Liberilibri pubblica l’importante opera
di Jonah Goldberg
Occidente tra Miracolo e Suicidio…
Esistono
in Italia intellettuali in grado di
scrivere un libro come quello di Jonah Goldberg, uscito l’anno scorso negli
Stati Uniti? E meritoriamente tradotto da Liberilibri? No. Perché da noi manca, a parte rare eccezioni, qualsiasi volontà di difendere il capitalismo e il
liberalismo.
Un vuoto che si ripercuote sull'inveterata forma mentis,
sostanzialmente romantica, ma occasionalista, dell’intellettuale italiano,
portato a difendere un’idea di società chiusa, anche quando si dichiari progressista.
In Italia si deifica lo stato, e non a vuoto ma tra il consenso e gli applausi interessati dei cittadini. Del resto qual è la frase più
comune anche quando cade un
vaso dal balcone? La risposta è semplice:
“ Lo Stato dov’era?”.
Ma
torniamo al nostro argomento. Di quale volume parliamo? E chi è Jonah Goldberg?
Goldberg
è professore all’American Enterprise Institute
e caporedattore della “National Review” (*). Dunque un conservatore, liberale ma contrario a Trump. E di conseguenza neppure vicino all’
universo liberal incarnato da politici
come Barack Obama, e un paio di gradini
sotto, Hillary Clinton. Per non parlare dei socialisti, o quasi, come Bernie Sanders.
Il
titolo del suo libro - ben prefato da Armando Massarenti e tradotto assai bene da Sabina Addamiano - è
tutto un programma: Miracolo e Suicidio
dell’occidente. Come la rinascita di
tribalismo, populismo, nazionalismo e politica dell’identità sta distruggendo la democrazia liberale (**).
Il
Miracolo (con la maiuscola) è nella
nascita e sviluppo, negli ultimi
trecento anni del “capitalismo liberale”. E, attenzione, in un mondo
governato in modo autoritario se non totalitario per millenni. Si parla di un sistema di libertà politiche, civili ed
economiche che “funziona” e che ha decisamente cambiato, migliorandole, e di
molto, le condizioni di vita degli
uomini.
Il
Suicidio (sempre con la maiuscola), è
nel non voler capire che l’esperimento
liberale di società aperta, unico nel
suo genere, rischia la dissoluzione, perché preso d’assalto, da una sorta di
nostalgia romantica per la società chiusa, insita, quasi carnalmente, in uomini
vissuti almeno per seimila anni
nel mito di un potere assoluto e paterno. Goldberg (nella foto), ne parla come di una “ruggine”,
quella del richiamo della giungla, sempre pronta ad aggredire il sottile tessuto civile, fiorito negli ultimi tre
secoli.
L’opera,
ottimamente divisa in tre parti, nella
prima si concentra sull’analisi della natura umana, ossia sul carattere
artificiale, positivamente artificialmente,
della civiltà, come forma di
controllo degli istinti dissolutivi insiti nell’uomo. Siamo agli antipodi,
tanto per fare nomi famosi, di Freud e soprattutto Marcuse.
Nella
seconda, si diffonde sulla nascita, in fondo misteriosa, del capitalismo in Occidente: il “Miracolo”
per l’appunto. Goldberg riprendendo in
qualche misura la tesi hayekiana dell’ordine spontaneo, generato da
milioni di interazioni individuali apparentemente prive di finalità
collettive. Egli però affianca alla maestria di Hayek, quella
altrettanto grande di Schumpeter,
facendo tesoro, della sua tesi sulla
dinamica capitalista, come
distruzione creatrice. Distruttrice tuttavia anche di legami sociali
fondamentali, quale tessuto che tiene insieme uomini e cose. Di qui, contro la burocratizzazione, il ruolo della società civile, che
Goldberg, sulla scia di Tocqueville, reputa essenziale. Proprio per evitare quella atomizzazione che
facilita il compito dei nemici della liberal-democrazia.
A costoro, e al loro preoccupante riemergere, è dedicata la terza parte, dove sono affrontati i pericoli del tribalismo (o nazionalismo), del romanticismo politico e del populismo. Fenomeni che sono il portato di quel vuoto sociale che processi economici, fondamentali per la crescita, possono però causare in assenza di una società civile che non riesca a stare al passo con la dinamica capitalistica della distruzione creatrice.
A costoro, e al loro preoccupante riemergere, è dedicata la terza parte, dove sono affrontati i pericoli del tribalismo (o nazionalismo), del romanticismo politico e del populismo. Fenomeni che sono il portato di quel vuoto sociale che processi economici, fondamentali per la crescita, possono però causare in assenza di una società civile che non riesca a stare al passo con la dinamica capitalistica della distruzione creatrice.
Sicché
l’individuo, finisce per ritrovarsi, implorante, al cospetto
di uno stato onnipotente, che promette ciò che
non potrà mantenere, perché nemico delle libertà economiche e civili, quindi
delle uniche forze culturali che possono favorire la
produzione di reddito.
