giovedì 4 febbraio 2016

L’esercito iracheno ha cominciato i lavori di costruzione di una muraglia  intorno a Baghdad
 Nascondersi non basterà



Ciò che non stupisce  - almeno noi che scriviamo -  è come certi meccanismi sociologici, fortemente simbolici, al di là del valore pratico, tendono a ripetersi nelle storia.  È di  ieri la notizia che intorno  a Baghdad si è iniziato a costruire una muraglia difensiva (*). Si tratta di un  progetto che risale a qualche anno fa, sembra il 2007,  fortemente voluto  dagli americani e rivendicato dall’amministrazione Obama, soprattutto alla luce  dell’aggressivo espansionismo  del califfato islamico.
Senza rispolverare grandi muraglie e valli romani, diciamo subito che è un brutto segnale. L’Isis avanza e le uniche risposte dell’ Occidente euro-americano sono le trattative  e la costruzione di strutture difensive fisse.  Cosa può pensare  il nemico di noi?  Che non vogliamo batterci. E, purtroppo, chi non capisce quando è giunto il momento di  battersi,  è già sconfitto in partenza.
Cosa c’è dietro il nostro pacifismo? Sicuramente, due guerre colossali  che hanno spezzato il nerbo militare europeo e  influito, diluendolo ancora di più,  sul già  debole militarismo-pacifista del nostro partner d'oltreoceano ( solo guerre a scopo difensivo e controvoglia).  A ciò si aggiunge la propaganda pacifista, mediaticamente inculcata a tutti i livelli, fin dalle scuole,  che ha completamente “debellicizzato” le nostre società. I militari in Europa contano praticamente zero. E negli Usa, nonostante i modellini retorici della sinistra, ancora di meno.  Senza dimenticare che sulle due sponde la guerra è malvista dalle classi politiche al comando per ragioni elettorali: nei  conflitti si scorge un potenziale  fattore di  impopolarità che potrebbe influire sulla conservazione del potere. Ciò significa che se è  vero che, comunque sia,  le guerre non sono mai state popolari, è altrettanto vero che sembra essere andato fuori corso quel  mix, politicamente astuto, tra crescita del consenso e guerra vittoriosa, che ha fatto la fortuna  di imperi e stati  fino al termine dell’Ottocento (quindi anche dopo le rivoluzioni liberali). Le guerre sono sempre cattive, così impongono vulgata pacifista e  cattiva coscienza di governanti, disposti, questi ultimi,  a  subire qualsiasi  umiliazione, pur di conservare il potere.
E così si spera nella solidità delle mura di Baghdad.  E magari anche di Tripoli e Damasco… Dietro le quali,  nascondersi.  Fino  a quando?

Carlo Gambescia
    

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