Occorre fare una premessa. C’è un fenomeno che si chiama radicalizzazione politica. Implica l’ inevitabile corsa agli estremi, come stato di massima tensione, lo stesso che Karl von Clausewitz attribuiva a ogni conflitto bellico (*).
Perciò, per capirsi, la radicalizzazione politica, esclude qualsiasi soluzione di compromesso: o tutto o nulla. L’esatto contrario della logica parlamentare, di pace, tipica dei sistemi liberal-democratici, sorti proprio per evitare la distruzione dell’avversario una volta trasformato in nemico assoluto.
Sotto il profilo storico si pensi alle guerre di religione del Cinque-Seicento che culminarono nella Guerra dei Trent’anni” (1618-1648). Oppure all’altra grande Guerra dei Trent’anni, quella civile europea (1914-1945). Ma lo stesso si potrebbe dire del periodo rivoluzionario, tra il 1789 e il 1815, segnato in larga misura dalle guerre di Napoleone contro tutti, e dalle altrettanto dure risposte delle sette coalizioni, capeggiate dalla Gran Bretagna.
Per passare dal piano esterno, della politica internazionale, a quello interno, dei parlamenti, la radicalizzazione politica conduce alle rivoluzioni, ai colpi di stato, alla guerra civile. Detto altrimenti, alla rottura, per quello che riguarda l’Otto-Novecento, dei sistemi e costituzionali di tipo liberal-democratico.
Esiste infatti una linea di pensiero e di pratica politica che non ha mai accettato il costituzionalismo. Di qui la volontà di abbatterlo, da cui consegue la necessità di radicalizzare il conflitto, facendo dei principi liberal-democratici dei mezzi per conseguire un fine, cioè la distruzione della democrazia liberale. Sotto questo profilo l’esperienza storica fascista e nazista sono tuttora esempi di radicalizzazione politica. E lo stesso si potrebbe dire per la presa bolscevica del potere in Russia.
Perciò ogni liberal-democratico non può non essere preoccupato per il processo di radicalizzazione in corso negli Stati Uniti e in Europa. Un processo che rischia di cancellare le istituzioni liberali, basate sul compromesso.
Il progetto trumpiano, condiviso in Europa dalle destre radicali, inclusa l’Italia governata da Giorgia Meloni, nemiche dello spirito liberale del 1945, sembra avere una forza destabilizzatrice che non ha eguali dai tempi dell’aggressione fascista alle istituzioni liberali.
Trump parla di unificare politicamente l’America settentrionale, e
probabilmente centrale, anche ricorrendo alla forza militare. A
proposito di radicalizzazione, si legga qui cosa dichiara sui rapporti con il Canada. Se fa sul serio, e probabilmente fa sul serio, sono parole da far gelare il sangue nelle vene.
“Il presidente americano (…) ha insistito sul fatto che il Canada dovrebbe diventare il 51esimo Stato americano così da ottenere ‘tasse molto più basse, una protezione militare di gran lunga migliore per il popolo canadese e nessun dazio’. Gli Stati Uniti ‘pagano centinaia di miliardi di dollari per sostenere il Canada’, ha scritto il tycoon riferendosi probabilmente al deficit commerciale con il suo vicino e ‘senza questo massiccio supporto il Canada non esisterebbe’ “ (**) .
Per contro, attraverso Musk, come prova la creazione di un movimento gemello al Maga, Mega (Make Europe Great Again), si tenta di applicare all’Europa il principio del divide et impera (***). Giocando sull’ausilio delle destre radicali europee, entusiaste di Trump, perché vedono in lui il fautore di quella radicalizzazione della politica che può portarle al potere in tutta Europa. Un Europa a pezzi come tra le due guerre mondiali.
Sembra chiaro, come in un quadro del genere, l’Ucraina e Zelenski abbiano i mesi contati. Pare che tra le condizioni di pace, proposte da Trump, vi sia quella di nuove elezioni, per far sì, che grazie a intromissione russe (ma anche americane), Zelenski perda e sia finalmente allontanato al potere.
