venerdì 7 febbraio 2025

Le destre del patto scellerato…

 


Quando persero le destre il diritto a governare? Dopo il patto scellerato con il fascismo. 

Scegliendo il fascismo, ad eccezione dei conservatori britannici e dei repubblicani statunitensi e di altre piccole riserve politiche (Australia, Canada, Nuova Zelanda), le destre dimostrarono, senza ombra di dubbio, una preoccupante inclinazione all’autoritarismo e di apprezzamento per Hitler e Mussolini.

Va onestamente riconosciuto che almeno fino al 1935-1939, addirittura negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, i due dittatori, elevati a efficace barriera contro il comunismo, riscossero fiducia. Un cristallino conservatore britannico come Neville Chamberlain, a differenza del più pragmatico Churchill, confidò fino all’ultimo nella parola data di Hitler. Con conseguenza disastrose. Che invece Churchill aveva intuito.

Se si ripercorre la storia post 1945 si scopre che nel mondo occidentale (euro-americano e propaggini, anche importanti come il Giappone) la destra (nelle sua varie sfumature, conservatrice, tradizionalista, religiosa, reazionaria, eccetera) è stata sempre, a prescindere diciamo,  confinata ai margini dai governi di centro e di centro-sinistra. O comunque monitorata e solo raramente, caso per caso, coivolta politicamente, senza  alcuna volontà di integrarla.  Anche per una palese immaturità democratica della stessa destra.

La formula che da allora ha governato l’Occidente è stata quella di un governo riformista, che tiene fuori comunisti, fascisti e conservatori, quando sospetti di collusioni o riedizioni. Una formula che ebbe successo, soprattutto sul piano dello sviluppo economico. Però con costi sociali – va riconosciuto – molto elevati sul piano della spesa pubblica.

Un riformismo welfarista dai lineamenti cristiani, socialisti e liberali, dai colori più o meno accentuati secondo il paese. Esclusi Stati Uniti e Gran Bretagna, nazioni dal bipartitismo forte, nel resto dell’Occidente, con maggioranze variabili, si registrò la prevalenza della formula riformista.

Il tutto per tenere fuori una destra, che, come si diceva e con ragione, non dava affidabilità democratica. E che di conseguenza, talvolta esplicitamente, talaltra tacitamente, veniva tenuta fuori dal governo.

Come ogni altra formula politica, il riformismo non poteva non entrare in crisi, per un verso perché il potere logora, per l’altro perché le masse elettorali, a differenza delle élite dirigenti ( ma neppure tutte), rinnovandosi generazionalmente, tendono ai dimenticare. E nel caso specifico a scordare lo scellerato patto tra conservatori e fascisti tra le due guerre. E con esso, pur recependolo sotto altre vesti linguistiche, come nel caso del “sovranismo”, il vocabolario concettuale della tentazione fascista: nazionalismo, protezionismo, razzismo.

Inoltre la diffusione (riformista) del welfare si è dimostrata un’arma a doppio taglio: per un verso ha moltiplicato i diritti sociali, per guadagnare consenso, per l’altro ha favorito la crisi fiscale dello stato.

Sotto questo aspetto le reazioni liberali di figure come Ronald Reagan e Margaret Thatcher furono un onesto tentativo purtroppo breve, di “riqualificare” la destra rifiutando qualsiasi tentazione fascista.

Inoltre, la crisi fiscale dello stato, sorta di Convitato di Pietra del welfarismo, ha provocato il fenomeno del sciovinismo welfarista, cioè dello stato sociale solo per gli autoctoni: cavallo di battaglia delle destre del nuovo patto scellerato (semplifichiamo il concetto).

Il primo, nel mondo occidentale, che riabilitò una destra che continuava a non nascondere la sua simpatia per il fascismo fu Berlusconi. Che, praticamente a freddo, trascinò al governo i post missini. Favorendo l’integrazione passiva, cioè con serie riserve mentali da parte dei post fascisti, da sempre anticapitalisti e antiliberali. Perciò inadatti a governare una società aperta.

Berlusconi infranse il patto riformista cristiano-socialista-liberale: una diga che, crepa dopo crepa, una volta crollata – ironie della storia – avrebbe portato trent’anni dopo al governo in Italia e negli Stati Uniti due leader dalle fortissime pulsioni autoritarie, capaci di risvegliare gli spiriti animali del fascismo: Donald Trump e Giorgia Meloni.

Pertanto le tesi della non affidabilità democratica della destra e della necessità di tenerla fuori dal governo era giustissima. Certo, si può discutere sui metodi. Anche perché il riformismo, facendo di tutta l’erba un fascio (è proprio il caso di dirlo), non è mai riuscito a comprendere l’importanza di un’alternativa liberale di tipo reaganiano-thatcheriano, che, basterebbe solo rileggersi i discorsi, era ed è lontanissima dalla destra incarnata da Trump e da Giorgia Meloni ( e se continua così anche dal liberalismo autoritario, così pare, di Javier Milei).

Proprio in questi giorni sembra di vedere un vecchio film. Si rifletta su un solo punto: la rivolta di Trump, notizia di ieri, contro lo stato di diritto (che cosa sono i tribunali internazionali per la difesa dei diritti dell’uomo se non l’incarnazione perfetta dello stato di diritto?), ricorda l’odio nutrito dal Hitler e Mussolini contro la Società delle Nazioni. Anche l’Italia sembra porsi sulla stessa linea di attacco di Trump. Ma si stia pure sicuri, altri paesi seguiranno, una volta conquistati dallo sciovinismo welfarista delle destre del patto scellerato.

Il diritto di difendersi dalle aggressioni portate contro Israele,  Ucraina e  altri paesi è più che giustificato. Ma è altrettanto giustificata, nell’ottica di uno stato di diritto, internazionalmente diffuso, la necessità di indagare sugli eventuali abusi, senza parzialità di sorta.

In realtà Trump non difende Netanyahu e Israele li “usa”, per distruggere lo stato di diritto. E come alcuni sostengono anche per interessi personali. Proprio come Berlusconi. I due leader, mai dimenticarlo, si ritengono grandi amici di Putin… Il quale, non venne ai funerali del Cavaliere, solo perché temeva di essere arrestato.

Concludendo: 1) il comportamento delle destre tornate al potere prova che i timori del passato erano  e sono giustificati; 2) la formula cristiano-socialista-liberale è logora politicamente e fiscalmente; 3) l’alternativa liberale, anche per colpa delle riserve mentali del riformismo welfarista, è venuta meno da un pezzo, e diciamolo pure anche a causa di molti politici liberali che prima di perdere la testa per Trump e Giorgia Meloni, l’avevano persa per Berlusconi, o che comunque, con pochissimo discernimento, pur di non fa vincere l’ odiata sinistra (in realtà la formula riformista), preferivano e preferiscono spostarsi verso la destra, anche estrema ; 4) il futuro sembra essere delle destre del patto scellerato.

Carlo Gambescia

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