Difesa dei confini, ragion di stato e protezionismo sono le tre voci del nuovo vocabolario della politica mondiale. Il suo messia si chiama Donald Trump, il suo profeta Elon Musk. Con al seguito una specie di corte dei miracoli: Santiago Abascal, Marine Le Pen, Giorgia Meloni e Matteo Salvini, Viktor Orbán, Alice Weidel, Javier Milei (peccato, era partito bene), nonché altri profeti minori, sparsi per il mondo, sgradevoli, striduli e cattivi, politicamente parlando.
Politicamente. Perché il male è banale, come ha insegnato Hannah Arendt. Per capirsi: sono politici che di giorno odiano i migranti e la sera a casa giocano con i bambini, con i gatti, portano a spasso il cane.
Quanto alla gente comune è facile rispondere. L’occidentale “medio”, per così dire, vuole solo vivere bene: i classici signorini viziati, intercettati da Ortega, già negli anni Trenta, che poi scelsero Franco, Hitler, Mussolini e altri criminali politici. Diritto alla felicità (poi torneremo sul punto) ma solo per “noi stessi”.
Ci volle una guerra colossale per rimettere a posto le cose. Eppure, come dicevamo all’inizio, oggi sembrano tornare in auge le parole d’ordine dei fascismi.
Fino a qualche anno fa si rideva, a proposito di qualche diatriba commerciale, ad esempio dell’Italia con la Francia, evocando ironicamente l’idea superata, così si credeva, di ammassare truppe al confine della “Patria”. Roba da cabaret televisivo.
E invece è proprio quello che sta avvenendo ai confini del Messico e del Canada. Trump, vuole i soldati, altrimenti minaccia di andare avanti con i dazi.
Da un lato messicani e canadesi (si parla di diecimila soldati), dall’altro lato, lo stesso numero di soldati americani. Si dice che serviranno per fare guerra al cartello della droga.
In realtà, saranno lì, per sfregiare la libera circolazione di uomini e beni. In questo modo la difesa dei confini della patria si unisce all’idea protezionista. Tenendo presente anche un’altra questione. Che Trump ripropone la vecchia idea della geopolitica di potenza. Cioè della difesa dei confini come allargamento degli stessi. E qui si pensi ad esempio alle mire sulla Groenlandia, o addirittura sul Canada e forse anche sul Messico.
Questa politica, anzi geopolitica, rappresentata dall’ammassamento di truppe al confine (fino a poco tempo fa motivo di derisione), ha però un’ importante controindicazione: mai gettare benzina sul fuoco. Detto altrimenti, la vicinanza armata di eserciti contrapposti può portare alla classica questione sulla quale gli storici si interrogano cento anni dopo: chi sparò il primo colpo?
Ragion di stato. L’ ha evocata in Italia il governo Meloni dopo aver rimesso in libertà un torturatore di migranti. E per coprire che cosa? L’aiuto (chiamiamolo così...) che la Libia fornisce all’Italia nel difendere i confini della patria da uomini, donne e bambini, che come ai confini tra Messico e Stati Uniti, cercano solo una vita migliore. Quel famoso diritto alla felicità sancito nella Dichiarazione d’Indipendenza americana e recepito in non poche costituzioni liberal-democratiche.
Un diritto che vale per tutti, e non solo per i “signorini viziati”. E invece in nome del protezionismo ideologico lo si nega agli “altri”, agli alieni, ai non americani, ai non italiani, ai non francesi, ai non tedeschi, ai non ungheresi e così via.
Attenzione. Chi scrive non è nato a Betlemme. Ragion di stato non è una parolaccia ma un principio che in termini di male minore deve essere messo al servizio di una buona causa. Non di una generica idea di sicurezza inventata da quattro amici al tavolino del bar sport nazional-fascista.
Nel caso dell’Occidente la buona causa è rappresentata dall’idea liberale. Si pensi ai massicci bombardamenti sulla Germania, perfino all’uso delle atomiche. Ma anche alla necessità di appoggiare oggi Ucraina e Israele, con ogni mezzo. Si trattava e si tratta di far vincere il mondo libero. Insomma, l’idea liberale. Una necessità del resto comprovata dall’enorme progresso della libertà, in tutti i campi, dal 1945 ai nostri giorni.
Per contro sbattere la porta in faccia ai migranti significa sul piano ideale, violare il principio del diritto alla felicità valevole per tutti, e su quello pratico, la distruzione della libera circolazione di uomini e beni che è il sale della società aperta.
Sono questi i valori fondamentali dell’Occidente. E’ proprio l’attuazione dell’idea liberale che ne connota la forma di governo e società rispetto a a tutte le altre. Un patrimonio di cui andare orgogliosi.
E invece tornano a risuonare parole d’ordine che riportano al lessico della tentazione fascista. E ciò avviene nell’apatia generale dei “signorini viziati”, quelli del “chiagni e fotti”, se ci si passa la caduta di stile. In sociologhese: inorientameno anomico.
Si dirà, ma come? Cosa dice Gambescia? Trump è dalla parte di Israele. Certo. Però vuole al tempo stesso abbandonare Ucraina ed Europa a un destino di sudditanza verso la Russia. Trump vuole dividere, spezzare, distruggere l’idea stessa d’ Occidente. Il suo “America First” ricorda il “Deutschland über alles” utilizzato dal nazionalsocialismo proprio contro qualsiasi idea di Occidente euro-americano.
Trump, piaccia o meno, è sulla stessa lunghezza d’onda di Hitler. Non è antisemita, o almeno così sembra, però odia i migranti perché attentano, come spesso si legge, allo spirito e allo stile di vita americani. Trump, il messia, è razzista. Come lo è del resto Musk, il suo profeta. Per non parlare dei corifei europei.
La cosa più triste è che la gente comune, quella del “chiagni e fotti”, ha perso la memoria della grande vittoria nel 1945 dell’idea liberale e di cosa significò per l’unità dell’Occidente.
La stessa unità che Trump, evocando il lessico della tentazione fascista, vuole spezzare.
Sotto questo aspetto difesa dei confini, ragion di stato e protezionismo, soprattutto la ragion di stato quando utilizzata per una pessima causa, sono i perfetti grimaldelli per raggiungere tale scopo, con il concorso, delle stesse vittime. Perché Abascal, Le Pen, Meloni, eccetera, sembrano intenzionati a collaborare fattivamente all’ opera di distruzione.
Da questo punto di vista, Trump, Musk e collaborazionisti europei stanno facendo del loro meglio per entrare nell’ Albo d’Oro (si fa per dire) dei grandi criminali della storia.
Carlo Gambescia
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