La manovra economica e gli effetti perversi
delle azioni sociali e politiche
Verso il mare in tempesta
(dell’imprevedibilità)
Oggi desideriamo affrontare la manovra economica da un punto di vista più alto, teoricamente elevato. Quello degli effetti perversi delle azioni politiche e
sociali, dunque dell’imprevedibilità. Parleremo - altrimenti detto - degli effetti inintenzionali: si vuole una cosa, se ne ottiene un’altra; si vuole il bene si ottiene il
male. In termini filosofici si parla di eterogenesi dei fini.
Possiamo
assicurare, per esperienza, che si
tratta di un concetto difficile da comprendere e, se compreso bene, resta ostico da praticare, perché, come
dicono i suoi avversari, rischia di penalizzare qualsiasi tentativo di riformare la società.
Ma
veniamo alla manovra economica. Il governo giallo-verde la presenta come
“una manovra del popolo”, dunque,
come dicono Di Maio e Salvini, che vuole il bene e la felicità degli italiani. Gli avversari, parlano invece di conseguenze negative: si
vuole il bene, invece si otterrà il male. Questa la loro tesi.
Chi
ha ragione? Per rispondere serve un metro oggettivo. Piccolo inciso: ci sono due modi per osservare
i fatti sociali: dall’interno, secondo
lo sguardo di coloro che vi sono coinvolti, dall’esterno secondo una visione
oggettiva, del terzo che osserva. Ora, i
sostenitori e avversari della manovra
economica, ragionano secondo un’ottica della situazione, quindi difficilmente
possono esprimere un giudizio oggettivo.
Però, ecco il punto, mentre i partiti di opposizione, fantasticano
intorno a misure ancora più imprevedibili di quelle governative, i mercati, le società di rating, dal punto di
vista dei parametri economici, e l’Ue, dal punto di vista del diritto positivo (degli
accordi firmati dall’Italia), possono invece dare un giudizio perfettamente oggettivo,
sulle conseguenze. Diciamo - ci si scusi il giro di parole - sulle conseguenze di una imprevedibilità prevedibile rispetto ad alcuni
parametri oggettivi.
Si badi, si può anche rifiutare l’oggettività di tali posizioni, dopo di che però il rischio è quello della tabula rasa cognitiva: della scomparsa di qualsiasi criterio di giudizio, Di qui il rischio della navigazione a vista nell’oceano dell’imprevidibilità assoluta.
Si badi, si può anche rifiutare l’oggettività di tali posizioni, dopo di che però il rischio è quello della tabula rasa cognitiva: della scomparsa di qualsiasi criterio di giudizio, Di qui il rischio della navigazione a vista nell’oceano dell’imprevidibilità assoluta.
E cosa dicono i mercati, le società di rating, l’Ue? Per ora nulla, però fanno capire che dalla
manovra economica rischiano di scaturire molti effetti perversi, che il governo italiano non solo disconosce, ma addirittura sfida: dall' eccesso di indebitamento, al crollo di alcuni parametri fondamentali, eccetera, eccetera.
Qualcuno
penserà: ma se gli effetti sono
imprevedibili, come fanno i mercati, le società di rating, l’Ue a
prevederli? Sono, ripetiamo, imprevedibili agli occhi degli attori sociali
in situazione, ma non degli osservatori esterni, diciamo gli
attori terzi, che ragionano secondo alcuni parametri oggettivi Dunque, si può parlare imprevedibilità relativa.
Ovviamente,
come detto, esiste anche un’
imprevedibilità assoluta, che è quella, come dicevamo, del navigare a vista,
quando si rifiuta di considerare
l’imprevedibilità relativa.
Come
dicevamo all’inizio, la prevedibilità delle azioni sociali non è molto amata dai
grandi riformatori, dai rivoluzionari,
dai profeti politici, dai leader carismatici,
da tutti coloro ai quali, il mondo intorno, per una qualche ragione non piace.
Però
quel che vorremo sottolineare è che, i
leader che rifiutano gli
effetti imprevedibili delle azioni sociali e politiche, respingono sia
l’imprevedibilità relativa sia l’
assoluta. E quali ragioni adducono? Che
non esiste l’imprevedibilità. Che, dal punto di vista delle intenzioni, le azioni buone portano al bene, le azione cattive al
male. O peggio ancora, che, se si guarda
al fine buono, dunque prevedibile, anche
le azioni cattive portano al bene.
In
realtà, le azioni sociali e politiche, non sono né cattive né buone, sono imprevedibili, talvolta prevedibili, dal punto di vista terzo (oggettivo), ma sempre in chiave relativa. E l’uomo, come sosteneva
Hobbes, non è buono o cattivo, ma pericoloso, proprio perché imprevedibile.
Allora
che fare? Costruire piccole isole, nella
storia, dove regni l’imprevedibilità
relativa. Più di questo non si può fare. L’Ue, le società di rating, i parametri
economici, sono la nostra piccola terra promessa. Fuori di essa c’è solo il mare in tempesta dell’imprevedibilità
assoluta, verso il quale sta pericolosamente navigando l’Italia di Salvini e Di Maio.
Carlo Gambescia