mercoledì 26 settembre 2018

Sovranismo, parola magica
Chiamali, se vuoi, nazionalisti…



Innanzitutto, ci si deve chiedere, perché i capi e gli  ideologi dei movimenti  sovranisti hanno  preferito la denominazione sovranismo,  invece di quella classica di nazionalismo. 
Probabilmente, perché si vergognano, mostrando di ben conoscere la verità. Quale? Che il nazionalismo novecentesco, a differenza di quello del XIX secolo, di ascendenza liberale, ha provocato enormi danni, scatenando in nome di una idea razzista della nazione, la catastrofica guerra civile europea.
Invece, il termine sovranismo  -  come si  legge nelle dichiarazioni  dei diversi  movimenti -  rinvierebbe “soltanto”  al recupero della  sovranità monetaria: il sovranista vuole il ritorno alla moneta nazionale, dal momento che si contesta la legittimità politica, giuridica ed economica delle moneta unica europea.
Tutto qui, allora? No.  In realtà, i movimenti sovranisti, oltre al recupero dell’ indipendenza monetaria, reclamano politiche economiche protezioniste. Il sovranista è  nemico giurato della cosiddetta globalizzazione, che, si dice,  favorirebbe le grande imprese transnazionali.
Diciamo che il sovranista è un nazionalista economico, insomma un protezionista. Tutto qui, allora?
No, perché il protezionismo economico, non è politicamente neutrale, nel senso che  a differenza del libero mercato, fondato sull’idea  di cooperazione economica,  si ispira a una visione  conflittuale.   Se il mercato libero, alla guerra sostituisce il commercio,  il protezionismo  considera la guerra economica come un proseguimento con altri mezzi, per l’appunto economici, della guerra vera.
Questo, in teoria. Nella pratica, anche il libero mercato, per imporre  le sue regole, talvolta  non ha potuto fare a meno di ricorrere  alle armi.  Ad esempio, la Seconda Guerra Mondiale può essere “letta” anche come un conflitto tra i sostenitori del libero mercato e i difensori  del protezionismo economico.
Tuttavia, secondo alcuni osservatori, non esisterebbero, nella pratica,   né il libero mercato   né il protezionismo,  ma solo un mix delle due cose insieme.  Il che, si dice, spiegherebbe fenomeni  come il colonialismo e  l’ imperialismo,  dei quali  la globalizzazione  non sarebbe altro  che  il naturale  prolungamento. Una dinamica perversa  che, a detta dei sovranisti,  finirebbe sempre per premiare le economie  forti, come gli Stati Uniti ad esempio,  astutamente  pronte  a nascondersi  dietro  l’ideologia del libero mercato,  per fare i propri interessi. Il che, se vero, proverebbe, una volta di più, se ci si  perdona la caduta di tono, la stupidità di  Trump. Ma questa è un'altra storia.  
Però vorremmo richiamare l’attenzione, su un altro  fatto,  molto importante: una cosa è predicare la cooperazione, e poi magari (ammesso e non concesso)  fare il contrario, insomma predicare bene e razzolare male;   un’altra è predicare la guerra, cominciando da quella economica,  per poi farla sul serio, come prova tutta la storia di nazionalismi novecenteschi, insomma, predicare bene (si fa per dire) e razzolare bene (si fa sempre per dire). 
Se il mercato libero, racchiude, comunque sia,  un messaggio di pace, come prova la storia interna degli stati europei negli ultimi settant’anni,   il protezionismo,  a partire, dal quello economico, ne veicola, inevitabilmente,  uno di guerra, come dimostrano due terribili conflitti mondiali.
Si dirà, ma non esiste una via di mezzo?  Certo, si chiama  Euro.  Ma ai sovranisti non piace.
Chissà perché?


Carlo Gambescia