Luoghi comuni ( della politica)
Lo ha detto la Costituzione !
Ma mi
faccia il piacere…”
Seguivamo
ieri un dibattito politico, dove un interlocutore, per chiudere la
bocca all’altro, gli sparava in faccia: “È scritto nella nostra Costituzione”. Ora, argomenti di questo genere, sociologicamente, lasciano il tempo
che trovano. Facciamo un esempio: se
invece della Costituzione italiana, in altra discussione, ci si riferisse alla costituzione
portoghese dei tempi di Salazar, un fior
di conservatore, per alcuni addrittura un fascista,
la si potrebbe difendere con la stessa passione? Sì e no. Si, se si crede
nei valori che una certa carta
costituzionale incarna - quella salazariana, italiana eccetera - no se li si rifiuta.
Insomma la parola, per così dire, sociologicamente magica, è "credenza". Pertanto, dire “è scritto nella nostra Costituzione” è un argomento politico come un altro: vale per coloro che vi credono. E può essere usato, per conquistare coloro che non vi credono, alla stregua di un qualsiasi altro programma elettorale. Con una differenza piuttosto rilevante però. Che, dal momento che politica e forza vanno sempre insieme, in assenza di un libero consenso, ecco che, anche la costituzione più democratica del mondo, implica, per farsi ubbidire - certo, in ultima istanza - il ricorso a polizia e carabinieri. Detto diversamente:la costituzione è una
legge fondamentale mentre un programma politico è qualcosa di meno vincolante e quindi
pericoloso, finché non si trasforma in leggi approvate dal Parlamento. Quindi credere troppo nei principi, spesso astratti perché programmatici, racchiusi in una costituzione può essere pericoloso. Tra l'altro, della nostra
Costituzione, quando si dice il caso, si è sempre decantato proprio il "valore programmatico"…
Prendendo, furbamente e politicamente, se ci passa l’espressione, due piccioni
con un fava: uno, tentare di accontentare tutti i partiti o quasi, grazie a
una indeterminatezza di contenuti tipica di ogni programma politico; due, instillare nella mente dei cittadini l’idea giacobina che ogni costituzione , come nella fase più acuta della
Rivoluzione francese, sia una specie di sega elettrica con la quale si può modellare la siepe-Italia a piacimento… Insomma, che tutto era ed è possibile, anche cambiare gli italiani, se serve - pardon per la caduta di stile - a mazzate. A Parigi, si usava la ghigliottina, ma
questa è un’altra storia…
Insomma la parola, per così dire, sociologicamente magica, è "credenza". Pertanto, dire “è scritto nella nostra Costituzione” è un argomento politico come un altro: vale per coloro che vi credono. E può essere usato, per conquistare coloro che non vi credono, alla stregua di un qualsiasi altro programma elettorale. Con una differenza piuttosto rilevante però. Che, dal momento che politica e forza vanno sempre insieme, in assenza di un libero consenso, ecco che, anche la costituzione più democratica del mondo, implica, per farsi ubbidire - certo, in ultima istanza - il ricorso a polizia e carabinieri. Detto diversamente:
Poi,
per tornare a noi, non è stato così, e
non poteva non essere così: per la questione, come dicevamo, che non tutti si
riconoscono eccetera, eccetera. Però l’idea
giacobina della sega elettrica, continua a colpire l’immaginario dei facinorosi
di qualsiasi colore politico.
Cosa
significa tutto questo? Che la politica è consenso ma anche forza. Forza che si
nasconde, anche dietro i valori più nobili. Anche quelli della “Costituzione
più bella del mondo”, come asserisce l’attore Benigni, interpretando però i
desiderata degli orfani di un Berlinguer, certo sempre meno trinariciuti dei brigatisti. Ma scontentando tutti
gli altri, comunisti e non. Ad esempio,
un ultracomunista come Toni Negri, nella Costituzione italiana, scorge vergognosi contenuti tipici di certo riformismo piccolo borghese di stampo socialdemocratico. Per contro liberali e conservatori, vi vedono pericolosi
elementi di socialismo se non di comunismo. Per non parlare dei neo-fascisti, un tempo pesantemente
minacciati di scioglimento. Punti di vista, molto diversi, insomma. Credenze, come dicevamo. E potremmo
continuare.
Allora,
politica senza principi (costituzionali)? No, ma con juicio, senza enfatizzazioni giacobine.
Carlo Gambescia
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