La morte di Giulio Regeni e il realismo
politico
Confessioni di un aguzzino
Si scrive un pezzo sulla morte di Giulio Regeni (1) e ci si ritrova sotto il tag AGUZZINI (2). Capita. È il Web, bellezza. Cosa aggiungere? Che però le mammole dell'etica dei principi non sono poi così buone, comprensive e ragionanti come cercano di apparire... Scagliano parole come pietre, proprio come i loro nemici di sempre: i cattivi carnivori. Sotto il soffice manto dell' animale erbivoro hanno conservato, come è naturale che sia, riflessi da predatore. O eraclitei, per metterla sul dotto. C'est la vie. Quindi non ci scandalizziamo più di tanto. Però desideriamo chiarire un punto.
Chi fa professione di realismo politico, come chi scrive, con salde basi sociologiche (ognuno ha la formazione che si merita…), e quindi fa principalmente attenzione all' essere delle cose sociali, non è che ignori le grandi questioni etiche, il dover essere, ma più semplicemente, quando studia un fenomeno, preferisce attenersi ai fatti e non al dettato in filigrana dei Dieci Comandamenti o di qualche surrogato laico in chiave giusfilosofica (poi nel privato ognuno è libero di servire la divinità in cui crede...).
E quali sono i fatti? O meglio la forma dei fatti? Le costanti o regolarità del comportamento politico, una in particolare: che le risorse politiche sono scarse e che gli uomini se le contendono, anche con l’inganno e la forza, a prescindere dal regime politico reale o ideale che sia (3). Di qui, purtroppo, conflitti e guerre ai quali è giusto prepararsi, come ben sapevano gli antichi Romani. Si dirà, banalità da quarto-quinto ginnasio. Forse. Tuttavia superiori, per dirla con Gide, perché difficili da digerire, soprattutto per gli erbivori o quasi.
Ciò però non significa che non ci sia metodo etico nella follia, pardon nella crudeltà dell'aguzzino di turno. Nel realismo politico un’etica c’è. Pensiamo alla weberiana etica della responsabilità: una concezione che nell’azione politica, rapportando i mezzi ai fini, tiene conto di quanto sopra.
Detto altrimenti: il realista accetta il mondo, prudentemente, per quello che è stato, è e sarà (le costanti di cui sopra). Perché teme il peggio. Ha sempre presente, dinanzi a sé, il disastro prossimo venturo, anzi lo immagina, come sottolinea Jerónimo Molina, quando correttamente parla del realismo politico come imaginación del desastre, [immaginazione del disastro](4).
Non è chiaro? Rimediamo subito. Et voilà, serviamoci del cucchiaino esemplificativo, ma per scendere nella scala epistemica, come si fa con i neonati, quando li si imbocca con quello della Chicco: se Giulio Regeni avesse letto a fondo, non diciamo Kautilya e Ibn Khaldun (perché sono letture da specialisti), ma Tucidide e Machiavelli avrebbe immaginato il disastro che lo attendeva. Insomma, non avrebbe fatto quella fine. O comunque si sarebbe difeso molto meglio, spia o meno: il dotto colonnello Lawrence, comunque sia, docet. Anche perché, nel 1916, il Nostro aveva solo 28 anni... Certo, per dirla con Rita Pavone, come lui non c'era e non c'è nessuno. Però.
Ciò significa, sempre per usare il cucchiaino, che i giovani affascinati dal turismo mediorientale per diporto, studio, lavoro, attività spionistiche o rivoluzionarie, non possono non leggere i Seven Pillars of Wisdom. E non facciamo della facile ironia, perché si tratta di un monumento alla saggezza politica. Il capolavoro di Lawrence, mai dimenticarlo a casa.
Insomma, l’etica della responsabilità forse avrebbe salvato una giovane vita. Che c'è di più elevato, sotto il profilo morale?
