Morta Jo Cox, deputata laburista pugnalata al grido di “Britain
First”
Il nazionalismo
è vivo e lotta
insieme a noi
L’assassinio
della deputata britannica contraria alla Brexit e in qualche misura i durissimi scontri fra tifosi in Francia, sono un altro segno che il
nazionalismo è vivo e lotta insieme a noi.
Perché?
Gli
europei, purtroppo, non
sembrano aver capito la lezione del Novecento, eccellentemente ricondotta da Nolte
nell'ambito storico di una disastrosa “guerra civile europea”: milioni di morti,
causati da due conflitti di cui ancora si ignorano le vere ragioni politiche,
se non quelle dell’odiosa prevaricazione, in nome di ideologie nazionaliste e/o socialiste. E ciò che è
più grave è il fatto che non si comprenda tuttora, per ricorrere a un principio banale, che l’unione fa la forza e che, ad esempio,
il nemico jihadista può essere
combattuto e vinto solo da un’Europa (e un Occidente) militarmente e
politicamente coesa. E lo stesso principio si può estendere alle misure anti-congiunturali e alle politiche migratorie.
Non vorremmo però che le nostre critiche venissero confuse con quelle di certo umanitarismo psicologistico, buonista, per dirla in termini
giornalistici, che non capisce, anzi non
vuole capire, come il populismo, di cui tanto si parla oggi (
che in realtà non è che un combinato disposto di socialismo e nazionalismo), sia in certa misura il portato delle rivoluzioni liberal-nazionali che hanno distinto
l’Ottocento europeo, reinventando - per alcuni addirittura inventando - l’idea di nazione. E che quindi questa idea sia una forza profonda ( e non una patologia psichiatrica) dai natali culturalmente nobili. Si pensi solo al nostro Risorgimento nazionale.
Ora,
la storia degli ultimi due secoli, prova che
fino a quando l’idea di nazione si è mantenuta all’interno di ciò che può essere
definito l’apparato concettuale e istituzionale del liberalismo (democrazia rappresentativa,
stato di diritto, libertà di espressione e di iniziativa economica), altra
invenzione ottocentesca coeva (ma grande invenzione…), è rimasta nell’ambito fisiologico del patriottismo. Ma come
l’idea di patria è fuoriuscita dal liberalismo, si è trasformata in
nazionalismo, patologia politica, soprattutto quando contaminato dal socialismo
nel sue varie forme, dalle più democratiche fino a quelle totalitarie. Il punto di discrimine - di passaggio
dall’uno all’altro - per l’Italia
può essere rappresentato dal conflitto politico-culturale tra Neutralismo e Interventismo
( e all’interno dell’Interventismo, dallo scontro post-bellico tra democratici e nazional-fascisti).
Pertanto,
forze profonde - come l’idea (collettiva) di patria - non
possono essere liquidate tout court
come forme psicotiche. La storia degli ultimi due secoli non si può cancellare a colpi di spugna
psichiatrici.
Servono
però correttivi. Perché è altrettanto inevitabile che, un’ Europa politica, burocratizzata, socialista, umanitarista e codarda, provochi contraccolpi nazionalisti. Insomma,
socialismo e nazionalismo, anche in
termini conflittuali, sembrano andare sempre insieme, di conserva si sarebbe
detto un tempo.
In fondo, il processo sociologico è semplice (da spiegare); più burocrazia, più centralismo a livello europeo, per
reazione più nazionalismo, più assistenzialismo, più socialismo "decentralizzato" in basso tra le nazioni recalcitranti; in definitiva, seppure secondo tempi diversi, più autoritarismo per tutti. Se ci si passa la caduta di stile, si rischia di cadere dalla padella nella brace. Detto
altrimenti, si tratta di un mix esplosivo, dai pericolosi risvolti, neppure
tanto nascosti, totalitari. E qui si pensi alla truculenta retorica populista.
Come
“ingabbiare” il nazionalismo e ricondurlo nell’alveo protetto del patriottismo?
Al malato, per così dire, si dovrebbero prescrivere dosi massicce di liberalismo. Ma come? Se nella patria stessa della
rivoluzione liberale l’odio nazionalista sembra dilagare, come prova il feroce assassinio
di ieri?
Carlo Gambescia
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