Luca Coscioni esulta. La Toscana sarà la prima regione italiana a garantire ai malati tempi e modalità certi per l’accesso al suicidio medicalmente assistito. Sul “certi” nutriamo qualche dubbio. E spieghiamo perché.
A dire il vero, in linea di principio, esulta anche chi scrive. Semplificando al massimo il concetto: la vita di un individuo è proprietà dell’individuo stesso. Fino all’ultimo. Di qui la libertà di decidere quando mettere la parola fine.
Detto questo, al di là delle inutili polemiche con le destre, che sull’individuo condividono la posizione creaturale del cristianesimo, resta una questione fondamentale.
Diamo per ipotesi che il modello toscano sia esteso a tutta l’Italia. Cosa accadrebbe? Innanzitutto cosa prevede il testo?
“L’istituzione di una Commissione medica multidisciplinare nelle Asl [che] dispone che le strutture sanitarie debbano garantire il supporto, l’assistenza e i mezzi necessari al completamento della procedura, disciplina la procedura e i tempi (complessivamente venti giorni), prevede la gratuità delle prestazioni sanitarie. Secondo l’atto possono accedere al suicidio medicalmente assistito le persone affette da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputano intollerabili; tenute in vita da trattamento di sostegno vitale; pienamente capaci di prendere decisioni libere e consapevoli; che esprimono un proposito di suicidio formatosi in modo libero e autonomo, chiaro e univoco”.
Più concretamente?
“Il testo prescrive che la procedura per la verifica dei requisiti del malato da parte della commissione multidisciplinare permanente si debba concludere entro 20 giorni dal ricevimento dell’istanza. In caso di esito positivo, si procede all’approvazione o alla definizione delle modalità di attuazione del suicidio medicalmente assistito entro 10 giorni, ed entro altri 7 giorni l’azienda sanitaria assicura il supporto tecnico, farmacologico e sanitario per l’assunzione del farmaco. La norma stabilisce che tali prestazioni siano gratuite e si stanziano 10mila euro all’anno per tre anni” (*).
Dicevamo cosa accadrebbe? La burocratizzazione o welfarizzazione del suicidio medicalmente assistito.
Si crea una struttura burocratica sulla base del principio, tipicamente welfarista, che l’individuo non sappia ciò che è bene per lui. Di qui la supervisione delle commissioni, che invece, si dice, sanno perfettamente ciò che è bene per l’individuo. Il che però, inevitabilmente, come ogni altra articolazione welfarista, impone tempi procedurali, approntamento dei mezzi necessari, eccetera, eccetera.
Dicevamo logica welfarista: con un mano si dà con l’altra si toglie. Il diritto positivo, che si nutre di regole, recepisce un diritto dell’uomo, anche quello “finale” diciamo, che però, come accade per altri sacri diritti dell’uomo – si pensi al diritto di proprietà – una volta tradotto il regole, ne esce mutilato.
Detto altrimenti: il welfare rinvia sempre alle commissioni, diciamo al collettivo. Che cosa? Un diritto dell’uomo che invece concerne l’individuo.
Di conseguenza il welfare invece di ampliare la libertà dell’individuo la restringe. Si dice che ciò avvenga per garantire lo stesso diritto a tutti. Di qui però ciò che viene definito il ricorso all’ ineguaglianza per stabilire l’eguaglianza.
Per fare solo alcuni esempi: come per altre prestazioni sanitarie, all’inizio gratuite, anche il suicidio medicalmente assistito vedrà l’introduzione di ticket in base al reddito percepito? E le categorie protette? Ad esempio un soggetto con invalidità civile superiore al 45 per cento, a parità di patologia, rispetto a un soggetto, in precedenza sano, godrà di una corsia preferenziale?
Come si può intuire una questione seria, come quella del suicidio medicalmente assistito, una volta welfarizzata rischia di tramutarsi in qualcosa di tragicomico.
Quando in realtà basterebbe abolire o depenalizzare l’ art. 580, del Codice penale a proposito di istigazione o aiuto al suicidio, permettendo così ai singoli (persone, notai e medici) di auto-organizzarsi liberalmente (**). Tra l’altro, sulla necessità di un cambio di indirizzo, è già intervenuta la Corte Costituzionale con sentenza del 25 settembre-22 novembre 2019, n. 242. Demandando però al Servizio Sanitario Nazionale...
Insomma, suicidio welfarizzato sì, suicidio privato no. In Italia, anche dinanzi alla morte, lo stato è tutto, l’individuo nulla.
Carlo Gambescia
(**) Su questo tema si veda il nostro precedente articolo in argomento. Qui: https://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.com/2024/08/del-suicidio-assistito.html .
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