Per passare infine dal particolare al generale - andando oltre il caso Regeni - se uno legge Tucidide, Machiavelli, Lawrence e non capisce, il problema è suo. Conoscere per deliberare, diceva un saggio Presidente della nostra Repubblica: e il conoscere non dipende dalla società, dipende dal singolo, dalla sua volontà di sapere, una fortezza che non si insegna in nessuna scuola. E che in natura è mal distribuita, perché così è, da che mondo è mondo. E serve anche carattere, perché chi pecora si fa il lupo se la mangia. Puoi anche essere l'uomo più buono del mondo, ma se il nemico ti indica come tale, non ascolterà altre ragioni se non quelle di Polemos (5). E lì serve carattere. Tutto il resto è etica dei principi. Altro giro, altro argomento.
Ciò significa, sempre per usare il cucchiaino, che i giovani affascinati dal turismo mediorientale per diporto, studio, lavoro, attività spionistiche o rivoluzionarie, non possono non leggere i Seven Pillars of Wisdom. E non facciamo della facile ironia, perché si tratta di un monumento alla saggezza politica. Il capolavoro di Lawrence, mai dimenticarlo a casa.
Insomma, l’etica della responsabilità forse avrebbe salvato una giovane vita. Che c'è di più elevato, sotto il profilo morale?
Per passare infine dal particolare al generale - andando oltre il caso Regeni - se uno legge Tucidide, Machiavelli, Lawrence e non capisce, il problema è suo. Conoscere per deliberare, diceva un saggio Presidente della nostra Repubblica: e il conoscere non dipende dalla società, dipende dal singolo, dalla sua volontà di sapere, una fortezza che non si insegna in nessuna scuola. E che in natura è mal distribuita, perché così è, da che mondo è mondo. E serve anche carattere, perché chi pecora si fa il lupo se la mangia. Puoi anche essere l'uomo più buono del mondo, ma se il nemico ti indica come tale, non ascolterà altre ragioni se non quelle di Polemos (5). E lì serve carattere. Tutto il resto è etica dei principi. Altro giro, altro argomento.
Ora, ricordare tutto ciò, anche a caldo, per evitare che altri giovani commettano lo stesso errore, è comportamento da aguzzini? Sì? Perfetto, ebbene siamo aguzzini. Lo confessiamo. E ne siamo pure fieri.
Carlo Gambescia
(3) L' autocitazione di un proprio lavoro non è elegante, ma non possiamo farne a meno: C. Gambescia, Metapolitica. L'altro sguardo sul potere, Edizioni il Foglio 2009, Cap. I.
(4) J. Molina, El realismo politico, in E. Anrubia e Á. de Rueda, Felicidad y conflicto. Filosofías para el mundo de mañana, Editorial Comares, Granada 2015, p. 21. Consultabile qui: https://www.academia.edu/20374719/El_realismo_pol%C3%ADtico .
(5) Recidiva. C. Gambescia, La guerra come forma estrema di conflitto (un’analisi sociologica che prende spunto da una “polermica” di Julien Freund , “Metàbasis. Filosofia e comunicazione”, marzo 2006, anno I, n. 1, pp. 1-11. Consultabile qui: http://www.metabasis.it/articoli/1/1_gambescia.pdf .
Tento di ripubblicare...
RispondiEliminaGentile Carlo Gambescia,
davvero non capisco come il tag ‘carnefici’ inserito nel post sul caso Regeni e riferito – mi pareva inequivocabilmente – ai torturatori e assassini di Regeni, possa essere accostato al suo nome. Possiamo avere pareri diversi e partire da impostazioni diverse nella lettura dei fatti, ma mai mi permetterei di offenderla così gratuitamente.
Ennio Abate per Poliscritture
rispondo anche qui
EliminaGentile Ennio Abate, sono un collaboratore del blog di Carlo Gambescia.
Premettendo che non intendo tediare oltre (mi rendo conto dell’off-topic), il qui pro quo sembra sia nato dal tag unico (univoco?) posto, pur doverosamente, in testa d’articolo.
Non so se l’architettura del vostro sito consenta tag multipli, tuttavia sarebbe stato quantomeno auspicabile porre i “citati” in testa e le “keywords” in coda, proprio per evitare fastidiosi fraintendimenti.
Le auguro buona serata e buon lavoro.