando i comportamenti corretti e formando le persone, con parole e immagini, a capire cosa assomigli a un comportamento corretto. Le istituzioni, e non lo stato, sono i meccanismi principali che consentono di comunicare e apprezzare tali valori. Inoltre la modernità stessa richiede che i cittadini abbiano forme di fedeltà distinte e diversificate. Una di queste è la fedeltà a se stessi: tutti noi abbiamo il diritto di perseguire la felicità così come la concepiamo. Ma altre includono la fedeltà alla famiglia, agli amici alla fede religiosa, alla comunità al lavoro, etc. I nostri problemi   odierni possono essere ricondotti al fatto che non proviamo più gratitudine per il Miracolo e per le istituzioni e le consuetudini che lo hanno reso possibile. Dove manca la gratitudine - e dove manca lo sforzo che la gratitudine implica -  si riversano tutti i risentimenti e le ostilità. ” (p. 240).

Sicché, nell’indifferenza, quale effetto di ricaduta dell’ingratitudine, torna  a affacciarsi “la ruggine della natura umana”…
L’approccio  realista di Goldberg, in particolare sul carattere residuale della natura umana,  ricorda quello di  Pareto (mai citato, così sembra, dall’autore).
Nelle prime  pagine infatti egli sottolinea che la sua analisi prescinderà da dio (“In questo  libro dio non c’è”), nella conclusione  però, forse memore del famoso  detto di Dostoevskij,  invita ad agire, come se dio ci vedesse…  Insomma, la tesi è quella classica della religione come forma di controllo sociale. Ma per così dire,  rispetto a Pareto. con un supplemento di motivazione protestante, nel senso, come  scrive Goldberg, che

“la teoria  secondo cui il capitalismo  è emerso dal protestantesimo  potrebbe non spiegare tutto, ma spiega molto: credere che Dio non solo  ci veda, ma abbia grandi aspettative nei nostri confronti crea un certo tipo di società. Credere di ottenere ‘like’ su Facebook, Twitter, Instagram o Snapchat (…) crea indubbiamente un altro tipo di individui e di  società.” (p. 316).

Goldberg, come  un Pareto che abbia letto e condiviso Max Weber? Probabile.  In Italia, non abbiamo letto, o letto male, o se si preferisce letto e subito dimenticato il  primo come il secondo.  Ben vengano dunque libri come questo. Anche un ripassino non può far male...

Carlo Gambescia           

(*) Qui il suo profilo ufficiale:  https://www.aei.org/profile/jonah-goldberg/

(**) Qui le informazioni editoriali:    https://www.liberilibri.it/index.php/prodotto/miracolo-e-suicidio