In margine all'intervista concessa da Antonio Caracciolo a
Giovanna Canzano
M5S?
Giacobini, solo Giacobini…
Ebbene sì, non credo nell' evoluzione
democratica del M5S. A mio avviso si tratta di una specie di malato terminale, pieno zeppo di metastasi anti-liberali. Giacobini famelici adoratori della ghigliottina. Un partito irrecuperabile alla liberal-democrazia. E dunque pericoloso.
Le mie sono parole molto dure. La metafora ippocratica, forse ripugnante. Parole, insomma, che possono ferire. Ma così stanno le cose. Del resto, oltre a una certa esperienza di
vita, ho sulle spalle troppi libri,
studi e letture sociologiche per cambiare idea su un partito che celebra tanto
la libertà per poi inevitabilmente avvilirla, se non cancellarla, al suo interno.
Inevitabilmente. Sì proprio così. Un passo indietro. Perché il M5S
dovrebbe essere “diverso”? In fondo, siamo davanti a una regolarità o costante
della politica, studiata a fondo da Roberto Michels, più di cento anni fa: il controllo
dei pochi sui molti è implicito nella natura organizzativa dei fenomeni
politici. Dove c’è organizzazione, c’è una élite che presiede all’ organizzazione, e che quindi finisce sempre per differenziarsi, per stile,
abitudini, qualità. E predominare.
Eliminare alla radice qualsiasi forma di organizzazione politica,
come propugnano gli anarchici (le cui critiche però non sono mai banali), è perciò impossibile, se non regredendo al povero livello di una società di cacciatori-pescatori-raccoglitori (ma
anche lì nascerebbero capi naturali,
come è nel normale ordine delle cose sociologiche, e via da capo…).
Pertanto quale può essere la soluzione? Fare buon viso
a cattivo gioco, tentando di controllare
i controllori. Dove possibile però.
Il che spiega l’accenno - nell’interessante
intervista concessa a Giovanna Canzano (si veda sotto) - dell’amico Antonio Caracciolo, buon
filosofo del diritto, ai “problemi
organizzativi” del M5S. E di qui alla necessità di una maggiore tutela, sul piano organizzativo appunto, della libertà di espressione e candidatura.
Come Antonio sa, forse meglio di me, il liberalismo
moderno - semplificando al massimo- non
è altro che una forma di autodifesa dell’individuo dallo strapotere
organizzativo in primis dello stato, puntando su un sistema di controlli e tutele
regolato dalle leggi. Ovviamente, il
liberalismo propugna e favorisce anche l’autodifesa all’interno di ogni tipo di
organizzazione, quindi anche dei partiti.
Ora, apprezzo molto - e per certi versi
ammiro - la dedizione politica dell'amico Antonio, ma nel
M5S scorgo un nemico, direi
assoluto, del liberalismo. Penso a
un movimento che si appella a un’idea di democrazia maggioritaria a
sfondo tirannico. Cito qui, solo il mantra del 51 per cento… Come se
opposizioni e minoranze potessero sparire di colpo, una volta
conquistato il potere... Un’idea pericolosa, dietro la quale, come dicevamo, non può non nascondersi, come in tutte le
organizzazione politiche ( a prescindere dal regime), una élite dirigente che impone le sue idee:
idee, ripeto, che non sono sicuramente liberali. Quindi abbiamo due mali in uno: quello
naturale di tutte le
organizzazioni, una élite che comanda e decide per tutti; quello artificiale (per così dire) della
professione di un’idea totalitaria di
democrazia.
Converrà l’amico Antonio che parlare
dell’importanza di un sistema di tutele
di natura liberale a una minoranza che
controlla in modo ferreo un partito, come il M5S e che per giunta
crede, altrettanto fermamente, nella visione giacobina della
democrazia, sia impresa sicuramente
improba se non impossibile.
E non mi si dica, che il Paese ha bisogno di questo. Perché si tratta della classica fallacia argomentativa di composizione, dove
si scambia la pars (M5S) pro toto (il popolo italiano)…
Molto apprezzata dai dittatori di ogni
tempo.
Carlo Gambescia
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