lunedì 17 settembre 2018

Il fascino collettivo del leader
Servono pretoriani liberali...



La prendiamo da lontano. C’è una costante  metapolitica  che attraversa la storia umana. Quale? Il fascino collettivo di essere governati da un uomo e non dalle leggi.  I Romani della Repubblica, per un lungo periodo  furono governati dalle leggi e dalle consuetudini, qualcosa di oggettivo, che, eventualmente si identificava  con  corpi politici (senato e comizi). Per Contro   l’impero, fu la forma più alta di personalizzazione della politica, dunque di soggettivo,  condivisa dai sudditi.  E così via.
Non è facile  evitare il potere personale. La democrazia ateniese, nella sua forma più alta rinvia a Pericle. Le forme di potere, durante il medioevo e l’età moderna, rinviano al potere, ben individualizzato,  di monarchi  e famiglie. Ancora all’inizio del  Novecento,  i contadini siciliani e  russi protestavano per le campagne e città, sfilando, rispettivamente,  con le immagini  del Re  e dello Zar. Inutile, infine,  ricordare il culto della personalità  (e del potere individualizzato)  nelle  moderne  forme totalitarie.
Cosa vogliamo dire?  Che uno dei piatti della bilancia storica (e sociologica), sembra pendere dal lato  della personalizzazione  del potere. Le rivoluzioni moderne, fondate sullo stato di diritto e le istituzioni rappresentative sono, per ora, quasi  un specie di unicum.  Un gigantesco tentativo di razionalizzare il bene oggettivo.   Se vogliano una specie di esperimento politico e sociale.  Ora, però, proprio in Occidente, la sua culla, il mondo della sovranità delle leggi, sembra soffrire il duro assedio, del  populismo.
Il che spiega, perché un personaggio, dai tratti spiccati  dell’uomo forte,  come Salvini,  sia  visto  con favore dagli italiani:   una specie di imperatore militare,  un  pretoriano,  che dovrebbe difenderci dai barbari.  E come?  Ricorrendo a modi spicci,  violando le regole e tradendo i patti sottoscritti liberamente con gli alleati europei.  Comportamenti tipici di  chiunque eserciti un potere assoluto.
Ovviamente, siamo solo all’inizio. La questione è ben più grave. Perché, una  volta contrastato  “il pericolo immigrati”, o comunque creato lo stato di eccezione,  le armi di Salvini  si rivolgeranno contro gli italiani. Verso i quali  non potranno non essere   usati gli stessi modi  violenti  con i quali vengono trattate persone  che non ci invadono con le armi e che sperano solo  nell’  opportunità di condurre una vita migliore.  E non si capisce perché, se Italia ed Europa affrontarono  nel 1945, l'emergenza di  circa 40 milioni di rifugiati, che vagavano allora per il continente,  non riescano, oggi, ad affrontare in modo civile  un'emergenza meno grave (*)  
Salvini, insomma, come  una specie di  imperatore militare. Roma li vide apparire nel III secolo  con i Severi. Quello fu il periodo  delle più dure persecuzioni contro i cristiani.  Dopo di che Roma, con Diocleziano,  si trasformò in una monarchia orientale.   
Il fascino, esercitato in basso,   del potere assoluto,  è  frutto del collegamento psicologico   tra bisogno di protezione  e  necessità di  far dipendere la propria salvezza da un entità personale sovra-ordinata.  Una forza psico-sociale che attraversa, ripetiamo, l’intera storia umana, dando vita alla costante metapolitica, potere delle leggi-potere personale.  
Forse se l’ idea europea, lo stato di diritto e le  istituzioni rappresentative, si incarnassero in un  uomo speciale, la battaglia contro i populismi, potrebbe essere combattuta alla pari. Certo, semplificando,   trovare un pretoriano liberale,   sembra  una contraddizione in termini...
Tuttavia, c'è un precedente moderno.  Nel 1939-1945, emersero, come per incanto,  due  pretoriani  del liberalismo,  incarnati da Roosevelt e Churchill, che però dovettero allearsi, con Stalin, perfetta incarnazione del potere assoluto.   Un atto di realismo politico.  Che comunque portò alla salvezza. E in seguito, grazie ai superiori meriti della società aperta,  alla dissoluzione della società chiusa comunista.  Mai, insomma, smettere di sperare.
E oggi però?  Dove sono i loro eredi? 
Carlo Gambescia