Ora,
secondo Goldberg, non capire o ignorare la dinamica accentratrice dello stato,
che non può surrogare la società civile, significa sospingere al Suicidio
l’esperimento liberale.
Soprattutto
nella terza parte, forse la più americana del libro, Goldberg affronta le
questioni dell’ascesa delle politiche identitarie, del politicamente corretto,
dell’economia pubblica, che dividono e
tagliano in due la società statunitense, producendo fenomeni politici, uguali e
contrari, come Sanders da una parte e
Trump dall’altra. Siamo al cospetto di romantici della politica, che attribuiscono allo stato, imbarbarendo il dibattito pubblico, poteri onnipotenti, ignorando la sovranità
della legge e della costituzione, interpretate secondo gli interessi politici del momento.
Il
tema della società civile sembra perciò giustamente assorbire l'interesse dell'autore: dal ruolo centrale della famiglia, come primo
fattore di socializzazione, a quello di
una cultura delle istituzioni, dalle università alle imprese, in grado di
creare una specie di zona franca, libera e produttiva di senso, tra cittadino e stato, restringendo così meritoriamente il ruolo
di quest’ultimo. Sono forse queste le pagine più belle e
appassionate dell’intero libro. Ma lasciamo la parola Goldberg:
“La
mia tesi è che il capitalismo e la democrazia sono innaturali. Ci siamo
imbattuti in essi un istante fa, nel
corso di un processo fatto di tentativi
ed errori ma anche di cieca fortuna, contingenza e casualità. Il sistema di
mercato dipende dai valori borghesi, cioè principi, idee abitudini e sentimenti
che tale sistema non ha creato, e che non può ristabilire una volta che siano
andati perduti. Questi valori possono essere trasmessi solo in due modi:
mostrando o raccontandoli, vale a dire modellando i comportamenti corretti e
formando le persone, con parole e immagini, a capire cosa assomigli a un
comportamento corretto. Le istituzioni, e non lo stato, sono i meccanismi
principali che consentono di comunicare e apprezzare tali valori. Inoltre la
modernità stessa richiede che i cittadini abbiano forme di fedeltà distinte e
diversificate. Una di queste è la fedeltà a se stessi: tutti noi abbiamo il
diritto di perseguire la felicità così come la concepiamo. Ma altre includono
la fedeltà alla famiglia, agli amici alla fede religiosa, alla comunità al
lavoro, etc. I nostri problemi odierni possono essere ricondotti al fatto che
non proviamo più gratitudine per il Miracolo e per le istituzioni e le
consuetudini che lo hanno reso possibile. Dove manca la gratitudine - e dove
manca lo sforzo che la gratitudine implica -
si riversano tutti i risentimenti e le ostilità. ” (p. 240).
Sicché,
nell’indifferenza, quale effetto di ricaduta dell’ingratitudine, torna a affacciarsi “la ruggine della natura
umana”…
L’approccio realista di Goldberg, in particolare sul
carattere residuale della natura umana,
ricorda quello di Pareto (mai
citato, così sembra, dall’autore).
Nelle prime pagine infatti egli sottolinea che la sua analisi prescinderà da dio (“In questo libro dio non c’è”), nella conclusione però, forse memore del famoso detto di Dostoevskij, invita ad agire, come se dio ci vedesse… Insomma, la tesi è quella classica della religione come forma di controllo sociale. Ma per così dire, rispetto a Pareto. con un supplemento di motivazione protestante, nel senso, come scrive Goldberg, che
Nelle prime pagine infatti egli sottolinea che la sua analisi prescinderà da dio (“In questo libro dio non c’è”), nella conclusione però, forse memore del famoso detto di Dostoevskij, invita ad agire, come se dio ci vedesse… Insomma, la tesi è quella classica della religione come forma di controllo sociale. Ma per così dire, rispetto a Pareto. con un supplemento di motivazione protestante, nel senso, come scrive Goldberg, che
“la
teoria secondo cui il capitalismo è emerso dal protestantesimo potrebbe non spiegare tutto, ma spiega molto:
credere che Dio non solo ci veda, ma
abbia grandi aspettative nei nostri confronti crea un certo tipo di società. Credere
di ottenere ‘like’ su Facebook, Twitter, Instagram o Snapchat (…) crea
indubbiamente un altro tipo di individui e di società.” (p. 316).
Goldberg,
come un Pareto che abbia letto e
condiviso Max Weber? Probabile. In
Italia, non abbiamo letto, o letto male, o se si preferisce letto e subito dimenticato
il primo come il secondo. Ben vengano
dunque libri come questo. Anche un ripassino non può far male...
Carlo Gambescia
(*)
Qui il suo profilo ufficiale: https://www.aei.org/profile/jonah-goldberg/
(**) Qui le informazioni editoriali: https://www.liberilibri.it/index.php/prodotto/miracolo-e-suicidio