Per andare oltre il Brexit
Referendum e forza delle cose (sociali)
Uscirà
la Gran Bretagna
dall’Ue? Oppure resterà? Difficile prevedere.
Preferiamo perciò parlare dello strumento referendario.
Che
dire? Se l'istituto del referendum ha una caratteristica fondamentale, è quella di essere legato a una risposta, come
dire, di pelle e così favorire ciò che
gli esperti definiscono gli elettori dell’ultimo minuto: i più indecisi, perché
lontani dalla politica, per le più differenti ragioni, ma comunque lontani. Il
referendum, definito dai suoi cultori
come il trionfo della democrazia, e anche giustamente se si ragiona in termini di
meccanismi maggioritari, in realtà seppellisce ogni forma di prudenza politica, virtù, come
noto, che può appartenere soltanto a
pochi lungimiranti, preparati, coltivati
dirigenti politici.
Inoltre
il referendum semplifica problemi complessi,
spesso di complicata soluzione anche per gli esperti e a maggior ragione per i
politici che devono decidere, in un clima quasi sempre di incertezza cognitiva. Figurarsi per le persone comuni digiune di capacità cognitive, non solo
specifiche ma spesso anche generali. Di
qui, l’importanza, per tornare sul punto, della prudenza politica, come virtù delle
scelte ponderate, capaci di evitare rischi inutili. Riassumendo, lo strumento
referendario, oltre a essere
semplicistico sul piano cognitivo premia la sventatezza e l’imprudenza dell’elettore.
Filosoficamente
parlando, siamo davanti al conflitto tra due principi: uno politico, la
democrazia diretta, come forma di legittimazione della decisione politica; uno
cognitivo, che prova, come la decisione collettiva, sia l’esatto contrario, di
qualsiasi scelta ponderata. Conflitto che però viene rimosso sul piano
sociologico, della concreta vita politica, attribuendo al referendum, a danno del
principio cognitivo, un valore salvifico
che non ha alcun valore razionale, ma che dovrebbe garantire, come spesso si ripete, la legittimità del sistema democratico.
Si
sottovaluta però, che la considerazione della democrazia come fine (celebrandone, in termini di principio, il valore maggioritario, quindi in ultima istanza referendario) e non
come mezzo (strumento organizzativo da
modellare secondo le esigenze, privilegiando comunque la chiave rappresentativa rispetto a quella referendaria) può spalancare
le porte, in nome della democrazia plebiscitaria, ai nemici della libertà. Hitler docet.
In
fondo, si tratta di una verità scomoda, però riconosciuta da non pochi. Eppure, ci
si continua ad affidare, al meccanismo referendario. Perché?
La
risposta è semplice, almeno per il sociologo. Il culto, in quanto tale (quindi irrazionale), del referendum, rappresenta
un ottimo esempio di forza delle cose
(sociali). O meglio, per dirla con un padre della sociologia, del potere delle
“rappresentazioni sociali”, le quali, assumendo forza propria, finiscono per essere più forti degli uomini stessi, andando contro i fini razionali che l'uomo pur si impone di perseguire, come nel caso della conservazione della democrazia. Infatti, la stragrande maggioranza dei
politici, conosce lo scarso valore cognitivo-decisionale, dunque razionale, della “rappresentazione
sociale referendum", eppure non si oppone,
anzi, appena può, ne promuove l’impiego politico, sperando magari di
piegarlo a fini particolari o altro. E,
ovviamente, gli elettori, entusiasti o meno, seguono in termini inerziali.
E' razionale tutto ciò dal punto di vista - generale - della conservazione della democrazia? No. Pertanto, se le nostre democrazie un giorno cadranno, sarà per via referendaria. Paradossi del politico? No, o comunque non solo, diciamo che la verità finisce sempre per vendicarsi.
E' razionale tutto ciò dal punto di vista - generale - della conservazione della democrazia? No. Pertanto, se le nostre democrazie un giorno cadranno, sarà per via referendaria. Paradossi del politico? No, o comunque non solo, diciamo che la verità finisce sempre per vendicarsi.
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento