Non di solo Schengen
Fonte: http://www.buongiornoslovacchia.sk/index.php/archives/52083 |
La
polemica su Schengen non è che l’ultima
della serie. Quindi non entriamo nel merito. Del resto, ormai è di moda parlare male dell’
Europa e delle sue istituzioni politiche ed economiche. In effetti, dopo decenni
di retorica europeista e costo zero, con l’introduzione dell’Euro e dei successivi pacchetti di regole sui bilanci nazionali le
cose si sono complicate, anche a causa della lunga crisi economica che stiamo attraversando.
E
così si è perso di vista il senso concreto del processo di unificazione europea:
quello di andare oltre l’esperienza della guerra civile europea che ha insanguinato
la prima metà del Novecento. Europa unita,
come sinonimo di mai più conflitti armati fra gli stati europei. Ecco il senso profondo, ma come dire, politico, reale, dell’unificazione europea. Insomma, non è necessario andare troppo lontano.
Ovviamente, non si può essere d’accordo sul percorso,
anche se era (ed è) inevitabile, come in
ogni processo di unificazione, che lo sviluppo politico tendesse a localizzarsi
intorno allo stato e agli stati più potenti.
Come non può piacere il taglio
paternalistico, tipico di una cultura cristiano-sociale e socialista (dove lo stato prevede e provvede e il cittadino
tende la mano), di cui sono portatrici le classi dirigenti europee del
dopoguerra. Come, può non convincere l’approccio verticista ed economicista ( pendant
del paternalismo di cui sopra) a ogni
questione, anche politica, in voga a Bruxelles.
Siamo d'accordo su tutte queste critiche... Va però detto che, probabilmente, tra i politici e gli intellettuali, sono stati (e restano) in pochi a credere veramente nell’unificazione europea. Molti hanno finto, molti altri hanno seguito la corrente pro-europea come ora seguono quella contro-europea. Molti altri ancora sono rimasti alla finestra. E, magari, ora pontificano contro l’Unione Europea. I cuori puri, veramente puri, sono pochi.
Siamo d'accordo su tutte queste critiche... Va però detto che, probabilmente, tra i politici e gli intellettuali, sono stati (e restano) in pochi a credere veramente nell’unificazione europea. Molti hanno finto, molti altri hanno seguito la corrente pro-europea come ora seguono quella contro-europea. Molti altri ancora sono rimasti alla finestra. E, magari, ora pontificano contro l’Unione Europea. I cuori puri, veramente puri, sono pochi.
Certo,
si può sempre tornare indietro, in nome di un furbo evergreen: la sovranità dei popoli, che però in pratica, significa: zero vincoli di bilancio, svalutazioni competitive, assistenzialismo a gogò, inflazione a due cifre e fuga di capitali… In
economia - a meno che non si faccia una scelta autarchica tipo vecchia Albania,
con i risultati che tutti conosciamo - non esistono scorciatoie: i
mercati sono collegati e tutti dipendono da tutti. E i più i forti, inevitabilmente, fanno la parte del leone. Però
i piccoli, per così dire, possono crescere, soprattutto se si uniscono, fino a
formare blocchi geopolitici. Ovviamente, non chiusi ma
aperti al commercio e allo scambio, però da posizioni consolidate. E questo
potrebbe essere l’altro senso profondo, economico, dell’unificazione europea. Anch'esso, reale. Quindi, senza dover volare troppo alto.
E invece si parla male dell’unificazione,
ignorando che è il decadimento del suo senso concreto a
provocare il decadimento europeo.
Resta così difficile capire tutto questo? Pare proprio di sì.
Resta così difficile capire tutto questo? Pare proprio di sì.
Carlo Gambescia
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