Però, come anticipato, la radicalizzazione politica è un’arma a doppio taglio. Come prova ad esempio la grande manifestazione di ieri in Germania. Si protesta perché si teme giustamente, almeno in linea di principio, il coinvolgimento governativo di un partito neonazista come AfD.
Tuttavia è altrettanto comprensibile che chiunque apprezzi il compromesso liberale non veda di buon occhio queste manifestazioni di radicale dissenso, tra l’altro monopolizzate dall’ estrema sinistra Il che non è buono, perché si tratta di forze antiliberali e anticapitaliste. Si ricordi Weimar e il distruttivo assalto concentrico alla Repubblica delle opposizione antisistemiche nazista e comunista.
Purtroppo, per tornare a ciò che sta accadendo, sono situazioni che appartengono alla logica della radicalizzazione politica, inaugurata da Trump nel 2016, contenuta da Biden, ora esplosa di nuovo. Una dinamica che va oltre i desiderata del momento. E soprattutto al di là delle intenzioni buone o cattive del singoli. Sono fenomeni strutturali, cioè metapolitici.
Sotto questo aspetto la situazione è veramente pericolosa, perché al momento priva di vie d’uscita. Poiché la traiettoria dei contromovimenti, a cominciare dagli Stati Uniti, potrebbe portare a nuove guerre civili.
Si rifletta. Negli Stati Uniti, considerata la volontà di Trump, di abusare della clausola dei “poteri impliciti” (Costituzione, art. 1. Sez. VIII) (****) il rischio è quello di forzare la costituzione e così incendiare le relazioni con il potere giudiziario e con gli stati: per reazione si rischia veramente, se Trump proseguirà per la sua strada, una seconda guerra civile americana. Cosa che potrebbe verificarsi anche in Europa, dove la lezione del 1945 non è mai stata recepita dalle destre nazionaliste.
La disgregazione statunitense ed europea favorirebbe le mene di Russia, Cina di altri nemici di un Occidente euro-americano, ormai ombra stesso. Perché negatore, a cominciare dal ritorno del protezionismo come lunga mano di un capitalismo di stato, basato sulle rendite e non sui profitti. Negatore dicevamo di una comunità atlantica aperta alla libera circolazione delle idee, degli uomini e delle merci.
Ripetiamo, la situazione è veramente grave sul piano internazionale e nazionale. Perché sembra essere pericolosamente in bilico tra la vittoria della destra reazionaria e una guerra civile provocata dalla radicalizzazione politica come sconsiderata ma inevitabile corsa agli estremi.
Resta però chiara la principale responsabilità della destra
trumpiana che, pretendendo di fare l’America di nuovo grande (e come
pare anche l’Europa), rischia invece di provocare effetti perversi,
negativi, l’esatto contrario di ciò che si propone. Perché ogni azione
genera conseguenze, spesso inaspettate. Per capirsi: il radicalismo di
destra (attivo) e radicalismo di sinistra (reattivo) concorrono
alla distruzione dell’Occidente euro-americano.
Tuttavia, ecco il punto, chiunque si trovi al potere – il che chiama in causa le destre americane ed europee – che cosa deve fare ? Seminare, se e quando necessario ( non a ufo ovviamente), discordia in campo nemico e non al proprio interno come invece sta accadendo. Cosa che le destre evitano di fare perché condividono gli stessi valori autoritari e reazionari del nemico.
Sicché ogni scelta di Trump rischia di trasformarsi in un regalo ai nemici della liberal-democrazia. A destra come a sinistra, interni ed esterni. Però, ecco il pericolo, quanto più la radicalizzazione cresce, tanto più l’Occidente rischia di precipitare in una nuova Guerra dei Trent’anni.
Altro che fare gli Stati Uniti e l’ Europa più grandi…
Il vero nemico dell’Occidente si chiama Donald Trump.
Carlo Gambescia
(*) Karl von Clausewitz, Della guerra, Mondadori, 2007, pp. 241-243.
(****) Per una “rinfrescatina” si veda G. Sacerdoti Mariani, A. Reposo, M. Patrono, Guida alla Costituzione degli Stati Uniti d’America, Sansoni, 1991, 2° ed. aggiornata, pp. 56-58 (sui "poteri impliciti").
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