Il libro della settimana (recensione a cura di Teodoro Klitsche de la Grange): Pietro Di Muccio de Quattro, L’ideologia italiana. Dialogo tra Callido e
Stolido, Liberilibri, Macerata 2016, pp. 132, Euro 15.00.
http://www.liberilibri.it/pietro-di-muccio-de-quattro/237-lideologia-italiana.html |
E’ connaturale alla politica la dialettica tra fatti e
aspirazioni, interessi e valori, comando ed obbedienza, pubblico e privato. E
così nella valutazione delle vicende e delle regolarità politiche è doveroso
considerare gli uni e gli altri: essere e dover essere. Senza trascurare mai il
monito di Machiavelli che “colui che lascia quello che si fa, per quello che si
dovrebbe fare, impara più presto la ruina che la perservazione sua”.
I due personaggi del dialogo sono Callido e Stolido. Al di
là del fatto che spesso quanto sostengono non è del tutto in linea con il
significato dei loro nomi, nel primo prevale una considerazione realistica e
disincantata della politica; nel secondo la contrapposta idealista ed
“immaginaria” (nel senso del Segretario fiorentino). E sono due personaggi, in
un certo senso “eterni” (anche per le tesi esposte). Ad esempio Callido a un
certo punto afferma sui governanti “Che potere è il potere se chi comanda non
può fare il proprio bene, com’è inevitabile, e pure il bene altrui,
com’è lodevole?”; che è a un dipresso quanto sosteneva Trasimaco nella
Repubblica di Platone “ciascun governo legifera per il proprio utile, la
democrazia con leggi democratiche, la tirannide con leggi tiranniche, e gli
altri governi allo stesso modo. E una volta che hanno fatto le leggi, eccoli
proclamare che il giusto per i sudditi si identifica con ciò che è invece il
loro proprio utile”. E Stolido replica a Callido “In democrazia e benefattori
governano perché il popolo sceglie governanti buoni che comandano a fin di
bene. Ciò che chiamano governo, dunque, è bontà fatta persona e
istituzione” (p. 24). Tesi anch’essa antica, in vari modi e sfumature –
anche se non così ingenue - sostenuti da Thomas Müntzer a Sieyés; dai Levellers a
Mazzini.
Mentre le tesi di Callido sono per lo più ragionate, basate
su fatti e confortate dall’esperienza, quelle di Stolido sono - scriverebbe
Pareto – delle derivazioni, ossia giustificazioni pseudo-razionali di pretese,
pregiudizi e aspirazioni. A un certo punto Callido lo rileva: “O Stolido,
deciditi a rispondermi con le ragioni della ragione … Getti sul vuoto dei tuoi
argomenti il mantello della sapienza greca e pretendi di camminarvi sopra senza
sprofondare”.
Sulla giustizia sociale Stolido enuncia subito dopo, invece
un imperativo categorico “La giustizia sociale non
poggia affatto sullo spirito di fazione … Proclama e reclama un diritto universale:
«voglio quel che hai tu perché tu hai quel che io non ho»”; Callido ribatte “Un
diritto? Al contrario, una pulsione atavica!”. E Stolido, alle strette,
riconosce la realtà “La democrazia è, appunto, il potere organizzato per
prenderseli e spartirseli i beni altrui”; il quale tuttavia, come sosteneva già
Hobbes, è un difetto di tutti i governi, anche se quelli democratici ne soffrono
maggiormente perché devono soddisfare le aspettative di tanti.
Quanto alla meritocrazia, le tesi di Stolido la riconduce
alla decisione di chi governa “E’ giusto che la democrazia, tramite la
politica, decreti il successo dei cittadini … La remunerazione degl’individui e
la distribuzione delle ricchezze devono determinarle il potere pubblico,
politici, sindacalisti, funzionari, che sanno avvantaggiare chi merita e
sfavorire chi non merita”, cui Callido risponde “Merito e successo non sono
pane per i denti di chi li ha afferrati o tenta di afferrarli”. In sostanza le
convinzioni di Stolido finiscono, nella pratica, per convertirsi nel loro
opposto. Non è bene che il popolo sia lasciato libero di scegliere “Il piacere
che procura la coscienza di aver rispettato la legge nel perseguire il proprio
interesse materiale o spirituale non dev’essere lasciato ai governanti. Per
gustarla, una tal soddisfazione, il popolo necessita d’esser lasciato libero di
scegliere. Il che non è bene. L’onore di ricevere dall’autorità l’esplicito
permesso per molte iniziative deve rendere l’aria irrespirabile ai cittadini
desiderosi di vivere autonomi ed indipendenti. Perché in definitiva il potere
democratico ha lo stesso vizio/aspirazione di qualsiasi governo: quello – come
sosteneva Bonald – di rendersi indipendente da coloro su cui è esercitato.
L’esperienza italiana di più di un governo degli ultimi decenni, prova che,
nella misura in cui sono in-dipendenti dal corpo elettorale (non eletti)
tendono ad opprimere ancor di più i governati (v. IMU e così via). Anche perché
se non dipendono dal popolo devono rispondere a qualcun altro che li ha intronizzati.
E il dialogo va avanti in frizzanti botta e risposta, che
stigmatizzano i luoghi comuni della vulgata post-comunista,
cioè il “pensiero” della decadente repubblica italiana. Anche se questo
comprende molte tesi sostenute nel “secolo breve” e arrivate per forza
d’inerzia fino ad oggi, la considerazione che se ne può tirare è questa: che se
il comunismo è morto, il luogocomunismo sopravvive e neppure
malamente. Il campionario di luoghi comuni, frasi fatte e pregiudizi
consolidati è sempre vitale. Perché quella italiana del pamphlet è
l’ideologia del potere: che questo sia più o meno rosso, nero o a pois,
poco incide sulla di esso vocazione profonda. Come sanno i liberali come
l’autore per i quali vale sempre la tesi del Federalista, che se gli uomini
fossero angeli non occorrerebbero governi; se i governanti fossero angeli non
occorrerebbero controlli sui governi. Ma dato che gli uomini non sono angeli,
occorrono governi e controlli sui governi. Quello che Stolido non vuole capire.
Teodoro Klitsche de la Grange
Teodoro Klitsche de la Grange è avvocato, giurista, direttore del
trimestrale di cultura politica “Behemoth" ( http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi
libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il
Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003),
L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009), Funzionarismo (2013).
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