lunedì 31 ottobre 2022

“Caro bollette”: attenzione a non rovesciare il mondo

 


Dal punto di vista economico la questione del “caro bollette” per famiglie e imprese non andrebbe assolutamente affrontata. Dal momento che l’inevitabile caduta dei consumi e della produzione determinerà l’abbassamento dei prezzi. Di qui, il riaggiustamento, eccetera, eccetera.

Pertanto l’unica decisione possibile e consigliabile sarebbe quella di lasciare le cose come sono. Aspettare, insomma. Qualsiasi forma di intervento politico rischia di provocare l’ artificiale crescita dei prezzi e l’ ulteriore risalita del tasso di inflazione, senza per questo incidere sulla produzione, se non in chiave nominale come fittizio valore monetario

Quanto più si parla di misure politiche tanto più si rischia di prolungare la durata della crisi energetica. Addirittura tragicomica l’idea di combattere la speculazione che è inafferrabile se non al prezzo di strangolare la libertà di mercato con misure vincolistiche sul controllo dei capitali. Inoltre la limitazione della circolazione dei capitali limita le possibilità stesse di recupero economico, perché, se ci si passa la battuta, si colpiscono gli spiriti animali del mercato, i buoni come i cattivi. E per uscire dalla crisi occorre l’accettazione di tutto il “pacchetto”.

In pratica, puntando sull’assistenzialismo si ottiene l’effetto contrario di ciò che ci si propone. Sostegno ai prezzi e vincoli ai capitali – ripetiamo – possono solo prolungare la crisi. O meglio ingessarla, nei termini di una stag-flazione che può durare anni.

Ovviamente ciò che non è consigliabile sul piano economico, può sembrare che lo sia sotto quello del consenso politico. Spesa pubblica a gogò e anticapitalismo esercitano tuttora un forte richiamo su un elettorato che alla libertà sembra preferire la sicurezza.

Naturalmente si tratta di una finta sicurezza. Perché l’inflazione colpisce comunque il potere d’acquisto del reddito fisso e gonfia come palloncini colorati, prossimi a scoppiare, i profitti, grandi e piccoli che siano, quindi i redditi variabili. Insomma, rischia di andare male per tutti.

L’inflazione si combatte con la deflazione, che però deve essere un effetto di mercato, un portato della legge della domanda e dell’offerta, legato al riaggiustamento spontaneo dei prezzi.

Si dirà che però in questo modo le persone rischiano di soffrire. Nel caso particolare il freddo.

In primo luogo, nelle nostre società i livelli di risparmio sono elevatissimi e diffusi, come le forme di reddito aggiuntivo sia fisso che variabile. Per dirlo alla buona, la maggioranza delle persone può “arrangiarsi bene”. Non si confonda il catastrofismo dei mass media con la buona tenuta dei conti correnti e dei libretti di risparmio.

In secondo luogo, si tratta di decidere, a livello politico e in chiave pregiudiziale (nel senso che tutti i partiti dovrebbe essere d’accordo, dalla destra alla sinistra), se affidarsi alla mano invisibile del mercato, che non e indolore, ma giusta perché impersonale. Soluzione consigliabile.

Oppure se confidare nella mano pubblica, che in realtà pretende sempre di decidere in chiave ideologica cosa è giusto e cosa non lo è. Quindi la mano pubblica è tutto meno che impersonale e giusta. Quindi si tratta di una soluzione sconsigliabile.

Altro punto interessante. In termini quantitativi, come mostrano le statistiche sui redditi nel mondo occidentale (e anche di non pochi paesi non occidentali), il numero di coloro che “ce la fanno” rimanda a un rapporto di quattro a uno rispetto al numero di coloro che “non ce la fanno”.

Aiutare questi ultimi, anche con forme di assistenza pubblica è giusto. Per contro rovesciare il rapporto in favore dei secondi, se per i seguaci di dottrine religiose, comunitarie e socialiste può essere giusto dal punto di vista morale (il “loro”), non lo è dal punto di vista della scienza economica, del funzionamento del mercato. Perché, così facendo, si punta su una specie di mondo rovesciato: chi non è capace di intraprendere dovrebbe insegnare a chi intraprende… Utopia, e pericolosissima per giunta.

Insomma, il moralismo politico mina l’impersonalità della legge della domanda e dell’offerta per sostituirla con la personalità dell’ideologia. Per contro, la legge di mercato è severa ma giusta. Però rischia di non portare voti. Il che significa che ogni forma di democrazia quanto più diviene sociale, o se si preferisce demagogica, tanto più si allontana dalla buona economia. Con gravi conseguenze, nel tempo, per tutti: per coloro che “ce la fanno” e per coloro che “non ce la fanno”.

Carlo Gambescia

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