Ravel ci perdonerà se, tradendolo, perché la sua pavana, danza barocca e solenne, non era dedicata a una bimba defunta, ma una principessa viva e vegeta.
Ci perdonerà, dicevamo, se dedichiamo la nostra pavana a un principe dei nostri tempi, che sempre ammireremo: Volodymyr Zelensky. Che, invece, rischia, e non solo politicamente, di passare quanto prima a miglior vita. Diciamo quasi defunto. Perché lo sarà, e di certo, se in questa brutta storia avranno la meglio i cattivi e i traditori.
Una breve premessa. Non è vero che la pace sia tutto, come evocava nella puntata di ieri sera de “Il cavallo e la torre”, Andrea Riccardi, storico non banale, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, primo cameriere di papa Francesco (in senso figurato, dal momento che la carica fu abolita da Paolo VI).
Perché tutto dipende dalle caratteristiche della pace perseguita. E soprattutto dalle sue conseguenze.
Ora, e veniamo al punto, a cosa potrebbe condurre un possibile accordo, in stile mafioso (*), sulla cessazione della guerra in Ucraina tra Trump e Putin? Sulle povere spalle di Zelensky e di ciò che resta dell’ Europa e della Nato? Tra l’altro due entità politiche e militari, popolate di traditori, generalmente schierati a destra e con Trump?
Porterà, anche questa volta, a quella che il depresso Neville Chamberlain, definì in modo improvvido “La pace per il nostro tempo”? Si ricordi la celebre foto, anno di grazia 1938, di Chamberlain, di ritorno da Monaco, che agita nervosamente il foglietto del trattato sulla spartizione della Cecoslovacchia, tenuta in disparte, controfirmato da Hitler. L’anno dopo Hitler invase la Polonia. Fine delle trasmissioni.
Putin e Trump non sono uomini di pace. Il primo è un dittatore, il secondo aspira a diventarlo. Fra Trump e il potere assoluto, per ora, vi sono duecentocinquant’anni di democrazia liberale americana. Potrebbero essere pochi. Trump e Putin cercano il potere non la pace. Il che non depone in favore di alcuna nuova età dell'oro.
Come ha notato Riccardi, tradendo il suo pacifismo costi quel che costi, Putin avrebbe gradito soprattutto i modi di Trump: il suo trattarlo alla pari: “da imperatore a imperatore”. L’atteggiamento di Riccardi, ricorda quello di coloro che apprezzarono la Pax religiosa di Costantino, che invece contribuì all’ affossamento, prima culturale che politico, dell’Impero romano. Roma, sopravvisse circa un secolo e mezzo. Da fantasma, o quasi.
Trump e Putin, come già accaduto in passato, assomigliano a quelle maldette pietre umane che la storia, maestra di ironia, scaglia a sorpresa contro gli uomini, sconvolgendo idee e programmi.
Costantino voleva la pace, come prima di lui, Cesare, poi Augusto, e dopo ancora Diocleziano. E per venire ai nostri tempi, pacifisti, si fa per dire, del calibro di Carlo V, Luigi XIV, Napoleone, Hitler, Mussolini. Uomini potentissimi abituati a trattare i popoli come branchi di pecore.
Sicché, se accordo sarà, sarà pagato e salatamente da Zelensky. E dagli ucraini ovviamente.
Zelensky, da leader accorto, per ora, ha scelto di fare buon viso a cattivo gioco. Ma potrebbe essere a rischio la sua stessa sopravvivenza fisica, perché con gli eredi di Ivan IV “il terribile” non si scherza. Si pensi alla triste fine che travolgerebbe Zelensky, indebolito politicamente, sostituito dopo elezioni politiche a breve (imposte dai russi), anzi addirittura isolato perché considerato nemico di dio (dei russi) e dei nemici di dio ( gli ucraini, tuttora non pochi, decisi a battersi).
L’Ucraina perderebbe così un presidente che ha saputo guidare Kiev con grande abilità e coraggio, a differenza dei generalissimi della corrotta Saigon, che più di sessant’anni fa videro scendere in campo al proprio fianco addirittura le armatissime truppe americane. Nonostante ciò, molti di costoro, aggrappati agli elicotteri USA, trascorsero il resto della loro vita vendendo liquori a San Francisco.
Probabilmente è questa la sorte che i sostenitori, anche europei, di Trump e Putin, sognano per Zelensky. Che invece finora ha orgogliosamente resistito. Purtroppo, non basta vincere, il nemico, quando non può essere ucciso, va umiliato. Questo il turpe vangelo di dittatori e destre.
Un’ ultima cosa. Quando Trump dichiara che non vuole l’Ucraina nella Nato e parla, da ventriloquo di Putin, dell’ attribuzione a Kiev dello status di nazione neutrale, sembra non ricordare che nel 1914 con Belgio e Lussemburgo non funzionò. Mentre la Svizzera, la cui condizione di stato neutrale risale al Congresso di Vienna, si salvò nel 1941 solo perché Hitler aveva scatenato una gigantesca invasione contro la Russia. Anche il Vaticano rischiò di essere occupato e in ogni caso dovette subire brutali controlli polizieschi.
La condizione di neutralità tra paesi militarmente impari è semplicemente ridicola. Putin, che ha già ottenuto nel 2014, la conferma della denuclearizzazione dell’Ucraina, non ha fatto che approfittare di questa condizione di inferiorità di Kiev. E così avverrebbe in futuro.
Una tragica buffonata, come subito provò l’immediata occupazione della Crimea. E così via fino all’aggressione russa di tre anni fa.
Ora si vuole addirittura obbligare Zelensky a cedere. Perché, si ripete, lo vogliono Trump, Putin, Papa Francesco, Riccardi, la Comunità di Sant’Egidio, il Festival di Sanremo.
Insomma tutti vogliono la pace. Zelensky deve obbedire. Anzi meglio, deve sparire.
Poveri illusi.
Carlo Gambescia
(*) Sul realismo “criminogeno” rinviamo al nostro Il grattacielo e il formichiere. Sociologia del realismo politico, Edizione Il Foglio, 2019, pp. 41-49.
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