Sovranismo, parola magica
Chiamali, se vuoi, nazionalisti…
Innanzitutto,
ci si deve chiedere, perché i capi e gli
ideologi dei movimenti sovranisti
hanno preferito la denominazione
sovranismo, invece di quella classica di nazionalismo.
Probabilmente,
perché si vergognano, mostrando di ben conoscere la verità. Quale? Che il nazionalismo novecentesco, a
differenza di quello del XIX secolo, di ascendenza liberale, ha provocato
enormi danni, scatenando in nome di una idea razzista della nazione, la
catastrofica guerra civile europea.
Invece,
il termine sovranismo - come si
legge nelle dichiarazioni dei diversi movimenti - rinvierebbe “soltanto” al recupero della sovranità monetaria: il sovranista vuole il
ritorno alla moneta nazionale, dal
momento che si contesta la legittimità politica, giuridica ed economica delle
moneta unica europea.
Tutto
qui, allora? No. In realtà, i movimenti
sovranisti, oltre al recupero dell’ indipendenza monetaria, reclamano politiche
economiche protezioniste. Il sovranista è nemico giurato della cosiddetta
globalizzazione, che, si dice,
favorirebbe le grande imprese transnazionali.
Diciamo
che il sovranista è un nazionalista economico, insomma un protezionista. Tutto
qui, allora?
No,
perché il protezionismo economico, non è politicamente neutrale, nel senso
che a differenza del libero mercato,
fondato sull’idea di cooperazione
economica, si ispira a una visione conflittuale. Se il mercato libero, alla guerra
sostituisce il commercio, il
protezionismo considera la guerra
economica come un proseguimento con altri mezzi, per l’appunto economici, della
guerra vera.
Questo,
in teoria. Nella pratica, anche il libero mercato, per imporre le sue regole, talvolta non ha potuto fare a meno di ricorrere alle armi. Ad esempio, la Seconda Guerra
Mondiale può essere “letta” anche come un conflitto tra i sostenitori del
libero mercato e i difensori del protezionismo economico.
Tuttavia,
secondo alcuni osservatori, non esisterebbero, nella pratica, né il libero mercato né il
protezionismo, ma solo un mix delle due cose insieme. Il che, si dice, spiegherebbe fenomeni come il colonialismo e l’ imperialismo, dei quali la globalizzazione non sarebbe altro che il naturale prolungamento. Una dinamica perversa che, a detta dei sovranisti, finirebbe sempre per premiare le economie forti, come gli Stati Uniti ad esempio, astutamente pronte a nascondersi dietro l’ideologia del libero mercato, per fare i propri interessi. Il che, se vero, proverebbe, una volta di più, se ci si perdona la caduta di tono, la stupidità di Trump. Ma questa è un'altra storia.
Però vorremmo richiamare l’attenzione, su un altro fatto, molto importante: una
cosa è predicare la cooperazione, e poi magari (ammesso e non concesso) fare il contrario, insomma predicare
bene e razzolare male; un’altra è predicare la guerra, cominciando da quella economica, per poi farla
sul serio, come prova tutta la storia di nazionalismi novecenteschi, insomma, predicare bene (si fa per dire) e razzolare bene (si fa sempre per dire).
Se
il mercato libero, racchiude, comunque sia, un messaggio di pace, come prova la
storia interna degli stati europei negli ultimi settant’anni, il
protezionismo, a partire, dal quello
economico, ne veicola, inevitabilmente, uno di guerra, come dimostrano due terribili conflitti mondiali.
Si
dirà, ma non esiste una via di mezzo? Certo,
si chiama Euro. Ma ai sovranisti non piace.
Chissà perché?
Chissà perché?
Carlo Gambescia