Berlusleaks
di Teodoro Klitsche de la Grange
La vicenda delle intercettazioni U.S.A. ai leaders europei (Berlusconi compreso) prova come il
popolo (italiano) sia tenuto in una profonda ingenuità dalla propria classe
dirigente come dai mezzi di comunicazione di massa.
La reazione generale (esternata) è stata di sdegno perché gli U.S.A. si sarebbero permessi di intercettare (inaudito!!), con l’aggravante di farlo a carico del governo di uno “Stato alleato”; per cui tanto sdegno dovrebbe concretizzarsi in una Commissione parlamentare d’inchiesta (che paura!). Ben ha risposto Luttwak su un giornale italiano che lo spionaggio è normale tra Stati e comprende sia quelli ostili che gli alleati. Che poi di alleanza, intesa come rapporto da pari a pari, occorre parlare in modo per così dire elastico, data la storia recente da Cassibile in poi.
L’altra considerazione è sul contenuto delle conversazioni intercettate, che conforterebbero la tesi, peraltro altrimenti fondata, che la caduta dell’ultimo governo Berlusconi sarebbe stata propiziata da una congiura tra alcuni politici italiani (in posizione subordinata, come sempre) e stranieri. E che c’è di nuovo? Che la maggior parte di tali manovre siano realizzate tra un mandante estero e degli esecutori interni e che ciò avvenga in particolare in un paese come l’Italia è cosa nota. L’inciucio con lo straniero forte è stata una delle costanti della storia italiana, non solo di quella recente. Da Svarto a Maramaldo, dai Gonzaga del Rinascimento ai Giacobini del 1799 è tutto un pullulare di italiani disposti per togliersi il padrone di casa ad aiutarne uno di fuori.
E neanche desta sorpresa che pare sia stato sostenuto, come la crisi del 2011 fu dovuta all’enorme debito pubblico italiano propiziato da Berlusconi e che (tra le righe) l’ “aiuto fraterno” franco-tedesco fu doveroso e nell’interesse dell’Italia (ma soprattutto dei vari Svarto al caviale).
Il seguito della storia dimostra che non è così: il debito pubblico italiano ha continuato trionfalmente a crescere, malgrado loden e “compiti a casa”, come il reddito nazionale e l’occupazione a decrescere. E il tutto è coerente alle premesse: è chiaro che i leaders delle potenze “fraterne” non hanno fatto altro che il loro dovere, come quello di qualsiasi governante responsabile (verso il proprio popolo): di far gestire l’Italia da qualcuno che facesse meno gli interessi del popolo italiano che dei loro. Anche perché diversamente da quello appioppato agli italiani, non eletto e quindi responsabile verso chi l’aveva “nominato”, Sarkozy e la Merkel lo sono verso coloro che li hanno eletti. Anche qui niente di cui la teoria politica e la dottrina dello Stato, da Machiavelli a Meinecke, non ci abbia avvertito.
Solo che diversamente dalle conclusioni, che ne avrebbe tratto qualche articolista, a tutto disdoro del cavaliere (bancarottiere presunto e puttaniere intemerato), c’è il caso, ad applicare criteri realistici, che il tutto giovi all’immagine (e al giudizio sul) cavaliere.
Infatti la vide lunga Vittorio Emanuele Orlando quando, alla Costituente, disse che votare il trattato di pace significava rinuncia all’indipendenza e all’onore della Patria, indotta da una “cupidigia di servilità”. Servilità che sarebbe stata poi il carattere dominante dei (futuri) governanti del Bel Paese. Ai quali perciò i governanti stranieri sono stati prodighi di elogi. Tranne che a qualcuno, tra i quali, a questo punto, bisogna includere Berlusconi: per il quale, se ne deduce, la causa di così poca considerazione (dei governanti esteri) è di essere più attento agli interessi del popolo italiano e perciò risultare più scomodo (agli alleati). E forse persino meno servile di tanti altri. Sarà, ma alla lunga i giudizi (e i celebri sorrisetti ironici) della Merkel e di Sarkozy, gioveranno alla reputazione del cavaliere più di mille articoli di ingiurie e disprezzo (telecomandato). Varranno assai più delle cose che ha fatto e persino di quelle che non ha fatto.
Teodoro Klitsche de la Grange
Teodoro
Klitsche de la Grange è avvocato,
giurista, direttore del trimestrale di cultura politica “Behemoth" (
http://www.behemoth.it/ ). Tra
i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di
Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia
della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va
lo Stato? (2009), Funzionarismo (2013).
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