mercoledì 19 febbraio 2025

Riyad. Gli ucraini devono rassegnarsi… Nessuna pietà per i giusti

 




Le analisi dei principi non portano molto lontano. Però aiutano a capire.

Se, ad esempio, sul suolo ucraino fossero presenti ingenti forze militari europee, Trump non si permetterebbe di estromettere l’Europa e l’Ucraina di Volodymyr Zelensky da quelle che sono definite ipocritamente trattative di Riyad per mettere fine alla guerra in Ucraina.

E qui veniamo ai principi. Gli strumenti per capire a cosa puntano gli attori politici.

Biden difendeva il principio che vieta la violazione della sovranità di uno stato da parte di una altro stato. Di qui la definizione dei russi come aggressori.

Trump invece crede fermamente nel principio della politica delle sfere di influenza. Di qui la tacita (per ora) definizione dell’Ucraina come stato separatista.

Biden era un idealista, Trump un realista. L’Europa, a sua volta, sarebbe idealista, ma non ha la forza per var valere le sue ragioni. Forza che invece aveva Biden.

Trump, infine, è un realista e un “forzista” (non abbiamo trovato termine migliore). Cioè possiede la forza per portare a effetto le sue decisioni, sbagliate o giuste che siano.

Putin è un realista, ma meno “forzista” degli Stati Uniti. Infine Kiev, nonostante l’abnegazione mostrata, non ha forza propria. Cioè dipende dagli alleati. Di qui, quella costitutiva debolezza, che spiega il brutale trattamento che l’Ucraina sta subendo a Riyad da parte di americani e russi.

Cosa può fare l’Europa? Potrebbe mettersi di traverso, cercando di guadagnare tempo, per riarmarsi e così rimettere in equilibrio le forze in campo.

Insomma muoversi in direzione di un rinnovato “forzismo”. È all’altezza di questo compito? No. E per due ragioni: sorpassate divisioni interne e pacifismo debilitante.

Pertanto sembra segnata la sorte dell’Ucraina, e in particolare di Volodymyr Zelensky, che rappresenta l’anima della resistenza ucraina. Che rischia grosso. Infatti potrebbe essere addirittura eliminato fisicamente. Come usa fare Putin – fine costituzionalista, come ora vedremo – con i suoi nemici, interni ed esterni. Quindi altro che le bacchettate sulle mani evocate da Lavrov,  maligna figura che sembra uscita  dalla penna di Charles Dickens.

Un capolavoro di realismo forzista, quasi a livello iconico, è rappresentato, come si fosse a teatro, dalla faccia bronzea di un Putin, autocrate a tutti gli effetti, al potere dal 2000, che però accusa Zelensky, eletto nel 2019, di aver violato la costituzione ucraina per il rinvio delle elezioni del 2024. Altrettanto meritevole di un Oscar all’ipocrisia è il silenzio americano su un’ uscita del genere. Ulteriore riprova dell’accettazione da parte di russi e americani del principio della divisione del mondo, fin dove possibile, in sfere d’influenza.

In qualche misura Washington e Mosca ragionano come i vincitori convenuti a Yalta nel febbraio del 1945 per decidere dei destini del mondo e in particolare dell’Europa. Stalin e Roosevelt, come oggi Trump e Putin, andavano molto d’accordo Churchill era più sospettoso, anche se alla fine dovette cedere. Sicché l’Europa fu divisa in due sfere di influenza. Per la cronaca (storica), gli Ucraini, già ribellatisi a Lenin, rimasero, prigionieri di Stalin, dietro la cortina di ferro.

Con gli esempi storici si può andare ancora più lontano, fino a risalire al discorso, sempre in termini di realismo forzista, riportato da Tucidide, che gli ateniesi fecero agli abitanti di Melo. In sintesi: “ Anche se non avete alcuna intenzione di attaccarci, non possiamo ammettere la vostra indipendenza, perché sarebbe di cattivo esempio per le altre città”.

Insomma, gli ucraini devono rassegnarsi… Nessuna pietà per giusti. Si chiama lezione della forza. O la forza c’è o non c’è. Purtroppo non basta essere dalla parte della ragione. Tutto qui. Che malinconia.

 

Carlo Gambescia

Nessun commento:

Posta un commento