domenica 2 febbraio 2025

Da Trump a Roccaraso. L’uomo come animale imitativo

  


L’ uomo è un animale politico? Oppure un animale economico? O ancora: un giocatore, cioè un homo ludens? O altre cose ancora?

Chi scrive ritiene che l’uomo sia un animale imitativo.  

Cioè mimetico nel senso dell’imitazione, come tendenza a imitare i comportamenti altrui.  Ma anche come tendenza  umana  a camuffarsi, nascondersi tra i suoi simili.

Si prendano due fenomeni, molto lontani tra di loro, di cui in questi giorni si parla: il protezionismo trumpiano e l’assalto dei turisti napoletani a Roccaraso, località sciistica.

La decisione di Trump promette di provocare reazioni imitative in tutto il mondo. L’assalto a Roccaraso non è altro che una moltiplicazione di comportamenti imitativi. Nei due casi la domanda di fondo a cui risponde l’imitaore è “perché lui sì, io no”.

Si tratta di un meccanismo psicologico, che come nel caso della moda (altro fenomeno mimetico), rende simili e diversi al tempo stesso. Simili perché si appartiene a un gruppo, i protezionisti e i turisti della neve, per l’altro, diversi da coloro che non sono protezionisti né turisti.

Ma si pensi anche alle correnti migratorie: “ Ahmed mi ha detto che Oltremare si conduce un vita migliore, parto anch’io, perché lui sì, io no?”.

Ovviamente, intervengono anche altri fattori, economici, culturali, religiosi, politici, eccetera, però resta la predisposizione all’imitazione.

E allora, se le cose stanno così, come spiegare il contrario dell’imitazione? L’invenzione, l’ideazione, la creazione?

Che l’imitazione impone la creazione altrimenti non ci sarebbe nulla da imitare. Pertanto l’uomo potrebbe essere definito un animale creativo-imitativo.

Però va anche sottolineato un fatto: che mentre la creazione è un atto unico, che in genere (dalla religione alla scienza, dalla politica all’economia) riguarda un individuo, o un gruppo limitato di individui, l’imitazione è un atto collettivo. Esiste perciò una stratificazione sociale di fondo tra il momento della creazione, che rinvia a un gruppo ristretto, e il momento della diffusione-imitazione, che riguarda un gruppo più largo di individui.

Il che ci riporta alla definizione dell’uomo come animale imitativo. E quanto più un’invenzione, in senso lato, è di successo tanto più i processi imitativi si moltiplicano. Si pensi alla Rivoluzione industriale e alla successiva società dei consumi. Per contro, altro esempio, all’interno del cristianesimo il fenomeno-setta, rinvia a un’invenzione non riuscita mentre il fenomeno-chiesa a un storia di successo.

Ora protezionismo e turismo, se ci  si pensa bene, sono fenomeni in contrasto tra di loro, il turista vuole viaggiare, all’insegna dell’Ubi bene, ibi patria, il protezionista invece ama casa propria, Ubi patria, ibi bene (se ci si passa la semplficazione maccheronica).

Nel caso di Roccaraso, si tratta di turismo interno, però la predisposizione mentale al viaggio è la stessa del turista tout court. Del turista medio diciamo. Per contro la reazione delle autorità politiche locali è quella di proteggere la propria comunità.

Si pensi a Trump quando asserisce che “i dazi faranno bene agli americani”. Proprio come il sindaco di Roccaraso che vuole limitare gli accessi: la crescita esponenziale dell’imposta di soggiorno non è forse una forma di dazio?

Cosa vogliamo dire? Che l’imitazione è uno scatolone vuoto dentro il quale ci si può mettere di tutto: dalla diffusione delle costituzioni liberal-democratiche ai ripugnanti valori nazionalsocialisti, e così via, fino a un taglio di capelli o alla foggia un abito.

Il punto è che non è facile arrestare i processi mimetici, perché, come dicevamo, l’uomo si nasconde tra coloro che condividono la stessa idea: si mimetizza. Il che è fonte di sicurezza psicologica e sociale. Ma anche di contrasti di identità, e di lotta per l’identità, con chi la pensi in modo diverso. Il che ci porta alla costante metapolitica della dinamica-distinzione amico-nemico.

A tale proposito si può dire che quanto più si diffondono sul piano imitativo i comportamenti protezionistici tanto più aumentano i conflitti identitari.

Di qui l’importanza di favorire la libera circolazione di uomini, idee e beni. Un dinamica dello scambio e dell’apertura mentale che può fare solo bene perché favorisce la riflessione rispetto all’imitazione. Cioè il pensiero che dovrebbe precedere l’azione. “Dovrebbe”, perché non è la regola, metapoliticamente parlando.

Il laissez-faire in senso lato  è un’invenzione recente. Che ha soltanto  un paio di secoli di vita. Si chiama liberalismo. Il contrario di protezionismo, invenzione che si perde nella notte dei tempi. Il che purtroppo ne spiega la forza aggiuntiva sul piano imitativo.

E che spiega anche un’altra cosa. Perché l’uomo nonostante la grande libertà di cui oggi gode, continui a comportarsi come dieci-venti-trenta secoli fa.

Si chiama coazione a imitare. Alcuni la chiamano anche forza della “Tradizione”. Ma questa è un’altra storia.

Carlo Gambescia

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